Capitolo 5: La compassione

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Fa talmente caldo che giurerei ci sia il sole. Ma è troppo buio perché sia giorno e, sinceramente, ne sono felice; è meglio l'oscurità per nascondersi.

Sono nascosto dietro un cespuglio, accucciato come un gatto in attesa del momento più opportuno per attaccare.

Peccato che io non sia il predatore, in questo momento, ma la preda.

Sono uscito da solo in cerca di cibo, sono tre giorni che nessuno nessuno di noi mangia, non abbiamo osato uscire dalla nostra grotta.

Solitamente esco sempre io per cercare provviste. L'idea di mandare uno dei miei allievi o il mio Maestro mi fa venire i brividi, odierei dover attendere il loro ritorno in preda all'ansia di non rivederli.

Preferisco rischiare in prima persona, che mettere loro stessi in pericolo.

Gli alieni utilizzano delle strane scatole metalliche con le ruote per spostarsi. Assomigliano a dei carri, ma non hanno bisogno di cavalli per muoversi, vanno da sole. Credo di averli sentiti mentre le chiamavano auto.

Mi si rizza la pelliccia; quegli alieni possedevano un sacco di marchingegni a noi sconosciuti.

Comunque, la coppia di alieni aveva lasciato la casa con la sua auto da tempo, ormai. Spero siano andati a passare la serata in città e che ci rimangano per un po'.

Sbatto le palpebre, fa un caldo infernale. La casa è di pietra, sicuramente dentro farà fresco. Non vedo l'ora di entrarci.

Il mio stomaco vuoto si lamenta e sobbalzo, allarmato. C'è così tanto silenzio che il suono mi pare ingigantito.

Muoio di fame.

Ma provo un altro e più violento impulso: l'ansia del padre inerme. Ci sono altri stomaci vuoti che attendono ansiosamente il mio ritorno.

So che sarebbero capaci di cavarsela anche senza di me ma non riesco a smettere di considerarli come dei cuccioli nonostante siano adulti e voglio restare accanto a loro per proteggerli da quegli alieni.

Soprattutto lei...

Ah, la mia forte, piccola guerriera. Scommetto che sarebbe pronta ad uccidersi piuttosto che finire fra le grinfie di quegli alieni.

Anche se non è la mia figlia naturale, caratterialmente mi assomiglia parecchio; sono fiero di lei.

Il mio Maestro ha ragione, non tutto il male viene per nuocere. Sino a pochi anni fa non mi sarei mai sognato di dimostrare a Tigre a tal punto il mio affetto. Ora, invece, che il nostro mondo era finito, che la nostra razza sta per estinguersi...

Mi riscuoto improvvisamente e torno a concentrarmi sulla casa. Non posso permettermi di fallire; Tigre ha fame.

L'abitazione è isolata. La tengo d'occhio da molto, ormai e sono sicuro che non c'è assolutamente nessuno.

Sono indeciso; temo che all'interno ci sia qualcuno pronto a catturarmi, un Cacciatore magari. Provo un brivido al solo pensiero.

I miei muscoli urlano a causa della prolungata posizione scomoda, forse sono loro a costringermi ad agire.

Corro verso la recinzione che gira attorno alla casa. Se mi catturano, capiranno immediatamente che non sono come loro. Le mie iridi prive di stalattiti luminescenti e il mio collo privo della cicatrice parlano chiaro.

Devo agire in fretta.

Afferro la recinzione con una zampa e la scavalco con un salto fluido e silenzioso. In un baleno sono sul patio.

Estate che ustiona il desertoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora