È mezzanotte passata quando rientro nell'appartamento facendo forse un po' troppo rumore per l'orario, ma pazienza.
Quando accendo la luce per poco non mi viene un colpo nel vedere Andrea con una tazza in mano appoggiato al bancone della cucina.
"Bevi latte al buio?"
"Veramente è camomilla, non riuscivo a dormire." Dice.
"Agitato?"
"Un po'."
"Anche io." Appoggio la valigia nel mezzo del soggiorno.
"Che succede?"
"Nulla che t'interessi." Ribatto seccata, forse in tono troppo cattivo.
"Sei veramente agitata, non ti avevo mai visto così." Ride appoggiando la tazza sul lavandino e rimettendosi nella stessa posizione di prima ma a braccia conserte.
"Scusami." Scuoto la testa mettendomi seduta "È che ho litigato con Pietro e noi litighiamo molto raramente..."
Ok, non posso parlarne con lui. Non è il mio consulente, nè tanto meno mio amico.
"Ho sonno, vado a dormire."
"Non dormirai."
"E come lo sai?"
"Conosco le ragazze." Dice spavaldo e spalanco gli occhi sorridendo.
"Davvero?"
"Non dormirai, stai pensando a lui." Fa spallucce "Vieni con me."
"E dove?"
"Non lontano, non ti preoccupare." Si stacca dal mobile della cucina e si avvicina "Vieni, dormirai meglio dopo."
Trovo strano il suo comportamento e soprattutto il fatto che lui stia aiutando me, ma decido di seguirlo lo stesso e afferro il mio giacchetto di jeans che ho tolto poco fa.
Sto per scendere le scale quando invece lui prende la direzione opposta ed inizia a salire, manca solo un piano per arrivare al tetto, la sua meta.
Non pensavo nemmeno che si potesse accedere, ed invece c'è un bellissimo terrazzo con qualche poltroncina. Lui però si stende per terra e decido di fare lo stesso rannicchiandomi su me stessa per il freddo.
"Guarde le stelle, Gin."
"Gin? È riservato agli amici questo nomignolo." Scherzo io.
"Se proprio vuoi ti chiamo Ginevra, non creiamo ora una questione di stato."
"Non ti offendere, permaloso." Lo schernisco e lui finge di non ascoltarmi, si offende facilmente il ragazzo.
Guardo la città da quassù, tutte le vie perfettamente illuminate che competono senza speranze con il cielo stellato. Si vede perfettamente tutto, le vie squadrate, il duomo, sembra di avere il controllo del mondo da quassù.
"Vieni spesso qui?" Domando.
"Quando non riesco a dormire."
"Ed ora perché non riesci a dormire?"
"Non sono affari tuoi." Mi congela con lo sguardo ed io mi ammutolisco subito, non riesce ad eliminare l'arroganza nemmeno per due minuti.
Sospiro profondamente cercando di allontanare l'impulso di buttarlo di sotto e mi concentro sul panorama, una cosa positiva dello stare quassù c'è. Estrae dalla tasca del giacchetto di pelle un pacchetto di sigarette e ne sfila una. Sono sicura che saranno la sua rovina.
"Ora non mi dire che morirò presto se continuo a fumare così." Sembra leggermi nel pensiero.
"Ti stupirà saperlo ma...non a tutti importa della tua vita." Dico acida, ha iniziato lui però.
Mi riserva un'occhiata veloce e poi sputa il fumo davanti a se senza ribattere.
Lui si fuma la sigaretta e poi si sdraia con le braccia incrociate dietro la nuca, mentre io appoggio i gomiti sulle ginocchia e lascio cadere la testa in mezzo. Sembriamo due sconosciuti. Lui si fa gli affari suoi ed io i miei. Ma è giusto così. Ne ho già tanti di problemi.
Il mio telefono vibra e appare sullo schermo il nome di Pietro, ma rifiuto la chiamata.
Non ci posso credere che non è riuscito a vedermi. Non ha voluto, altrimenti ci sarebbe riuscito.
Me lo avevano detto tutti che le relazioni a distanza erano difficili, ma non credevo impossibili.
"Rispondi, non smetterà di chiamarti." Dice ed alzo la testa per guardarlo scettica. È serio? Mi sta seriamente dando consigli?
"Quando è stata la tua ultima storia?" Domando.
"Io lo dico solo per te, oppure spegni il telefono."
"Lo dici per non avere rotture." Ma gli do ascolto, non ho voglia di vedere nemmeno il nome di Pietro. Credo di non essere mai stata così arrabbiata.
"Domani lo avrai già perdonato."
"Come fai a dire questo?"
"Non credo che tu sia una persona orgogliosa, io lo avrei già lasciato: se ti ama veramente manda a fanculo tutto per vederti."
"Gli si è rotta la macchina, ha detto."
"Cazzate, io avrei corso pur d'incontrare la ragazza che amo per pochi secondi."
"Facile parlare, quante volte l'hai fatto?"
Si alza a sedere appoggiandosi con le mani sul cemento e soffiando a pochi centimentri da me: "Mai perché non sono mai stato innamorato."
"Che cosa?" Dico incredula.
"Non ne ho mai avuto ragione, tutte le ragazze che ho avuto in passato non ne valevano la pena."
"Ma hai ventitre anni, com'è possibile?"
"Non l'ho deciso io, è semplicemente così." Si alza in piedi ripulendosi i jeans e poi mi porge la mano per aiutarmi "Quando avverrà ti avvertiró, e vediamo se erano solo parole..."
Mi strizza l'occhio e mi invita a rientrare.
Le scale sono completamente immerse nel buio e procedo attaccandomi al corrimano, per fortuna che sono solo due rampe altrimenti non so se sarei arrivata in fondo intatta.
Forse però ho parlato troppo presto.
Sotto i miei piedi sento il vuoto e cado in avanti, Andrea ha il tempo di girarsi ma non può nè prendermi nè sorreggersi e così cadiamo sul pianerottolo davanti alla nostra porta. Lui ha le spalle contro il pavimento ed io sono sopra di lui, completamente spalmata su di lui.
Sollevo la testa dal suo torace per guardarlo negli occhi appena percettibili al buio e sento il suo fiato sul collo, ma il vero problema sono le sue mani sui miei fianchi...credo che troverò un'ustione con la sua impronta.
"Di solito, però, mi piace stare sopra." Sussurra al mio orecchio e spalanco la bocca. Non l'ha detto veramente. Per fortuna il buio evita l'imbarazzo sulle mie guance e mi affretto ad alzarmi.
"Stavo scherzando." Aggiunge ridendo.
"Idiota."
Inserisce la chiave nella serratura ed apre la porta, una volta dentro accende la luce ed io mi affretto ad attraversare il corridoio per andarmene in camera, ma lui mi chiama.
"Gin" sussurra e mi giro lentamente verso di lui che si sta avvicinando.
"Dimentichi una cosa." Aggiunge e si avvicina, si avvicina così tanto che posso accorgermi delle strigliature verdi nei suoi occhi marroni.
Allunga una mano verso la mia vita ed la infila in tasca lasciando andare qualcosa: le chiavi che sicuramente mi sono cadute prima.
Lascio andare un sospiro di sollievo perché già mi ero immaginata i peggiori disastri, ma prima che possa girarmi appoggia per davvero quella mano sul mio fianco ed avvicina il suo viso lasciandomi un bacio sulla guancia.
"Buonanotte."
Ed io resto imbambolata senza rispondere mentre lui se ne va in camera sua, e così rimango per un'altra mezz'ora.
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Serotonina
RomanceA tutti i genitori capita che prima o poi i figli chiedano "Mamma, papà, come vi siete conosciuti?" E anche se i genitori non lo danno a vedere, sono contenti di questa domanda, perché per loro è un'occasione per ripensare con nostalgia alla loro gi...