12: Zoe

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Molte cose mi hanno irritato, da quando ne ho memoria:
Essere svegliata alle cinque del mattino da mio padre, che inveisce contro sé stesso perché non riesce a terminare una delle sue opere;
ritrovarmi in mezzo a un gruppo di persone noiose e senza personalità con le quali sarò inevitabilmente costretta a interfacciarmi;
sentir sussurrare ai miei compagni di classe "Che pena, lei è la ragazza senza madre".
Ma mai nulla mi ha irritato come la scena alla quale sto assistendo.
Justin si sta alzando da terra, mentre si stringe il braccio con una mano e si assicura che sia tutto intero, Aaron, invece, sorride beffardo e si guarda intorno, fiero di essere spuntato di nuovo dal nulla e di averci colto alla sprovvista.
"Justin, vedo che ti fai mettere i piedi in testa dalla novellina; imbarazzante."
Aaron si prende gioco di lui, che piano riacquista le forze.
"È la rabbia a renderla così forte, praticamente mi odia adesso" risponde Justin con voce affannata.
"Ti prego, ero forte anche prima."
Mi difendo.
"Non così tanto" ribatte Justin arrogantemente.
Gli rivolgo un'occhiataccia che esprime tutta la rabbia che provo nei suoi riguardi.
"Ragazzi, perché non ci calmiamo? Ora siamo tutti sulla stessa barca e dovremmo essere contenti che Justin sia tornato" interviene Sam.
"Già, e perché non parliamo del fatto che, mentre stavo morendo bruciato, tu sei andata via e mi hai voltato le spalle?" le chiede Aaron.
Non pensavo che glielo avrebbe rinfacciato, ma quel ragazzo è ricco di sorprese.
"Non ti ho voltato le spalle, ho solo fatto quello che fai sempre tu: me ne sono fregata" risponde Sam.
Sorride perfino in modo saccente, mostrando ad Aaron che non ha alcun rimpianto per averlo abbandonato a casa mia.
"Non so se sentirmi fiero o arrabbiato."
Aaron sorride sghembo.
"È meglio non sentire niente a volte" rispondo amareggiata.
Justin mi guarda penosamente e, nel momento in cui sta per aprire bocca, la porta viene spalancata e la professoressa Arkins entra in classe.
Inarca un sopracciglio nel vederci tutti e quattro qui.
"Voi avete lezione di chimica oggi?" domanda.
Lancio un'occhiata divertita a Sam mentre Aaron ride sotto ai baffi, come a suo solito quando qualcuno lo coglie in flagrante.
Mi dirigo rapidamente fuori dall'aula, seguita dal passo svelto del mio peggior incubo: Justin White.
"Zoe, aspetta, dobbiamo parlare"
Mi chiama ma io aumento il passo e fingo che non esista.
"Davvero, ho bisogno che mi ascolti, per un minuto" insiste.
"Faccio tardi a lezione" rispondo disinteressata.
"Risolvere i nostri problemi è più importante di una stupida lezione."
"Guarda che mio padre mi ammazza se non supero l'anno."
"Non può ammazzarti se sei già morta" dice sorridendo.
Vorrebbe risultare simpatico e rilassato ma, dall'espressione tesa che ha in volto, scorgo solamente paura.
È terrorizzato al pensiero che nulla sarà più come prima, che essere tornato a New Hope non basterà a rimettere le cose a posto.
"Intendevo metaforicamente, e poi non ho nulla da dirti, nulla che ti piacerebbe, almeno" replico e muovo un passo in avanti.
Lui mi ferma afferrando il mio braccio, così sono costretta a spingerlo via, infuriata.
"Non mi toccare, non ora" dico.
"Ma non è giusto, tu lo sai che dovevo andare via, mio padre mi ha praticamente costretto a farlo" risponde esasperato.
"Mi dispiace dirtelo, Justin, ma tuo padre è un vero pezzo di merda, e tu non sei da meno."
La rabbia contenuta nelle mie parole sembra infastidirlo.
"Hai ragione, stando con lui in questi due mesi ho capito che voleva solo allontanarmi da voi, e poi ha iniziato a comportarsi in modo strano e sono dovuto scappare" racconta la sua storia con gli occhi rivolti a me, senza distogliere lo sguardo nemmeno per un attimo, fissandomi in cerca di comprensione.
Dovrei provare pena o tristezza, ma le mie emozioni sono in continua lotta tra loro e ormai non sono capace di sentire quasi più nulla.
"Poverino, avrei tanto voluto essere lì con te" dico.
Lui sorride mentre gli si illumina il viso per l'entusiasmo.
"Per dirti che sei stato un vero idiota e te lo meritavi" continuo.
Il suo sguardo torna a farsi serio.
"Sei davvero così arrabbiata?" chiede.
La sua domanda non può far altro che lasciarmi sbigottita.
"Cavolo, sei un vero stupido!" esclamo.
"Insultarmi non ti farà sentire meglio, ti comporti come una bambina."
Ora la mia bocca è spalancata.
Sta peggiorando la situazione e neppure se ne rende conto.
"Se sono una bambina allora smettila di perdere tempo e va in classe, prima che inizi davvero a odiarti" lo avverto.
"Vuol dire che non mi odi ancora?" Justin mostra nuovamente un sorriso, sta volta anche più fastidioso dei precedenti.
Il mio sguardo gelido gli fa capire che non avrebbe dovuto rivolgermi questa domanda, quindi smette di scherzare.
"Ascolta, lo so che ti ho abbandonata ma...ma non ci sono stato bene, e mi sei davvero mancata" afferma.
Se gli fossi mancata allora mi avrebbe almeno telefonato, o mi avrebbe scritto un messaggio, invece non ha fatto nulla, è semplicemente sparito, dimenticandosi di me e dei suoi amici, come se per lui valessimo quanto un giocattolo rotto lasciato a prendere polvere in soffitta.
"Tu no" rispondo, ma sto mentendo; mi è mancato ed è questo il problema, che, nonostante mi abbia messa nella posizione di soffrire e di sentirmi abbandonata, ho sentito la sua mancanza ogni singolo attimo da quando è salito a bordo di quella stupida auto.
"Davvero?" chiede camminando verso di me.
Mi allontano e mi guardo intorno, sperando di trovare Sam.
Di lei non c'è traccia; di sicuro avrà deciso di scappare il più lontano possibile da suo fratello, prima che tentasse di metterla nuovamente a disagio.
"Vado in classe" dico restando impassibile.
"Ma..."
"Vado...in classe" ripeto con tono più sostenuto, dirigendomi verso l'aula di biologia.
Justin mi guarda andare via, sconsolatamente.
"Ci vediamo oggi pomeriggio" grida, attirando l'attenzione di alcune ragazze che ridono di lui.
Aspetto che arrivi la pausa pranzo per andare in cortile e cercare Aaron.
Abbiamo molto di cui discutere e, finché non mi avrà dato delle risposte concrete, non avrà via di fuga dalle mie domande.
Scorgo la sua figura in lontananza; sta giocando a tirare dei sassolini verso la strada, ogni tanto si ferma per lanciare occhiate ambigue agli altri studenti, per poi riprendere la sua precedente attività.
"Dove sei stato?" chiedo senza aspettare, avvicinandomi con passo svelto a lui.
Lo raggiungo e Aaron mi guarda dalla testa ai piedi, accennando un sorriso che lascia intendere sia felice di vedermi.
"Ah, un po' qua, un po' là, in giro per New Hope a fingere di non essere stato torturato e quasi bruciato vivo" risponde allegramente.
È una farsa, in realtà, sta esplodendo dalla rabbia e vorrebbe farla pagare al re della morte.
"Avresti potuto restare da me."
"Lo so, è che non mi andava" dice scortesemente.
Perdo la calma, ancora una volta, di fronte alla sua arroganza e impertinenza.
"Ho capito, è tutto inutile" mugugno, pronta ad andare via.
"Ehi."
Aaron mi ferma prima che possa muovere un passo.
Mi afferra da un braccio e, delicatamente, mi riporta vicino a lui, guardandomi negli occhi.
"Mi sei mancata in queste settimane" dichiara.
Possiede un tono diverso dal solito, quasi dolce e amorevole; ciò che afferma pare la verità e cambia le carte in tavola.
Se prima ero sicura di odiarlo, adesso la mia durezza nei suoi confronti riprende a vacillare.
"Ma questo è meglio non dirlo al tuo ex" continua, rivolgendo lo sguardo in un punto preciso alle mie spalle.
Mi volto istintivamente, ritrovandomi gli occhi freddi di Justin puntati addosso.
Il suo bisogno di controllarmi e di tenermi al sicuro da Aaron non è affatto svanito in questi ultimi mesi.
"Aaron, Padre Ernest è morto" cambio discorso, tornando a concentrarmi solo sul ragazzo che si trova davanti a me.
"Già, quella testa di cazzo si è finalmente levata di mezzo."
"Che succederà ora? Intendo...con i sacrifici."
"Non sappiamo nemmeno se sia vero."
"Tu non l'hai visto tutto quel sangue! E le tombe vuote; come potrebbe non essere vero?" sbotto, stanca di essere presa per pazza.
Sam lo può confermare, quelle tombe non contenevano alcun corpo; ho ancora i brividi se ci ripenso e sono costretta a scacciare via il ricordo.
"È morto, Zoe, anche se fosse stato vero, ora è finita" dice Aaron.
"Dovremmo andare in chiesa a controllare" propongo.
"Sei fuori di testa? Non ci devi neanche pensare di mettere piede in quel posto" mi intima, con la serietà che mostrerebbe un padre protettivo nei confronti della propria figlia.
"Perché?"
"Perché ti hanno già vista una volta lì dentro; sarebbe come giocare con il fuoco, letteralmente."
Tenta di mostrarsi ironico, forse per non essere preso troppo sul serio, per non passare come una persona realmente preoccupata per la mia sicurezza.
"Sta alla larga dalla chiesa" mi ordina nuovamente.
Non ottenendo risposta, se non qualche sguardo fuggente, ricco di noia, prosegue: "Mi hai capito?"
Annuisco, a quel punto, rassegnata all'idea che Aaron non mi lascerà mai fare di testa mia, non in questa vita, almeno.
"Brava, novellina" dice annuendo a sua volta, con un sorrisino scaltro stampato sulle labbra.
Accarezza una ciocca dei miei capelli, passa la mano lentamente intorno a quest'ultima e mi guarda profondamente.
"Credevo che non saresti tornato di nuovo" sussurro.
La mia voce esce fuori come un suono sottile e fragile.
"La prima volta mi faccio rapire per sbaglio, la seconda perché sono un coglione" risponde ridacchiando.
Ciò, però, non diverte anche me, quindi torna serio.
"Non ti avrei mai abbandonata" aggiunge.
"Sei stato uno stronzo, però" ribatto frustrata.
"Zoe..."
Aaron si avvicina un altro po' a me, che indietreggio subito e scuoto la testa nervosamente.
"Lasciamo perdere" dico, dirigendomi poi verso il corridoio scolastico, trattenendomi dalla voglia di girarmi e guardare di nuovo quello stupido di Aaron.
Arriva il pomeriggio e, come ci eravamo ripromessi, ci dirigiamo tutti alla residenza Fletcher, per cercare il libro degli spettri.
"Questa cartina vi indicherà la strada, ora dovrete concentrare le vostre energie per trovare il libro" dice Claire mentre siamo posizionati in cerchio, intorno al tavolo nel salone.
Ci siamo io, Justin e Sam, ma di Aaron non c'è ancora traccia.
Spero che la nostra conversazione di stamattina non l'abbia messo di cattivo umore e che si presenti, prima o poi.
"Sarà la nostra energia oscura a indicarci la strada" dico, incuriosendo Claire.
"Vedo che sei informata" dichiara.
"L'ho già fatto una volta, per trovare Aaron" rispondo.
Justin abbassa lo sguardo, colto dalla gelosia e dalla frustrazione; si lascia anche scappare una risata di sdegno, per un attimo.
"Quindi potresti farlo anche da sola, giusto?" chiede Sam.
"Non credo, ci dovrebbe essere una specie di connessione o...non so" ribatto.
"Meglio non rischiare, più utilizzi i tuoi poteri e più perdi energie, e così i fantasmi ti attaccheranno facilmente" afferma Claire.
"Loro possono anche entrare nel nostro corpo, ome fanno con gli esseri umani?"
È Justin a domandare sta volta.
"Potrebbero, se voi foste deboli, e possono entrare nel corpo di un umano, obbligandolo a bruciarvi; pensate se venisse attaccato il povero Alec? Ucciderebbe..."
Claire viene interrotta dall'intervento di Aaron: "Me, sì, lo so" dice lui avvicinandosi al tavolo.
Lo guardo subito, fingendo disinteresse.
Non posso dimenticare il modo in cui mi ha trattata la sera in cui è sparito per la seconda volta, né le cose orribili che mi ha detto.
"Sei arrivato, bene, aspettavamo solo te" dice Claire.
"Andiamo, avresti preferito non tornassi mai in questa casa."
Aaron si rivolge a lei con tono amaro.
"E anche tu" continua guardando verso Sam, che scrolla le spalle, infastidita.
"Facciamo questa cosa e basta, non sono in vena di drammi" dice Justin.
"Unite le vostre mani e concentratevi" risponde Claire e noi facciamo come richiesto.
La mia mano entra in contatto con quella di Justin e cerco di mantenere la calma, nonostante lui mi stia lanciando delle occhiate invadenti.
Quando Aaron posa la sua mano sulla mia, invece, lo guardo istintivamente; lui ricambia, seppur con fare nervoso, e si rilassa poco dopo, lasciandosi trasportare dall'unione dei nostri poteri.
"Chiudete gli occhi" ci ordina Claire.
Li chiudo e suppongo che gli altri stiano facendo lo stesso.
Piano, sento una forte energia attraversare il mio corpo.
È una sensazione piacevole ma allo stesso tempo terrorizzante, come attraversare un tunnel in piena notte, senza sapere in quale strada ti porterà.
"Sta funzionando, c'è della luce sulla cartina, indica la via" esulta Claire.
Apro gli occhi per osservare la scena, seguita dai miei amici.
Sam sembra preoccupata e si avvicina di più a me, prendendo la mia mano.
La luce gialla arriva fino a New York, fermandosi verso Brooklyn.
"Brooklyn? Che cavolo ci fa il libro a Brooklyn?" chiede Sam sbraitando.
Aaron incupisce e i muscoli del suo volto finiscono per tendersi.
"Quel figlio di puttana!" impreca a denti stretti.
"Che dici?" domanda Justin confuso.
"Mike, è stato Mike, lo stregone; avrà usato qualche stupido incantesimo per rubare il libro e fotterci la vita, sapeva che i fantasmi si sarebbero liberati solo a New Hope."
Aaron è convinto delle sue parole, così tanto da tirare un pugno sul tavolo e assumere un'aria rabbiosa.
"In questo caso, dovete andare da lui e recuperare il libro, prima che muoia qualcun altro" dice Claire.
"Non me lo faccio ripetere due volte" risponde Aaron.
Sorride e si avvia alla porta, senza consultarsi con il resto del gruppo.
"Aspetta, se andrai da solo ti ucciderà di sicuro" dice Sam apprensiva.
"Prima o poi lo farà comunque, chi se ne importa?"
Ride lui.
"A me importa, ecco perché verrò con te" risponde Justin.
Con questa semplice frase è capace di sconvolgere tutti quanti, credo persino sé stesso.
"Cosa?" chiede Aaron guardandolo incredulo.
"Vengo a Brooklyn con te, ti guarderò le spalle" ripete Justin.
"Vuoi farlo davvero?" domanda Aaron che, realizzando quale piega stia prendendo la situazione, sorride maliziosamente.
"Tu vuoi farlo?" chiede lui rivolgendogli uno sguardo complice.
Si scrutano per qualche istante, poi Aaron fa spallucce.
"È ok per me" dice.
"Non è ok per me; rischiate di farvi ammazzare!" interviene Sam camminando verso di loro.
"Sai che novità!" ribatte Aaron rilassato.
"Non credo che dovreste..." Interrompo Sam.
"È giusto che vadano insieme, così, magari, non vedremo più le loro facce" dico.
Sono stata tagliente, forse anche un po' meschina, e questo mio gesto non è passato inosservato a Claire.
"Ah, che cattiveria" mi prende in giro Aaron.
"Non lo pensi davvero" dice Justin invece.
"Hai ragione...penso che non avrei mai dovuto conoscervi" controbatto.
"Guarda che non mi ferisci."
Aaron si esprime con la stessa calma di poco fa.
"Ferisce me però" bisbiglia Justin angosciato.
"Durante il viaggio ti spiegherò come smettere di piangere per una donna. Sù...andiamo."
Aaron gli dà una pacca sulla spalla e spalanca la porta d'ingresso.
Justin mi rivolge una breve occhiata, che io non ricambio nemmeno; abbasso il capo e aspetto che se ne vadano, così da poter rimettere in sesto le mie emozioni.
Quando escono di casa e io resto con Sam e Claire, mi rendo conto di aver oltrepassato il limite e di essermi comportata come una vera stronza.
"Lo so a cosa state pensando: sembro una disperata e patetica che è stata abbandonata dal ragazzo che le piace, ma non lo dite, perché lo sono davvero e non reagirei bene" parlo turbata, prevedendo i loro inevitabili giudizi.
"Non lo direi mai, neanche se lo pensassi" risponde Sam.
"Io invece posso dirlo: sei patetica, tesoro" la segue Claire, sorridendo cinica.
"Grazie mille per la comprensione" replico sbuffando.
Mi avvicino a Sam, poco prima di sentire un tonfo sul pavimento.
Ci voltiamo verso Claire e la troviamo stesa a terra: ha appena avuto un calo di pressione.
"Zia Claire!" grida Sam correndo da lei, piegandosi.
Claire fatica ad aprire gli occhi, dato che è stordita.
"Ma che ti succede?" chiede Sam spaventata.
"Sto bene, sto bene" risponde lei mentre io mi avvicino e la guardo.
"Non sembra proprio, non ti ho mai vista svenire in sedici anni di vita" risponde Sam.
"Non è nulla, davvero, ora mi rimetto in piedi."
Prova ad alzarsi ma perde ancora l'equilibrio.
L'afferro prontamente da entrambe le braccia.
"Sono i suoi poteri, non li sa controllare e continua a usare la magia nera" dico ricordandomi dell'altra mattina.
"Cosa? Perché non me ne hai parlato?" chiede Sam.
"Perché non ero tenuta a farlo!" risponde Claire dolorante.
"Ma l'hai detto a Zoe."
"Mi ha beccata mentre cercavo di liberarmi dalla magia, non le ho parlato per mia volontà."
"È vero, ma non cambia nulla, dobbiamo trovare un modo per aiutarla" dico.
"No, ce la faccio da sola, ho sempre fatto da sola..."
Claire muove una mano e ci fa segno di andarcene.
Vuole smembrare forte, perché in fondo lo è sempre stata, ma, in questo momento, è chiaro che non ne sia in grado.
"Non sta volta. Hai bisogno di riprendere in mano i tuoi poteri" affermo, ragionando per trovare una soluzione che non sia urlare e lanciare incantesimi oscuri.
Poco dopo riesco a formulare un piano e sorrido.
"Forse so come fare" dico guardando verso Sam con aria sicura.

Spazio autrice:
Che idea avrà mai avuto Zoe?

Undead 2 (Il Libro Degli Spettri)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora