Capitolo 33: Tentato omicidio

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Le grotte erano silenziose; il sole non era ancora sorto e tutti indugiavano ancora nei letti.

Nella grande piazza gli specchi riflettevano la morbida luce azzurrina dell'alba, conferendo al luogo un aspetto ultraterreno.

I miei pochi vestiti erano rimasti nella stanza di Zahra. Mi ci infilai silenziosamente, asciugandomi gli occhi e lieto che la fennec fosse lontana da me.

Vipera dormiva sodo, il capo appoggiato alla spalla di Tigre. Sorrisi lievemente; a quanto pareva la Maestra mi aveva preso in parola nel tenerla d'occhio.

Rimasi a guardarla per un po'.

Anche lei dormiva profondamente, le labbra semischiuse e il petto che si alzava e si abbassava con dolcezza.

Inconsciamente mi sfiorai le labbra, rimembrando il suo bacio. Tigre non mi aveva mai fatto del male, anzi, mi aveva accudito e protetto, arrivando al punto di farsi ferire ripetutamente. E per quanto mi dicessi che agisse così solamente perché quello era il corpo del suo Maestro, sapevo che lei davvero amava me. Estate che Ustiona il Deserto.

Mi domandai perché continuassi ad accanirmi su Zahra. Che senso aveva ostinarsi ad amare una femmina che mi odiava profondamente? Che aveva giurato al suo amato di uccidermi per salvarlo?

Tigre era sempre accanto a me. Mi amava. Mi voleva e anche io non ero insensibile nei suoi confronti; provavo qualcosa.

Ebbi il violento impulso di stendermi accanto a lei, di svegliarla e di costringerla ad abbracciarmi, a baciarmi...

Scossi il capo, arrossendo violentemente, e afferrai i miei vestiti, dirigendomi verso la stanza dei fiumi.

Controlla i tuoi pensieri, mi riprese Shifu, infastidito.

Non sei felice che stia pensando di lasciar perdere Zahra? Domandai.

Sì, ma Tigre è mia figlia, mi ricordò.

Alzai gli occhi al cielo. Fammi indovinare: lei è tua, commentai.

Sei un bravo maschio, piccolo. Innocuo, ma ti sarei grato se evitassi di desiderare mia figlia mentre sei nel mio corpo, disse Shifu.

Quando giunsi alla diramazione da cui si irradiavano i corridoi delle stanze mi parve di sentire un rumore alle mie spalle. Mi voltai ma non vidi niente tranne che le imboccature ad arco, spalancate come bocche nere pronte a divorarmi.

Il mio cuore prese a battere all'impazzata. Avevo l'infantile paura che un mostro sarebbe fuoriuscito da quel buio per ghermirmi.

Sei suonato, disse Shifu Hai bisogno di dormire. Ma anche lui era innervosito da qualcosa. Dormirò dopo. Quando...

Deglutii al pensiero di Memen moribonda. Dovevo far presto se non volevo perdere l'occasione di salutarla.

Gettai un'altra occhiata alle imboccature nere, possibile che quel rumore me lo fossi solamente immaginato?

Andiamocene, Estate, disse Shifu, inquieto.

Scrollai le spalle, riprendendo la marcia. Era quasi l'ora del risveglio, presto ci sarebbe stata la colazione e poi un'altra giornata di lavoro.

Seguii il percorso ormai familiare che portava alla stanza dei fiumi. Mi sentivo la mente confusa, non riuscivo a concentrarmi su niente.

Shifu aveva ragione: dovevo dormire.

La cupola nera non mi faceva più paura, gradivo l'idea di potermi lavare senza essere visto da nessuno.

Comunque avevo intenzione di fare in fretta, presto sarebbero arrivati tutti quelli a cui piaceva iniziare una giornata di lavoro puliti.

Estate che ustiona il desertoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora