Tigre restò tre giorni con me, al buio.A tratti si allontanava per recuperare cibo e acqua. Inizialmente, lei mangiava e io no. Poi, quando comprese che non era per assenza di appetito che rinunciavo ai pasti, cominciò a digiunare anche lei.Sfruttavo le sue brevi assenze per occuparmi dei bisogni fisici che non potevo ignorare. Con l'andare del digiuno, tali bisogni scemarono.Purtroppo, rinunciare anche a dormire mi era impossibile.
Il primo giorno mi svegliai raggomitolato in grembo a Tigre. Mi ritrassi con un gesto così violento da dissuaderla dal riprovarci.Da allora dormii accasciato contro le rocce, e quando mi svegliavo, tornavo a raggomitolarmi.
"Ti prego" mormorò Tigre al terzo giorno. Fu la prima cosa che disse.Davanti a me c'era un vassoio di cibo. Lo avvicinò sino a sfiorarmi una gamba. Mi ritrassi, disgustato.
"Ti supplico, Estate, mangia qualcosa".
Mi accarezzò il dorso della zampa. Scattai quando sentii la solita, piacevole sensazione di ustione. Tigre si ritrasse per paura di spaventarmi.
"Non odiarmi, fiocco di fuliggine. Se avessi saputo, li avrei fermati. Mi dispiace tanto. Non permetterò che accada ancora. Te lo giuro".
Non li avrebbe mai fermati.Zahra era stata chiara, Tigre non aveva mai posto particolari obiezioni. Io ero il loro nemico.I mortali riservavano quel poco di pietà che possedevano solamente verso i loro simili.Doc non era capace di fare volontariamente del male a un'altra persona. Dubitavo persino che riuscisse ad assistere ad un'operazione tanto cruenta, sensibile com'era.Ma a un verme? A un millepiedi? Perché preoccuparsi di uccidere un piccolo, lentamente, sezionandolo pezzo per pezzo, privo di una bocca mortale per urlare?
"Avrei dovuto dirtelo" sussurrò Tigre.Sarebbe cambiato qualcosa? Avrei sofferto di meno al sapere anziché al vedere?
"Ti scongiuro, mangia".
Il silenzio piombò di nuovo. Tacemmo entrambi per un'altra ora, poi Tigre se ne andò silenziosamente.E in quel momento odiai quel corpo mortale. Perché si ostinava a ricordarmi quanto desiderassi quella femmina?Volevo che Tigre tornasse, che mi tenesse stretto fra le braccia e che mi giurasse che mai e poi mai avrebbe lasciato che Zahra mi facesse quelle cose. Ero disposto a fidarmi della parola di un mostro bravo a mentire, che idiota che ero.
Non rimasi solo molto a lungo.Forse era andato a chiamarlo Tigre, forse aveva atteso che questa si allontanasse per un po', ma il canticchiare tranquillo che riconobbi, mentre si avvicinava al buio, apparteneva senz'altro ad Oogway.Portava una lanterna, anziché una torcia. Ne fui contento, la luce della prima era morbida e piacevole, quella delle torce era accusatoria.
"Vogliamo morire di fame? Che piano!" commentò.Abbassai gli occhi sul fondo roccioso.Ad essere sincero, il lutto era terminato. Avevo superato il dolore. Non conoscevo quelle due piccole anime, non potevo piangere degli estranei per sempre.No, a quel punto ero solo infuriato.
"Se vuoi morire, ci sono modi più semplici e rapidi del digiuno".Come se non me ne fossi accorto.
"Allora trascinami da Doc" sibilai, velenoso.Oogway non si sorprese al sentirmi parlare e annuì, come se si fosse aspettato proprio quella risposta.
"Credevi che ci fossimo arresi, Estate che Ustiona il Deserto?".
La sua voce era fiera e seria come non l'avevo mai sentita."Il nostro istinto di sopravvivenza non è così debole. Ti sembra così strano che vogliamo scoprire il modo per riprenderci la nostra vecchia vita? Le nostre menti? Potrebbe toccare a chiunque di noi, in qualsiasi momento. Abbiamo già perso troppe persone care. E non è facile. Ogni volta che Doc fallisce è uno strazio, lo hai visto anche tu, no? Questa è la nostra realtà, Estate. Abbiamo perso una guerra, stiamo per estinguerci e cerchiamo un modo per salvarci".
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Estate che ustiona il deserto
FanfictionAttenzione: la trama di base di questo romanzo si rifà completamente all'opera The Host di Stephanie Meyer. Tuttavia, nel corso della vicenda, saranno presenti riadattamenti di luoghi e personaggi.