8.

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Quando torno dall'università sono le quattro del pomeriggio e noto che il nostro garage, in cui non sono mai entrata, è aperto. Ottima occasione per esplorarlo.
Entro dentro ed inizio a guardarmi intorno, ma ci sono solo una macchina, due moto e tanti attrezzi da meccanico. È un caldo incredibile qua dentro così decido di accendere il ventilatore e di chiudere la porta bascolante del garage.
Mi avvicino ad uno scaffale per osservare meglio e per poco non mi prende un infarto nel vedere Andrea che sbuca fuori da sotto la macchina.
"Non mi dire che hai chiuso la porta."
"Mi hai fatto prendere un colpo!" Metto una mano sul cuore.
"La porta..." si gira a guardarla.
"Non mi ero minimamente accorta che eri lì sotto, nonostante spuntassero i piedi..."
"La porta!" M'interrompe di nuovo.
"La vuoi smettere! Lo so che è una porta!" Esclamo io.
"L'hai chiusa." Si alza in piedi.
"So anche questo..." dico ovvia e segue un attimo di silenzio prima che lui esploda.
"Come ti è saltato in mente! Almeno chiedilo! La porta non si apre da dentro!"
"E a chi avrei dovuto chiederlo? Non ti avevo visto..." mi difendo "E poi quale razza di porta si apre solo da fuori? Chi è il genio che l'ha montata?!"
"Io..." ringhia in un sussurro "e non è il mio mestiere."
"Allora era meglio se stavi fermo..." borbotto io e lui mi trucida con lo sguardo.
Si avvicina alla porta e afferra la maniglia facendo forza per cercate di aprirla, ma il tentativo è vano.
"Grandioso! Siamo bloccati dentro!" Esclama.
"Oddio, fino a quando?"
"Fino a quando ci verranno ad aprire, genio, ovvero quando Martina torna dal lavoro stasera alle 8."
"Filippo?"
"Non torna, è a casa di amici fino a domani mattina." Dice sconsolato rimettendosi alla sua postazione.
Lo osservo mentre si infila nuovamente sotto la macchina, ha le spalle che sono lasciate scoperte dalla canottiera, un po' sporche di nero, i pantaloni lievemente calati sui fianchi.
"Invece di star ferma lì, renditi utile." Mi dice "Prendimi una chiave inglese, la 8."
Mi giro verso tutti quegli attrezzi, cos'è una chiave inglese?"
"Se parla francese va bene lo stesso, vero?"
"Non ho parole." Dice ma lo sento ridere piano, sono sicura che sta ridendo.
"Ammettilo, ti ho fatto ridere."
Afferro lo strumento che credo sia una chiave inglese, e lo è, e glielo passo. Per un breve istante le nostre dita si sfiorano e anche la mia punta del dito si colora di nero.
"Non posso credere che dovró stare chiusa con te qui dentro per altre quattro ore!" Esclamo mettendomi a sedere suo tavolino.
"Avrei dovuto dirla io questa frase..." sbuffa lui uscendo da sotto la macchina.
Si tira su a sedere e sospira, poi asciuga il sudore dalla fronte e afferra l'acqua: sembra stanco.
"Hai qualcosa da mangiare almeno?" Mi domanda "O moriremo di fame?"
"Ho un panino schiacciato, disidratato e mangiucchiato da me...lo vuoi?"
"Sembra invitante." Ironizza lui ma lo accetta.
Il mio telefono squilla e mi affretto a cercarlo nella borsa.
"Piè."
"Mi mancavi." Dice lui "E volevo sentirti."
"Anche a me manchi sempre." E Andrea finge un conato di vomito, o forse il panino gli fa veramente schifo.
"Cosa stai facendo?" Mi domanda.
"Sono a casa con gli altri."
"Programmi interessanti per la serata?"
"Credo che rimarrò chiusa a casa..." dico e Andrea si mette a ridere.
"Entusiasmante. Io invece vado ad una festa, ci sarà anche Vanessa."
"Bene, almeno ti tiene sotto controllo."
"Non ce n'è bisogno." Lo sento ridere "Ora ti saluto che mi chiamano."
"Ciao."
Ripongo il telefono e cala nuovamente il silenzio, non riesco a stare qua ancora per molto senza far nulla.
"È vernice quella che vedo?" Indico uno scaffale in alto e lui annuisce.
"E se facessi un murales?" Propongo.
"Credo che la nonna di Filippo ormai non possa impedirtelo..." fa spallucce lui e poi mi segue mentre mi avvicino allo scaffale.
Salgo su uno scatolone pieno di libri e gli passo i vari barattoli di vernice, ma l'ultimo, quello grande che contiene il colore verde, mi scivola di mano prima che lui possa afferrarlo e cade per terra. L'impatto lo fa esplodere macchiandomi le scarpe, ma Andrea si è appena trasformato in Shrek.
Ops.
"Io ti uccido." Sibila a occhi chiusi che poi ripulisce prima di aprire.
"Ho sentito che fa molto bene alla pelle." Perché non sto mai zitta?
"Io ti uccido." Ripete e poi circonda le mie gambe con le braccia per sporcarmi i pantaloni.
"No!" Urlo dimenandomi dalla sua presa ma invano, lui con i capelli verdi ha già imbrattato tutta la mia maglietta.
Mi prende in braccio e mi appoggia a terra, poi si passa le mani sui suoi vestiti e attacca il colore su di me lasciando le sue impronte.
Inizio a correre in questo minuscolo posto ma scivolo sulla pozzanghera verde che si è creata e quando mi rialzo mi tocco il sedere dolorante.
"Ti sei appena fatta un'impronta sul sedere." Ride lui.
"Tu non guardarla." Dico e lui alza le mani.
Non ci credo che trascorreró così le prossime ore, mi sembra di essere tornata all'asilo.

"Voi due mi dovete spiegate come siete finiti lì dentro." Afferma Martina girando la chiave nella serratura del garage.
Esco stiracchiandomi e respirando finalmente, lá dentro non respiravo più.
Una volta che sono fuori e il cervello si è finalmente ossigenato, noto che dietro a Martina c'è anche Alessandro. Sono arrivati insieme?
"Lascia stare, ha chiuso la porta lei." Dice Andrea scocciato.
"Quindi la colpa sarebbe la mia?"
"Ora non litigate." Si interpone tra di noi Martina "Ma soprattutto perché sembrate Shrek e Fiona?"
Io e Andrea ci guardiamo e poi scoppiamo a ridere mentre i nostri amici ci guardano confusi.
"Siete strani, lo abbiamo capito." Martina porta i suoi capelli castani su una spalla.
Voglio solo rientrate in casa e farmi una doccia, così inizio a salire le scale di casa seguita da Martina, Alessandro ed infine Andrea.
"Gin..." dice Martina ed io mi fermo e mi giro verso di lei "perché hai una mano sul sedere?"
Inizia a ridere e si volta verso suo cugino che alza le mani "Io non sono stato."
"Ci crediamo, ci crediamo..." dice ironico Alessandro poggiando una mano sulla spalla dell'amico.
"Me la sono fatta da sola!" Esclamo sicuramente rossa dall'imbarazzo.
"Ci crediamo, ci crediamo..." ripete ancora Alessandro e Andrea gli tira un pugno per scherzo su una spalla.
"Vi odio." Riprendo a salire le scale.
"Ci adori, non scherziamo." Dice Martina e forse ha ragione: sto iniziando ad affezionarmi molto a loro.

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