A casa mia, partecipare a una cena di famiglia equivale a ricevere tutto il tempo occhiate spregevoli da parte di papà, che possono variare con i suoi sospiri irritati o con i suoi lamenti riguardanti il fatto che io sia il figlio più idiota che potesse avere.
Un tempo i miei amici mi dicevano di non giustificarlo, di scappare e di non farmi vedere mai più; Jasmine era perfino arrivata a dirmi di chiudere papà nel suo laboratorio e lasciarlo lì a soffrire tra i suoi inutili esperimenti.
Lei non era la ragazza che ho visto prima che morisse:
era divertente, solare, dolce se proprio voleva; forse non mi amava ma ci teneva a me, non ho dubbi a riguardo.
"Non hai toccato cibo" commenta aspramente mio padre.
Sta parlando con me, ovviamente.
La sua voce è sempre profonda, quella di un uomo freddo e distaccato che non direbbe ti voglio bene nemmeno sul letto di morte.
Sono cresciuto così, con il suo tono severo che mi svegliava ogni mattina e che ancora oggi, purtroppo, mi fa accapponare la pelle quando so di averlo deluso.
"Non ho molta fame" rispondo evitando il suo sguardo cattivo; sarebbe capace di far piangere persino il bambino più felice del mondo.
"Mangia, prima che diventi freddo" insiste.
Come al solito non ha ascoltato neanche una delle mie parole.
"Ma ho detto che..."
Non mi lascia finire.
"Mangia, Alec!" dice, sta volta con tono più duro, rivolgendomi uno sguardo minaccioso.
Mio padre, lo scienziato davvero pazzo che non perde occasione di mettere suo figlio in soggezione.
Mi chiedo se questa tortura avrà mai fine.
"Non vorrai perdere di nuovo peso? Ricordi cosa ti hanno detto quando da piccolo ti avevo iscritto a football? Il ragazzo è troppo magro, non ha il fisico adatto; brutti stronzi!" continua a lamentarsi mentre mastica rumorosamente un pezzo di carne.
Odio sentirlo mangiare, odio sentire la sua voce, odio tutto di lui.
Mia madre resta indifferente e non accenna ad aprire bocca.
Lei indossa vestiti comodi, non si cura molto e porta sempre i capelli legati in una coda disordinata.
"Papà..." dico.
A quel punto, mamma si decide a parlare:
"Dà retta a tuo padre, lui si preoccupa per te, vuole solo che tu stia bene e non perda peso."
Accenna un sorriso, uno dei soliti, falso e ricolmo di ipocrisia.
Anche lei odia papà, solo che ha paura di cosa potrebbe succedere se mai dovesse ribellarsi.
"Lo so, ma io..."
"Piuttosto, dimmi, come va a scuola? E con i tuoi amici? Quella Zoe Evans, esci ancora con lei?"
Papà incomincia a domandare dopo essersi pulito la bocca con un fazzoletto di stoffa che si porta sempre dietro.
"Siamo amici" rispondo giocando con la forchetta nel piatto.
"Andiamo, mi vuoi far credere che non vi siete dati nemmeno un bacio? Guarda che io lo so, so che sei attratto da lei" afferma con un sorriso irritante stampato in volto.
"Veramente io...io ho una ragazza adesso" rispondo impaurito.
Papà non mi crederà sicuramente e vorrà saperne di più.
Emily è diventata importante per me, abbiamo condiviso giorni interi insieme da quando i fantasmi hanno lasciato New Hope e il legame che ci unisce diventa sempre più profondo.
"Oh, tesoro, ma è meraviglioso! Come si chiama?" chiede mia madre; sembra realmente curiosa.
"Emily, Emily Fries" dico e non trattengo un sorriso timido.
Pensare a lei mi rende felice.
"Che nome carino" commenta mia madre.
"È solo una puttana" fa eco papà che viene subito fulminato dal mio sguardo.
"Come hai detto?" domando sconcertato.
"Ho detto che è solo una puttana, un'altra puttana che ti distoglie dal tuo obiettivo: essere il primo della classe e ottenere una borsa di studio per l'università."
"Lei non è una puttana, ci tiene a me e sa quanto io tenga alla scuola."
"Sa anche che tutti i tuoi amici sono stati uccisi a sangue freddo e che sei diventato una specie di motociclista effeminnato da quel giorno?"
Dalle sue parole emerge tutto il disprezzo che prova verso chi ritiene diverso da lui.
"Bob, ti prego."
Mia madre lo riprende mentre ridacchia istericamente.
"No, vaffanculo! Vado in viaggio per qualche giorno e mio figlio si fidanza con una ragazza che nemmeno ho mai sentito nominare prima; chi è questa? Da dove viene? È per caso una del gruppo di Aaron Fletcher? Sai cosa penso di quelle persone, sono pericolose!" sbraita papà che si alza in piedi. La sedia striscia sul pavimento ed emette un rumore fastidioso.
"Tu non li conosci, e non conosci nemmeno me!" ribatto alzandomi a mia volta, in preda alla rabbia.
Sono stanco di lui, stanco di essere giudicato, di essere il figlio sbagliato.
"No, ragazzino, sei tu che non conosci me. Perché non provi a renderti utile e non ti guadagni una borsa di studio? Credevo ti importasse del tuo futuro."
"Io voglio solo essere normale, cazzo!"
"Non parlarmi in questo modo, figlio di puttana!" urla lui che batte un pugno sul tavolo.
Mamma sobbalza di conseguenza e guarda papà intimorita.
"Bob" gli dice.
"E tu smettila di dire Bob, sembra che nessuno di voi capisca la gravità della situazione! Questa città, questa città è maledetta, e sappiamo tutti di chi è la colpa: gli amici di tuo figlio sono il male!"
Papà sta perdendo completamente la testa; presto finirà per cadere sul pavimento e io non credo mi presterò ad aiutarlo.
"No papà, tu lo sei" rispondo furiosamente.
Mi tira uno schiaffo sulla guancia.
Il rumore del colpo rimbomba nelle mie orecchie e mia madre sobbalza ancora, scioccata.
Rimango immobile, destabilizzato di fronte a un gesto simile.
Erano anni che non mi colpiva.
"Fila in camera tua e resta chiuso lì finchè non cambierò idea" ordina papà che piano riprende fiato.
Non me lo faccio ripetere due volte e, davanti al suo sguardo rabbioso, corro in camera mia.
Chiudo la porta con forza e mi stendo sul letto, portandomi entrambe le mani tra i capelli.
"Cazzo! Cazzo! Cazzo! Figlio di puttana! Stronzo di merda!" impreco pensando a come mia madre sia rimasta ferma e agli occhi ricolmi di odio di mio padre, dell'uomo secondo il quale non sono mai abbastanza.
Piango in silenzio, proprio come facevo da bambino quando non volevo che lui mi sentisse e mi definisse una femminuccia.
Poi ricordo ancora le sue parole:
"Sei un ragazzino Alec, uno stupido ragazzino!"
Quelle urla sono chiare nella mia testa, papà mi ricorda quanto io sia inutile, un buono a nulla.
Alzo la testa dal cuscino nel sentire un rumore proveniente da sotto il letto.
Qualcuno, o qualcosa, si sta muovendo; striscia lentamente e fa cigolare il pavimento.
Divento freddo come il ghiaccio, il mio cuore batte più veloce e mi alzo in piedi.
Qualcuno bussa nascosto sotto il letto, facendolo tremare.
Indietreggio. Non respiro in modo regolare e le mani incominciano a tremarmi.
Quando non sento più bussare, mi fermo. Non muovo un passo e guardo il mio letto con terrore.
Passa qualche secondo e non accade nulla. C'è un silenzio tombale nella stanza e tutto sembra essere tornato alla normalità.
Sospiro esasperato e mi asciugo alcune lacrime sul volto, poi mi dirigo in bagno.
Lascio la porta socchiusa e, proprio in quel momento, vengo afferrato alle spalle.
Vorrei gridare ma la persona dietro di me mi tappa la bocca, scoppiando a ridere in seguito.
Riconoscerei questa risata tra mille, è una delle più belle che le mie orecchie abbiano mai avuto il piacere di ascoltare.
"Emily" affermo voltandomi verso di lei.
"Dovevi vedere la tua faccia, sembrava stessi per svenire" si prende gioco di me e ride allegramente.
Non ci vuole molto prima che perda la pazienza:
"Sei pazza? Mi hai quasi fatto avere un infarto!"
"Volevo farti uno scherzo."
Non smette ancora di ridere.
"Bene, ottimo lavoro, sono quasi morto."
Ora non ride più e mi guarda con tenerezza.
"Sei un cagasotto" asserisce, ma non in maniera arrogante o cattiva, con dolcezza, scherzosamente.
"No, non è vero, è che mi spavento facilmente."
"Lo sai che questa è proprio la definizione di cagasotto?" chiede con un pizzico di saccenza.
"Vaffanculo, con tutto quello che ci è capitato faccio bene ad aver paura; ricordo ancora la Blanchard mentre cercava di uccidermi."
"Calcolando che adesso il suo corpo si trova in una bara e che stanno ancora cercando una nuova professoressa di economia, direi che sei fuori pericolo" scherza e io la guardo sbilenco.
Sono morte così tante persone, perfino Aiden; spero che prima o poi New Hope possa ritrovare la pace.
"Lo so che ci stai male, ma adesso è finita, Aaron deve aver spaventato Anastasia e tutti gli altri fantasmi sono scappati" prova a rassicurarmi.
"Già, ma li hai visti? Loro non erano come te, perché tu sei così..."
Mi blocco; non riesco proprio a trovare la parola adatta per definirla.
"Normale?" domanda e sorride.
Annuisco con imbarazzo.
"Più un fantasma è cattivo, più mostra la sua forma peggiore, un po' come i rinati con il lato oscuro. Io non ho mai ucciso nessuno, quindi sono rimasta me stessa" dice.
"Hai fatto proprio bene allora, perché sei bellissima" replico e i suoi occhi sembrano illuminarsi dalla gioia.
Mi avvicino a lei e le sposto una ciocca di capelli dietro all'orecchio delicatamente.
Mi guarda negli occhi intimidita dal mio tocco.
Mi fa sentire al sicuro, come se mi stessi innamorando per la prima volta.
Poso le mie labbra sulle sue ma non la bacio, aspetto che sia lei a farlo, che apra la bocca così da cercare un contatto con la mia.
Il nostro bacio nasce con naturalezza e da una parte mi terrorizza: è così puro che ho paura di rovinarlo.
Se all'inizio ci baciamo quasi con timore, dopo un po' i nostri nervi si sciolgono e desideriamo entrambi un contatto più aggressivo.
Spingo Emily verso il lavandino, rischiando di far cadere gli spazzolini.
Le scappa una breve risata.
Continuo a baciarla, accarezzo i suoi capelli biondi e morbidi che profumano di balsamo al cocco.
I suoi sospiri aumentano di frequenza quando la bacio con la lingua, non con foga ma come lo farebbe qualcuno che ha paura di esagerare.
"Alec, aspetta" mi ferma nervosamente.
"Che c'è? È troppo?" chiedo affannato.
"No, è che...io non ho mai baciato in questo modo" risponde insicura.
Sorrido come d'istinto; nemmeno io l'ho mai fatto, mi sento meno solo.
"Ci andrò piano" dichiaro prima di baciarla senza rispettare ciò che ho appena detto:
cerco disperatamente un contatto con la sua lingua e la bacio velocemente, tirandole i capelli per avvicinarla di più a me.
Emily geme e si lascia andare stringendo il mio braccio.
Siamo eccitati e non vogliamo fermarci; ho aspettato per tanto tempo che una ragazza mostrasse interesse per me e adesso è tutto perfetto, forse troppo per non credere si tratti di un sogno.
"Alec, devo dirti una cosa" mi interrompe ancora, posando una mano sul mio petto.
"Fallo dopo, non fermiamoci" rispondo baciandola voracemente.
Lei ricambia per alcuni istanti, poi mi ferma.
"No, è importante" dice e ora sembra preoccupata, come se pensasse che quello che dirà potrebbe cambiare le cose tra noi.
"Che succede?" domando confuso.
Esita a rispondere e, quando sta per aprire bocca, papà bussa alla porta.
"Alec, apri questa maledetta porta, ho cambiato idea, devi finire di cenare!" mi intima con rabbia.
Emily mi guarda preoccupata e chiede:
"Che vuole tuo padre?"
"Nulla, è meglio se te ne vai, lui è...è un tipo severo" rispondo.
Non vorrei mai che si ritrovasse ad avere a che fare con un uomo come mio padre.
Emily cerca di ribattere ma non glielo permetto:
"Vattene" dico austero.
Le viene da piangere ma non posso lasciarmi intimidire dai suoi occhi lucidi, non ora.
"Ti prego" continuo abbassando il tono della voce.
Emily mi fissa per qualche secondo, poi si allontana da me.
Non dice nulla e salta fuori dalla finestra.Spazio autrice:
Direi che il padre di Alec può essere ufficialmente votato come peggior personaggio della storia.
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Undead 2 (Il Libro Degli Spettri)
ParanormalA New Hope arrivano nuovi misteri, sta volta si tratta di due bambine che seminano il terrore per tutta la città, risucchiando la vita delle persone. Zoe si ritroverà a combattere contro i suoi sentimenti, contro i demoni del suo passato e contro ci...