Capitolo 14: Il rifugio

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Eravamo svenuti che era notte e ci risvegliammo nella morbida ed azzurrina luce dell'alba.

Per un momento, mi chiesi se quello che ricordavo fosse stato solamente un sogno meraviglioso, mi si prospettava davanti un'altra giornata di agonia sotto il sole, in attesa della morte?

No, mormorò Shifu. Stiamo... bene, più o meno. Qualcuno ci ha dato davvero dell'acqua. Rivedemmo Maestro Oogway, risentimmo la sua zampa gentile mentre ci sorreggeva il capo.

Shifu si chiedeva che cosa fosse successo mentre io ripensavo a quegli occhi di brace che ci scrutavamo analiticamente.

Siete in due, quindi?

Provai a muovere il corpo ma i nostri muscoli protestarono vivamente, eravamo tutto un dolore e avevamo ancora sete.

Credi che ci abbiano lasciato qui? Chiesi, rinunciando ai miei tentativi di alzarmi. Ci avevano dato da bere nonostante avessero compreso che ero un'anima. Possibile che ora ci riavessero abbandonato nel deserto a morire? Il loro era stato un gesto sadico per prolungare la nostra agonia?

Voltai il capo per sfuggire ai raggi del sole nascente per ancora un poco. Le nostre paure si dissiparono quando notammo la borraccia accanto a noi.

Mi sollevai con un gemito di protesta e la afferrai. Eravamo così deboli che ci sembrò pesare quintali ma eravamo felici di quel peso.

Bevemmo tutta l'acqua, senza nemmeno preoccuparci di razionarla questa volta.

Quando la borraccia fu vuota, sospirai. Fu allora che le nostre orecchie si contrassero di lato, avevamo sentito qualcosa.

Mi voltai.

Cinque mortali mi scrutavano, incombevano su di me, come avevo fatto ad accorgermene solamente ora?

Mi sentii impallidire mentre osservavo con terrore quelle che erano le loro armi. Coltelli, sciabole, manganelli.

I loro volti erano pieni d'odio.

Shifu, invece di spaventarsi come me, venne invaso dalla gioia. Ce ne sono altri! Esclamò felicemente. Altri mortali, non eravamo soli allora!

Scemo, sussurrai, tremante. Guardali. Lui si riebbe e analizzò la situazione seriamente.

Vedono solamente te, ringhiò Shifu e si riempì di odio nei miei confronti. Mi sentii male, ma comprendevo la sua rabbia; lo avevo relegato nella sua stessa mente, incapace di comunicare con gli altri, tutti lo consideravano oramai morto.

Solo che in quel momento ero troppo spaventato per prestargli la dovuta attenzione, l'aria era così carica di tensione da risultare quasi elettrica.

Fra quei cinque, riconoscemmo Oogway, che ci guardava con la sua solita espressione placida. Tigre era accanto a lui, il capo inclinato, i baffi frementi.

Attento, mi avvertì Shifu, la voce comunque astiosa. Potrebbe caricare. Conosceva il suo linguaggio del corpo e sapeva che stava pensando alacremente a cosa fare.

Avrei voluto soffermarmi più a lungo su di lei. Nonostante l'avessi più volte vista nei ricordi di Shifu, la sua immagine era sempre stata sfocata. Non ero mai riuscito a guardarla a lungo.

E desideravo farlo, ma Shifu aveva incombenze maggiori.

Riconoscemmo il padre di Zeng, il servitore del Palazzo di Giada. Accanto a lui, c'era una enorme pantera nera che non avevamo mai visto.

Shifu dovette mettere da parte il suo astio nei miei confronti quando incontrammo gli occhi di Tai lung. Sussultammo così vistosamente che il leopardo delle nevi sorrise, cattivo.

Estate che ustiona il desertoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora