Oggi è ufficialmente il mio primo giorno di università. E mi sento Dora l'esploratrice, ma persa. Non so dove sto andando, forse questa stanza già l'ho vista prima, forse sono già passata davanti a queste persone o forse si sono spostate loro. Panico.
Servirebbe una mappa! Come nella caccia al tesoro, e qui il tesoro è arrivare in tempo almeno per la prima lezione.
Ammetto che quando ho sostenuto l'esame di medicina non contavo di entrare, e invece eccomi qui, persa.
"Ginevra?" Mi chiama qualcuno dietro di me e mi volto con una faccia sicuramente poco serena.
"Alessandro?" Dico incredula "Studi qui?"
"A quanto pare..." dice mostrandomi i libri che ha in mano.
Potrebbe essere l'unica mia salvezza questo ragazzo.
"Ti prego..." mi avvicino a lui "dove devo andare?"
Lui ride e poi da un'occhiata ai fogli che ho in mano.
"Vieni, ti accompagno io." Dice ed io lo seguo mentre fa da spartiacque tra la gente.
"Non mi sarei mai aspettata di trovarti qui." Dico mentre camminiamo, quanto è grande questo posto?
"Non ho la faccia da dottore?" Si gira sorridendo e facendo comparire due fossette sulle guance. È proprio bello, cavolo.
"Non volevo dire quello..."
"Lo so, stai tranquilla." Dice "Ecco, la tua prima ora da aspirante medico è qui. Buona giornata!"
Detto questo strizza l'occhio e si allontana un po' prima di urlarmi un'ultima cosa: "Se in futuro ti servirà aiuto, non esitare a chiamarmi!"
Come può un ragazzo così dolce essere amico di Andrea?
Apro la porta di una delle aule che cambieranno la mia vita, e mi auguro di riuscire a realizzare quello che ho sempre desiderato di fare: il medico."Com'è andato il tuo primo giorno?" Domandano a me, la piccola di casa.
"Molto bene, a primo impatto mi piace molto."
"Conosciuto qualcuno?" Mi domanda Martina ed io scuoto la testa.
"In realtà oggi ero in totale confusione, per fortuna ho incontrato Alessandro che mi ha fatto da Cicerone."
"Alessandro?" Domanda Andrea alzando per la prima volta gli occhi dal piatto.
"Si..."
"Studi medicina?" Chiede ed io annuisco.
"Incredibile." Borbotta lui.
"Non ho la faccia da medico?" E solo ora mi rendo conto che è la stessa cosa che oggi Alessandro ha detto a me.
"No, effettivamente no." Ammette lui ed io spalanco la bocca "Ma nemmeno Ale e la maggior parte della gente che è là dentro."
Non capisco il senso del suo ragionamento ma decido di non farmi domande, è solo il mio coinquilino schizzato.
Dopo cena mi offro per portare fuori la spazzatura e mentre sto sistemando i sacchi nei giusti contenitori della raccolta differenziata, per poco non mi viene un colpo nel ritrovarmi Andrea appoggiato al muro con una sigaretta tra le labbra. Un attimo fa non era là.
"Perché medicina?" Mi domanda sputando del fumo fuori.
"Mi è sempre piaciuta." Dico impreparata a questa sua improvvisa voglia di fare conversazione.
"Ma perché?"
"Mi piace l'idea di aiutare le persone." Spiego e lui annuisce poco convinto.
Dopo aver buttato l'ultimo sacchetto richiudo il secchio e mi posiziono davanti a lui che sta ancora fumando.
"Non devi aspettarmi." Dice sputando del fumo in aria e soffermandosi a guardare il cielo, cosa che faccio anche io.
"Non dovresti fumare così tanto."
"Dopo un giorno già ti comporti da dottore?" Mi prende in giro.
"Io lo dico per te..." ribatto.
"Grazie, mamma."
"Fai come vuoi..." apro il portone e salgo le scale fino all'appartamento. Io cerco di parlare con lui ma se risponde male per me possiamo pure far finta che non esistiamo.
Quando risalgo trovo Martina che sta cercando qualcosa da vedere su Netflix e mi propone di vedete un film con lei, ma io sono veramente stanca e credo proprio che andrò a dormire.
Dopo essermi lavata mi fiondo in camera e mi metto la maglietta che mi ha lasciato Pietro, poi mi infilo sotto le coperte.
Passerò dentro questa casa i miei prossimi anni, forse con questi ragazzi svilupperò una grande amicizia, e forse anche con Alessandro che oggi si è rivelato molto gentile, conoscerò i miei compagni di corso, e mi dispereró prima degli esami.
Ripenso agli anni del liceo, a quando ho conosciuto Vanessa in primo e all'inizio eravamo rivali perché ad entrambe piaceva Pietro ma poi tutto si è risolto per il meglio, sia per me che mi sono fidanzata con Pietro che per lei: non sarebbero mai durati come coppia, sono troppo diversi. Vanessa è esplosiva, ama le feste, tornare a notte fonda, ubriacarsi, mentre Pietro è più come me, da serata pizza e amici, un film, una passeggiata e altre cose semplici.
Proprio quando finalmente i pensieri si allontanano dalla mia mente e sto prendendo sonno, qualcuno bussa alla porta e sono costretta ad andare ad aprire. Devo smetterla di chiudermi a chiave ormai.
"Dormivi?" Sussurra Andrea e in sottofondo le voci del film.
"Forse si." Dico io guardandolo fisso negli occhi, sono ancora arrabbiata con lui.
"Posso entrare?" Domanda ed io annuisco poco convinta.
Entra e si siede sul bordo del letto osservando me e la mia maglietta dei Gun's and Roses.
"Ti piacciono?" Indica la maglietta.
"In realtà è di Pietro."
Lui annuisce e si guarda attorno, è entrato per ispezionare la camera?
"Stavo pensando..." si schiarisce la voce "io e te abbiamo iniziato con il piede sbagliato. E dato che dovremo vivere insieme per i prossimi anni...cerchiamo di andare d'accordo."
"È una pace?"
"Io direi una tregua." Sorride e forse è la prima volta che lo vedo sorridere. Diamine, con questa lieve luce dei lampioni che gli illumina gli occhi e quei denti bianchissimi è proprio bello. Ma anche arrogante, Ginevra, ricordalo.
"Va bene, accetto." Gli porgo la mano e lui la stringe per poi usarla per tirarmi piu vicino a lui, ad un palmo da lui.
"È proprio bella questa maglietta, peccato sia dell'idiota sennò te la rubavo." Traccia con un dito le rose disegnate sulla spalla che credo stia prendendo fuoco in questo momento.
"Ehi! Avevi detto che c'era una tregua!"
"Tra me e te, non tra me e l'idiota." Perlustra ancora la mia maglietta ed io mi allontano con uno scatto, mi mette in soggezione.
"Va bene..." si passa le mani sui jeans e poi mi sorpassa "buonanotte."
"Notte." Dico senza voltarmi e sistemando le coperte.
"Belle mutande, comunque." Lo sento ridere "Sono orsetti?"
Con uno scatto abbasso immediatamente la maglietta e mentre le guance stanno prendendo fuoco mi ricordo che sto indossando delle semplici mutande nere.
"Sono nere..."
"Ma la tua reazione ha ammesso che hai degli slip con gli orsetti." Strizza l'occhio sorridendo ed io sbuffo: mi ha fregata.
"Notte, orsetto."
Ma io non rispondo, mi limito a maledirlo nella mia mente.
STAI LEGGENDO
Serotonina
RomanceA tutti i genitori capita che prima o poi i figli chiedano "Mamma, papà, come vi siete conosciuti?" E anche se i genitori non lo danno a vedere, sono contenti di questa domanda, perché per loro è un'occasione per ripensare con nostalgia alla loro gi...