"Finalmente." Dice lui appoggiando le mani sul volante. Abbiamo deciso di entrare in auto a parlare perché fuori è abbastanza rigido.
"Ti lascio parlare, senza interruzioni." Dico.
"Inizio con il ripeterti che mi dispiace, mi dispiace tanto, Gin." Mi guarda negli occhi "Purtroppo sul turno di lavoro non ci potevo far nulla, lavoro in quel ristorante per pagarmi gli studi e sono stato assunto da poco: mi serve quel lavoro..."
"E questo lo capisco, ma..."
"Avevi detto senza interruzioni." Mi ammonisce lui ed io mi scuso: questa volta ha ragione.
"La macchina si è fermata a tre o quattro chilometri da casa tua, potevo benissimo percorrerli a piedi ma devi accettare che certe cose accadono solo nei film." Continua "Nella vita reale devi chiamare il carro attrezzi, lo devi pagare, poi mi sono innervosito perché la gente suonava il clacson perché avevo creato una coda enorme..."
"Ero troppo nervoso per vederti." Conclude "Ti chiedo di capire che non ero in un momento sereno, scusami se ci sei rimasta male."
"Hai ragione." Parlo io "Forse ho esagerato."
Mi sorride dolce e si avvicina di più a me.
"È che non riesco a non vederti per settimane intere e non vedevo l'ora di riabbracciarti, per questo mi sono arrabbiata."
"Lo capisco perfettamente, avrei fatto la stessa cosa."
È impressionante come noi due riusciamo ad intenderci in ogni situazione, la pensiamo sempre allo stesso modo.
"Sono perdonato?" Alza un angolo della bocca su cui mi fiondo per baciarlo. Mi mancava così tanto...
"Ti amo." Sussurra tra un bacio e l'altro.
"Anche io."
"È una mia impressione oppure i tuoi coinquilini ci stanno osservando?"
"Si, lo stanno facendo sicuramente." Rido io sulle sue labbra.
"Entra, fermati a dormire per questa notte."
"Ho scambiato il turno di domani apposta..." sorride ed io gli do un ultimo bacio prima di scendere e prenderlo per mano.
Quando entriamo in casa tutti fingono di non aver visto nulla: Filippo sta preparando qualcosa da mangiare, Martina e Alessandro sono sul divano, e Andrea sta apparecchiando.
"Deduco che dobbiamo aggiungere un posto in più." Dice Filippo avvicinandosi.
Andrea fissa Pietro e poi prende un altro piatto dalla credenza.
"Io invece deduco che si sia fatto perdonare..." ride Ale e Pietro gli si avvicina per salutare anche lui dopo Filippo.
"Ti prego non farla arrabbiare ancora, non sembra nemmeno lei." Dice Alessandro e Pietro ride.
"Non è vero!" Esclamo io.
"Eri uno zombie oggi, Gin." Dicono in coro Martina e Ale.
"Va bene, forse un po'." Acconsento sorridente abbracciando il mio fidanzato.
Odio litigare con lui proprio perché lo facciamo molto raramente ma ci lanciamo cattiverie.
Pietro mi lascia un bacio tra i capelli e sposta le mie braccia dalla sua vita per salutare Martina e Andrea.
"Noi due abbiamo iniziato con il piede sbagliato..." gli porge la mano "tanto questa sera sono in vena di scuse quindi ricominciamo da ora...piacere Pietro."
"Andrea." Stringe la mano e poi aggiunge stringendo i denti "Lo stronzo."
Sbuffo e mi riavvicino a Pietro trascinandolo via, è inutile che prova a fare amicizia con una persona che non vuole minimamente.
Ci sediamo a tavola e non smettiamo di chiacchierare per tutta la sera, finalmente dopo tanto tempo mi sento veramente a casa.
"Tuo fratello mi stava per uccidere." Mi dice Pietro e gli altri ridono.
"Il fratello bello?" Domanda Martina beccandosi una gomitata da parte di Alessandro.
"Ne ha solo uno..." dice Pietro ridendo "o almeno credo."
"Tra quanto tempo pensate che tornerete qui tu e l'altra ragazza...come si chiama? Vanessa?" Chiede sempre Martina.
"Non so, forse per Natale ormai." Le risponde ed io faccio la faccia triste con gli occhi dolci.
"Gin, sai perfettamente che lavoro." Mi guarda male Pietro "Vanessa è più incasinata di me."
"Lo so, lo so. Tranquillo." Dico "Forse tra un po' di settimane torno io a casa...magari porto anche tutti voi! Almeno vi faccio conoscere la mia famiglia!"
"Io accetto l'invito!" Esclama Martina anche se ero sicura che non avrebbe rifiutato.
Dopo cena ci sediamo tutti sul divano a vedere un film, io tra le braccia di Pietro e Martina tra le braccia di Alessandro. Il povero Filippo invece è per terra. Andrea al contrario se n'è andato pochi minuti fa dicendo che aveva da fare. Qualcosa di losco suppongo. Ma non è un mio problema. Finalmente sono felice tra le braccia del mio ragazzo riccioluto, quei ricci che mi fecero innamorare. Sono cotta di lui da quanto lui faceva l'ultimo anno di liceo anche se ci siamo messi insieme molto tempo dopo. Adoro tutto di lui, tranne il fatto che ogni tanto sia un po' freddo e lunatico. Ma in questo momento la luna è dalla parte giusta e sto bene così.
"Mi mancavano questi momenti." Mi sussurra ad un orecchio.
"Mancavano tanto anche me."
"Piccioncini, per favore, silenzio!" Dice Filippo e tutti scoppiamo a ridere. Vorrei che tutto questo non finisse mai.Apro gli occhi e vedo Pietro che dorme accanto a me. Dei morbidi ciuffi gli ricadono in fronte e sembra così sereno. Sposto il suo braccio dalla mia pancia e scendo dal letto cercando di non fare rumore. Il mio sguardo cade sulla sveglia che segna le quattro di mattina.
Ho la gola secca, per questo mi sono alzata. Vado in cucina per prendere una bottiglia d'acqua e per poco non mi viene un colpo quando la chiave gira nella serratura e la porta dell'appartamento si apre.
"Mi hai spaventata." Dico ad Andrea mentre entra.
"Possibile tu sia sempre in giro!" Esclama contenendo la voce.
"Io starei in giro? Sei tornato alle quattro, dove sei stato?" Perché diamine glielo sto chiedendo? Non sono affari miei. E infatti mi risponde: "Non credo ti riguardi."
Ha ragione. Devo farmi i fatti miei. Prendo la mia bottiglia d'acqua e faccio il giro de tavolino. Ci incontriamo faccia a faccia prima del corridoio e lo vedo abbassare gli occhi sulla maglietta di Pietro che indosso. Mi stanno prendendo fuoco le gambe e se non distoglie lo sguardo saremo costretti a chiamare i pompieri.
Per fortuna esaudisce le mie preghiere e si schiarisce la voce guardando altrove.
"Prego." Dice facendomi segno di passare prima.
"Che gentiluomo." Gli sorrido falsa.
"Non t'illudere. È solo una tattica per guardarti il sedere." Dice e mi blocco immediatamente pochi passi davanti a lui. Credo di aver smesso di respirare.
Sento i suoi passi che si avvicinano e poi la sua mano si poggia sulla mia schiena, la sua bocca si avvicina al mio orecchio e sussurra: "Ti piacerebbe, ma non ti guarderei mai. Non sei il mio tipo."
Nemmeno tu il mio, vorrei dirgli. Ma ormai mi ha già superato con un sorrisetto divertito in volto e quel ghigno da arrogante. Che stronzo.
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Serotonina
RomanceA tutti i genitori capita che prima o poi i figli chiedano "Mamma, papà, come vi siete conosciuti?" E anche se i genitori non lo danno a vedere, sono contenti di questa domanda, perché per loro è un'occasione per ripensare con nostalgia alla loro gi...