Passai il resto della giornata dentro la cella, fra la noia e il dolore fisico. Provai tutte, ma proprio tutte le posizioni possibili, senza mai trovarne una abbastanza comoda che mi permettesse di dormire.
Alla fine mi addormentai per via del mio esaurimento fisico ma fui quasi certo di risvegliarmi al massimo mezz'ora dopo, in preda ai crampi.
Zahra era così silenziosa che a volte mi chiedevo se fosse presente nella caverna, ma Shifu mi assicurò che c'era. Forse meditava per far scorrere il tempo.
Provò a insegnarmi a farlo ma, ogni volta che scivolavamo nella trance, accadeva qualcosa di strano, difficile da spiegare a parole.
Ci sentivamo fondere. Era una sensazione molto piacevole, che cresceva, aumentava di intensità con l'andare del tempo in cui rimanevamo fusi.
Sobbalzammo entrambi, separando le nostre coscienze, imbarazzati come non mai a quell'intimissimo contatto.
Da quel momento decidemmo di non meditare più.
Esaurimmo in fretta gli argomenti di discussione. Fu soprattutto Shifu a cercare di tenere viva una conversazione, cercando di distrarmi in tutti i modi con aneddoti, racconti e discussioni.
Credevo che sospettasse dove fosse il luogo in cui scivolavano i miei pensieri, quando non parlavamo fra noi.
Ero toccato che si sentisse così dispiaciuto della mia depressione, ma non volevo renderlo partecipe.
Gli avevo già fatto così tanto male, perché avrei dovuto rovesciargli addosso anche il mio autocompatimento?
Improvvisamente, sentimmo un suono di passi. Mi irrigidii, lo stomaco contratto dalla paura. Mi rilassai quando vidi che era Tigre in possesso del mio pasto.
Sentii Zahra grugnire "Ha già mangiato".
Il mio stomaco protestò rumorosamente a quelle parole e rimasi fermo, sperando che nessuna delle due avesse sentito.
"Allora fermami, Zahra, se proprio non vuoi che mangi" fu la risposta di Tigre. Sbirciai dall'apertura della mia cella e vidi che era davanti alla fennec, pronta al combattimento.
Era pronta a combattere pur di farmi mangiare qualcosa.
Zahra la guardò male, seduta a gambe incrociate, ma non si alzò. Dopo qualche attimo di tensione, Tigre sorrise, felice, e si voltò per darmi da mangiare.
Non mi ritrassi come avrei fatto con gli altri, non ne ebbi l'impulso. Posò sul pavimento il pezzo di pane e l'acqua, poi mi aprì il palmo.
Vidi che teneva nella zampa due fragole e che me le porgeva mentre con la schiena copriva la visuale a Zahra. Mi fece l'occhiolino mentre le nostre dita si incontravano ed io avvampai.
"Grazie".
"Per così poco".
Zahra grugnì, infastidita dal nostro breve scambio e Tigre dovette andarsene.
Mangiai il pane, bevvi l'acqua e per ultime tenni le due fragole. Erano grandi e rosse, probabilmente le aveva rubate dal raccolto prima di venire da me, dato che erano lievemente incrostate di terra.
Addentai piano la prima, sospirando di piacere mentre il suo sapore afrodisiaco mi riempiva la bocca. Per la prima volta mi sentii un poco soddisfatto del mio pasto.
Mentre mangiavo la seconda fragola, arrossii nuovamente al pensiero che Tigre aveva rischiato una sfuriata di Zahra solo per concedere a me qualcosa di buono da mangiare.
Lei era davvero eccezionale, solamente un'anima poteva essere così sensibile eppure lei era l'eccezione che confermava la regola.
Avrei tanto voluto fare qualcosa per ringraziarla, ma ciò era praticamente impossibile data la situazione.
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Estate che ustiona il deserto
Hayran KurguAttenzione: la trama di base di questo romanzo si rifà completamente all'opera The Host di Stephanie Meyer. Tuttavia, nel corso della vicenda, saranno presenti riadattamenti di luoghi e personaggi.