XIX

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"La compagna rossa"

Il sole era sorto.

Era l'alba di una nuova giornata e ci sentivamo tutti produttivi.

Ci alzammo di buona leva e iniziammo subito ad esplorare i dintorni, ovviamente evitando come la peste la foresta dopo la lezione che ci era stata impartita la volta scorsa.

Non volevo più che qualcuno venisse ferito da un qualche animale selvatico, a maggior ragione lì, dove quel nuovo luogo ci era completamente estraneo.

Non avevo neanche l'intenzione di esplorarlo.

La novella coppia si concesse qualche altro minuto in tenda da soli, evidentemente bisognosi di coccole (ew).

Emma e Josh iniziarono a cercare legnetti per alimentare il fuoco.

Eravamo nella stagione fredda, e se volevamo assicurarci la sopravvivenza, non potevamo fare altrimenti.

Junko, dal canto suo, cercò di accendere il falò per cucinare qualcosa da mettere sotto i denti, intonando canzoni nella sua lingua madre.

La cultura giapponese mi aveva sempre affascinato.

Non solo quella moderna fatta di anime, manga, videogiochi e roba futuristica, ma anche quella tradizionale, fatta di kimono, lanterne, musica orientale e canzoni così calmanti, rilassanti con melodie e voci dolci che trasmettono emozioni.

Purtroppo non ho mai posseduto molto, ma se nel futuro dovessi mettere qualcosa da parte, non mi dispiacerebbe affatto farmi un viaggetto in Giappone.

Sembrava così strano adesso pensare al futuro, pareva così lontano, così utopistico.

Al momento non riuscivo ad immaginare nulla.

Concentrai i miei pensieri su qualcos'altro.

Emma aveva raccolto un bel po' di legna e la stava riportando da Junko, che prese qualche ciocco e lo utilizzò per alimentare il fuoco che era finalmente riuscita ad accendere.

Dopodiché la bionda si sedette accanto all'asiatica ed iniziarono a parlare tra di loro.

Mi sedetti accanto alle due ragazze per ascoltarle.

"Mi sono sempre chiesta una cosa, che significa il tuo nome?" chiese Emma.

"Cosa?" chiesi stranito.

Ormai dovevo essermi abituato a questa ragazza svampita, ma quando lo pensavo, ecco che mandava di nuovo tutto all'aria.

Come se chiedere da un momento all'altro il significato del nome di qualcuno fosse una cosa totalmente normale.

"Sì Ethan, so che secondo la tradizione giapponese, spesso vengono dati dei nomi in base a qualcosa, per questo gliel'ho chiesto"

Ah.

Beh, messa così effettivamente acquista un po' più di senso. Errore mio.

"Ci hai visto giusto Emma, i miei genitori mi hanno dato questo nome per un motivo"

"Che sarebbe...?" sollecitai io.

Am I gonna lose you?Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora