Capitolo 16: Prigioniero

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Questa volta, riprendendo i sensi, non mi sentii confuso. I ricordi erano ancora freschi e spaventosi e l'ansia non tardò ad attanagliarmi nuovamente lo stomaco.

Rimasi immobile, continuando a respirare il più regolarmente possibile per non destare il sospetto del mio risveglio a qualcuno.

Dubitavo che mi avessero lasciato solo.

Per prima cosa feci un piccolo inventario sul mio corpo. Avevo nuovamente sete e una fame dolorosa.

Non ebbi paura che il mio stomaco urlante potesse tradirmi; ero sicuro che si fosse lamentato a gran voce anche mentre dormivo.

L'aria lasciava un sapore sgradevole in fondo alla gola, di muffa. Era più fresca rispetto a quella che avevo respirato nel deserto ma umida e fastidiosa.

Maestro Oogway mi aveva dato abbastanza acqua da permettere al mio corpo di ricominciare a sudare.

Il primo dolore che sentii fu quello alla testa e non seppi dire se fosse dovuto alla violenta botta che avevo dato sul pavimento oppure alla stanchezza.

Comunque anche la schiena mi doleva da impazzire e grazie ad essa raccolsi qualche informazione sul luogo in cui mi trovavo.

Doveva essere una rientranza nel muro, una specie di piccola caverna. Lo capii dal fatto che mi sentivo... ricurvo, come se fossi sdraiato sul fondo di una tazzina sgradevolmente stretta.

Non sentivo altri suoni oltre a quello del mio stesso respiro, ma dubitavo fortemente che mi avessero lasciato da solo. Ero il loro prigioniero, no?

Deglutii, spaventato dall'idea di un carceriere come Tai lung o Aaly. Possibile che mi avessero lasciato alla mercé di chi desiderava la mia morte?

La spiegazione della mia solitudine, comunque, poteva essere un'altra. E mi gettò nel panico.

Cominciai a divorare aria con i polmoni in cerca di un indizio di puzzo stagnante, di un particolare che mi potesse confermare il sospetto di essere stato sepolto vivo.

No, no, no, Tigre non lo avrebbe permesso.

Mi aggrappai all'immagine dei suoi begli occhi color oro e arancio-rosso e del suo sorriso a mezzo fra il premuroso e il predatorio.

Ma che ne sapevo di quello che era successo dopo che ero svenuto? Forse avevano messo la mia vita e la mia morte ai voti e...

Improvvisamente, qualcosa colpì la mia fronte.

Strillai, balzando indietro, ma sbattei quasi subito conto una parete spaventosamente liscia e scura. Mi riparai il viso con le braccia, rannicchiandomi in attesa di altri colpi.

Quando mi decisi a sbirciare attraverso di esse, vidi il viso di Zahra, poco sopra di me, incorniciato da una entrata piccola e circolare; l'entrata della mia cella.

Era arrabbiata della mia reazione, l'avevo forse spaventata gridando? I suoi occhi erano due fessure e le sue labbra serrate fra loro in una linea dura.

Lanciò verso di me una piccola borraccia d'acqua, che cadde accanto a ciò che mi aveva tirato precedentemente addosso.

Poi svanì dal buco, ma sapevo che era rimasta lì vicino, vedevo il lembo del suo maglione.

"Gra-grazie" balbettai, ma lei non mi rispose.

Shifu aveva sempre pensato che fosse silenziosa come un'ombra, per forza non l'avevo sentita.

Guardai ciò che giaceva ai miei piedi: una piccola e dura pagnotta scura e dell'acqua.

Mi avventai sul pane. La sua consistenza era sabbiosa ed era difficile da masticare ma mi parve la cosa più buona del mondo.

Estate che ustiona il desertoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora