"Shifu... questo scherzo non è divertente!" urlai e la mia voce si perse nel vasto nulla del deserto. Non volevo, non potevo crederci.
Lui rimase calmo, afflitto. Non è uno scherzo, piccolo. Mi dispiace, davvero.
Sentii le lacrime pungermi gli occhi, era la fine.
Quella mattina avevo finito i biscotti che avevo trovato qualche giorno prima. Nel pomeriggio avevamo individuato il nuovo punto di riferimento e ci eravamo diretti a Est.
Shifu mi aveva detto che il prossimo sarebbe stato l'ultimo tratto e a quella notizia quasi mi ero messo a correre per il sollievo.
Il perché era semplice da capire: avevo finito la scorta d'acqua e non sapevo quanto il nostro corpo avrebbe ancora resistito senza.
Al sapere che il nostro viaggio sarebbe quasi finito, dimenticai tutti i dolori del nostro corpo.
L'ultimo punto di riferimento era la mesa. Sarebbe stata facilissima da individuare, una cosa così grande non passava certo inosservata.
Adesso, invece, capivo quale fosse la vera realtà. Percepii il nostro corpo ribellarsi a quella constatazione. Aveva resistito, si era fatto forza sino a quel momento credendo di aver quasi raggiunto la fine delle nostre fatiche.
Adesso, schiacciato da quella notizia orrenda, definitiva, crollò, sfinito.
Il nostro corpo si stava disidratando, i muscoli dolevano e parevano quasi cigolare come ingranaggi mal oliati.
La consapevolezza ci era crollata addosso con il suo schiacciante peso quando avevamo guardato ad ovest e avevamo visto la figura grande e piatta della mesa. Lontana, remota, impossibile da raggiungere. Ci sbeffeggiava come un miraggio.
In un primo momento, Shifu rimase impietrito nella mia mente, poi scoppiò in un lamento disperato che mi fece crollare in ginocchio.
Non avevamo più acqua, ormai e la distanza da percorrere era semplicemente così tanta che, invece di esternare il lamento di Shifu, mi misi a ridere. Una risata senza gioia.
Poi mi alzai, scuotendo il capo e ripresi a camminare in quella che era la direzione giusta. Che cosa fai? Mi chiese Shifu stancamente. Mi strinsi nella spalle, rassegnato.
"Tanto vale camminare" mormorai. Lui non protestò e per un po' l'unico rumore che sentimmo furono i nostri passi sulla sabbia.
Barcollavo in avanti come se fossi un ubriaco, ma mi rifiutavo di cadere, di arrendermi. "Moriremo" dissi e fui sorpreso di come nessuno dei due fossi terrorizzato dalla cosa.
Perdonami, disse all'improvviso Shifu. Arcuai le sopracciglia "E perché? Che cosa hai fatto?". Oh, niente di che, ti ho solamente trascinato in una folle impresa, senza una adeguata preparazione e adesso per colpa mia ci lascerai la vita, la sua voce era carica di ironia seccata.
Sorrisi, nonostante l'incalzare della morte aveva ancora abbastanza energia per il suo sarcasmo.
Pensai alle sue parole. Diceva il vero. Non sarei mai più tornato a casa. Ripensai al mio appartamento vuoto, alla mia vita quotidiana, monotona e prevedibile. Nella mia mente, rividi il canyon rosso, il sorriso di Oogway e gli occhi brillanti come la sabbia al tramonto di Zahra, risentii le risate degli allievi e il mio desiderio di conoscerli.
"Non avevo nulla da perdere" dissi, meravigliato di quella scoperta "Non ho mai posseduto nulla per cui valesse la pena di lottare. Sono felice di morire per aver tentato di aiutarti, Shifu".
Lui rimase attonito. Voi anime... siete incapibili, commentò, sbalordito da una tale capacità di perdono. Sorrisi mestamente "No, no. Qualunque altra anima che si fosse trovata qui al mio posto ti avrebbe maledetto".
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Estate che ustiona il deserto
FanfictionAttenzione: la trama di base di questo romanzo si rifà completamente all'opera The Host di Stephanie Meyer. Tuttavia, nel corso della vicenda, saranno presenti riadattamenti di luoghi e personaggi.