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Quando giro la chiave nella serratura sono quasi le undici di sera e quando apro la porta la casa è immersa nel buio. Ho riaccompagnato Cristian a casa e mi sono fermata con lui fino ad ora, abbiamo parlato e ci siamo chiariti. Più o meno. Non mi è sembrato molto convinto, tutto qui.
Attraverso il corridoio con la torcia del cellulare e per poco non mi viene un infarto nel vedere due occhi scuri davanti a me nel bel mezzo del buio.
"Vuoi per caso rispedirmi all'ospedale?" Domando con il fiatone ad Andrea che sorride lievemente.
"Finalmente, mi ero quasi stancato di aspettarti." Borbotta accendendo la luce della mia camera ed entrando prima di me. Fai pure come se fossi a casa tua, insomma.
"Non dovevi."
"Invece sì, dato che all'uscita dall'ospedale non mi hai minimamente considerato. Voglio parlarti e voglio farlo ora." Si accomoda sul letto dopo aver chiuso la porta.
"Sono stanca." Sbuffo buttandomi sul letto a peso morto e quindi sdraiandomi.
"Non m'importa, se non parliamo ora non ci riusciremo mai più dato che mi eviti." Si volta verso di me appoggiandosi con la schiena alla testata del letto ed io ora lo vedo al contrario.
"Non ti evito..."
"Certo che mi eviti, è palese. Vorrei sapere perchè, hai per caso paura?" Si sporge in avanti posizionando il suo viso sopra al mio e soffiandomi il suo fiato sul collo. Mi ritrovo a deglutire davanti a quegli occhi profondi, ma non distolgo lo sguardo per non affermare la sua teoria. Va bene, lo ammetto: un po' ho paura. Ma solamente perchè ultimamente mi ha un po' destabilizzata e sorpresa, e, dato che è un bel ragazzo, non vorrei farmi strane idee. Non devo partire per la tangente, insomma. Anche perchè io amo la tranquillità, quella che caratterizza Cristian.
"Dovrei avere paura di te?" Domando e lui si ritira indietro.
"Certo che no, tu hai paura di te stessa."
"In che senso, filosofo?" Mi scappa una risatina.
"Lo capirai, ma secondo me l'hai già capito." Mi strizza l'occhio "Comunque non siamo qui per parlare di questo e nemmeno del perchè lo hai detto a Cristian. Ho capito che non ce la facevi più a tenertelo dentro, sicuramente è così che si fa in una coppia."
"E quindi di cosa vuoi parlare?" Domando tirando su il busto e voltandomi verso di lui a gambe incrociate.
"Di me e di te." Dice e mi si tronca il respiro.
Scatta in piedi e cammina sul parquet con i calzini, arriva fino alla scrivania e da' un'occhiata curiosa prima di afferrare una penna. La fa girare in aria e la riprende al volo prima di dire: "Lui crede che tu m'interessi e si vedeva lontano un miglio, ancora prima che mi colpisse, che mi voleva morto."
"Ma sinceramente..." fa girare di nuovo la penna "non me ne importa nulla."
"Perchè diamine dovrei rinunciare a passare del tempo con te ora che finalmente andiamo d'accordo solo perchè il tuo ragazzo ha dei problemi?"
"Andrea, ti ricordo che sono qui e stai parlando del mio fidanzato." Lo riprendo e lui fa una smorfia.
"Giusto, devo stare attento alle parole. Chissà che non abbia messo una cimice nella tua stanza." Ridacchia mentre riappoggia la penna e prende dei fogli. Rabbrividisco al solo pensiero, che cosa inquietante.
"Questi sono di Alessandro." Constata leggendo "Ancora questa Serotonina? Ormai sará un mese che la stai studiando..."
"Mi sono semplicemente dimenticata di ridarli ad Alessandro" spiego "ma tu come fai a sapere che è un mese che ce l'ho? Frughi nella mia camera?"
"Shh, silenzio! Cristian potrebbe sentirci!" Ride ancora facendomi roteare gli occhi al cielo.
"Scherzi a parte, me l'ha detto il tuo fidanzato quando non gli stavo così tanto sui coglioni. Mi ha raccontato della romantica serata trascorsa dopo le parole sdolcinate sulla tua felicità e sulla sua e gne gne gne." Fa il verso e mi viene da dargli un pugno nello stomaco.
"Se sei di pietra non è colpa mia..." dico.
"Sì effettivamente ho una buona muscolatura..." si tocca gli addominali e mi colpisco la fronte con la mano destra.
"Intendevo che hai un cuore di pietra."
"Lo avevo capito." Mi fa la linguaccia.
Appoggia i fogli sulla scrivania e prende un pennarello, così mi sporgo per vedere quali casini combina. Quegli appunti non sono miei e dovrà dare spiegazioni ad Alessandro.
"Ho solo disegnato uno smile." Si difende vedendomi sbirciare, ma poi aggiunge girando il foglio "E poi ho disegnato te!"
Mi mostra una scimmia con grandi orecchie a sventola veramente brutta, che cattivo.
Salgo in piedi sul letto per arrivare alla sua altezza e stringo il suo collo con il braccio tirandolo indietro finchè non cade sul letto.
"Io non sono così brutta!" Gli urlo contro ma sto ridendo, sto ridendo da morire.
"Un po' scimmietta lo sei..." ride lui mentre subisce i miei piccoli pugni senza opporsi, e meno male.
Di scatto si alza a sedere ed inizia a farmi il solletico sulla pancia, il punto in cui lo soffro maggiormente. Potrei morire in questo momento per quanto sto ridendo, mi stanno anche scendendo le lacrime.
Ad un certo punto si blocca e mi afferra i polsi, ma io quasi non vedo nulla perchè ho i capelli davanti la faccia.
"Peró per quanto riguarda la produzione di serotonina, uno a zero per me." Ghigna a pochi centimetri dal mio volto, evidentemente riferendosi all'argomento di prima e a Cristian.
"Mi fa ridere la tua stupidità, è diverso." Lo correggo con tono saccente.
"Non ti ho mai vista comunque ridere così tanto insieme a lui."
Non riesco a ribattere e rimango con il fiato sospeso perchè effettivamente è vero: con Cristian non rido così tanto. Ma semplicemente perché sono due persone diverse: Andrea è imprevedibile e folle, mentre Cristian è dolce e pacato.
Si avvicina lentamente e appoggia le sue labbra morbide sulla mia fronte mentre un brivido mi scuote fino al midollo.
"Lo riprenderei lo stesso quel pugno in faccia, anche per un solo bacio." Dice con voce rauca mentre fa scorrere gli occhi dalle mie labbra ai miei occhi.
"Andrea..." esce come un sussurro.
"Ginevra..." mi imita sorridendo.
"Ti prego, non complicare le cose."
"Non sono io che le complico, ma tu. In ogni singolo momento." Sussurra con voce rauca puntando i suoi occhi nei miei, ed è come se l'azzurro dei miei occhi si stesse colorando di scuro con i suoi. Come se una parte di lui ormai fosse giá dentro di me.

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