4: Zoe

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Raggiungo con Sam la stazione di polizia, ci teletrasportiamo nell'ufficio del detective Roger e ci nascondiamo dietro a una poltrona, posizionata accanto alla libreria contenente i vari fascicoli; questo penso sia il posto dove il detective Roger mangi qualsiasi genere di schifezza mentre sua moglie non può vederlo.
"È assurdo, fino a qualche giorno fa credevo fossero finiti i problemi e adesso abbiamo un nuovo cadavere, quella povera donna era venuta qui in vacanza e guarda com'è andata" parla il detective Roger, rivolto alla sua assistente.
È una donna bassina e magra, porta i capelli corti e rasati sui lati, di un colore rosso acceso, e ha stampata in volto un'espressione dura, che le mette in risalto le rughe della fronte.
"Dovevamo aspettarcelo, New Hope non è mai stata una città fortunata, e poi chi cavolo ci verrebbe mai qui in vacanza? A Natale per di più" risponde lei.
"In effetti è strano, ma non è questo il punto, il suo corpo era come...prosciugato dalla vita, non aveva segni di graffi o di armi, come diamine è stata uccisa?" chiede il detective.
"Veleno, probabilmente."
"Stanno facendo ancora gli esami, ma ci sarebbero stati segni anche in tal caso, è tutto troppo strano."
I miei sospetti non possono far a meno di intensificatsi ascoltando questo discorso.
Potrebbe esserci un collegamento tra la possessione di Sarah e la morte della donna sul treno.
Sam mi rivolge un'occhiata ricolma d'ansia che io ricambio subito, annuendo come se avessi capito cosa stia cercando di dirmi.
"Ti stai facendo troppi pensieri, che cosa pensi l'abbia uccisa? Un fantasma?" scherza quella donna; non ha l'aria di essere molto empatica e, per un breve attimo, penso anche a quanto il mio sarcasmo inopportuno possa risultare fastidioso in momenti del genere.
"No, non esistono queste cose."
Il detective Roger ride sgradevolmente.
Il suo gesto dura qualche attimo, finché non si ferma all'improvviso e guarda la sua collega dritta negli occhi.
"Non esistono, vero?" chiede poi.
Lei si insospettisce e, alzando gli occhi al cielo, si abbandona a un sospiro esasperato.
"Tutte le ciambelle che mangi a colazione ti stanno dando alla testa" ribatte con tono sardonico.
"È già tanto che posso mangiarle, e poi sono integrali."
"Chi se ne importa, Ray?"
"Sono nervoso se non assumo abbastanza zuccheri durante la giornata, e questo vuol dire che non riesco a lavorare."
Non posso credere siano passati dal parlare di un omicidio a discutere della sua stupida dieta.
"Allora non ci sarà molta differenza dal solito" dice la sua collega e io per poco non scoppio a ridere, rischiando di farmi scoprire.
"Shh" sussurra Sam dandomi un colpo sul braccio.
"Scusa" rispondo, sempre a bassa voce.
"Te l'hanno mai detto che sei antipatica a volte?" domanda il detective Roger alla sua collega.
"I miei figli, tutti i giorni, ma almeno non mi faccio prendere dalle emozioni come te."
"Non è affatto vero che mi faccio prendere dalle emozioni."
Ride nuovamente e lei lo sfida con uno sguardo acuto.
"Kim, non è vero, io sono diplomatico, e risolverò questo caso, e anche il precedente, troverò questi killer e li metterò dentro per il resto della loro vita" il detective parla risoluto.
"Buona fortuna, io intanto mi prendo un caffè" replica lei.
"Ne voglio uno anche io."
"Ok, ti aspetto alla macchinetta allora."
"Ma, intendevo che tu dovresti..."
Il detective Roger ha appena pronunciato le prime parole quando la porta viene chiusa alle sue spalle; Kim è andata via senza neppure ascoltare ciò che aveva da dire.
"Portarmelo" termina lui, scuotendo la testa e giocando poi con il distintivo tra le sue mani.
"Andiamo via" sussurro alla mia amica.
Mi teletrasporto fuori dalla stanza e raggiungo il marciapiede.
Sam mi segue e quasi mi cade addosso.
Ridiamo spontaneamente e ci allontaniamo di qualche centimetro l'una dall'altra.
"Stavamo per scontrarci, dovremmo imparare a coordinare il teletrasporto" dico.
"Come facevo a sapere che saremmo finite nello stesso punto?" chiede ridendo.
"Almeno non siamo finite in posti diversi."
"Già, sarebbe stato peggio."
Ci guardiamo negli occhi e i suoi, illuminati da una gioia che mi trasmette allegria, per un attimo paiono quelli di un essere umano. Nessuna delle due dice nulla, finché non sospiro.
"Che cosa singnifica tutto questo? Come può qualcuno averle prosciugato la vita?" domando.
"Qualcuno di umano di certo non può averlo fatto, ma noi sappiamo che non si tratta di quello" risponde Sam.
"Ma allora di cosa?"
Guardo verso l'alto e lascio che l'ansia prenda pieno controllo del mio corpo.
Aaron l'avrebbe di sicuro saputo e se fosse qui ci darebbe una mano, perché il desiderio di essere l'unico cattivo in città è anche più forte del suo menefreghismo.
"Non lo so, ma vorrei tanto che Justin e Aaron fossero qui per dirci che non accadrà nulla" dichiara Sam malinconicamente.
Abbassa il capo mentre io mi concentro sull'angoscia presente nel mio stomaco; mi ricorda come Justin mi abbia abbandonata e come, privo di alcun interesse, non mi abbia mai mandato alcun messaggio.
Non gli importa di me, non lo tormenta il pensiero che io possa addormentarmi con il costante bisogno di risvegliarmi e trovarlo al mio fianco, come non gli importa l'avermi spezzato il cuore e averlo calpestato con il suo disinteresse.
"Lo vorrei anche io" bisbiglio mordendomi il labbro inferiore, trattenendo, con scarsi risultati, la tristezza.
Torno a casa e incontro immediatamente lo sguardo preoccupato di mio padre.
"Ma dove sei stata tutta la mattina? Dopo ieri sera ho avuto paura che ti fossi messa nei guai" dice, camminando con passo nervoso nella mia direzione.
"Ho parlato con Claire, magari lei ci avrebbe aiutato a capire cosa fosse accaduto."
"E l'ha fatto?" chiede papà.
"Secondo te?"
Di fronte alla mia irritazione, non ci mette molto a capire.
"Ma tu hai studiato occulto all'università, giusto? Hai mai visto qualcosa del genere?" gli domando.
Papà ha dedicato la sua intera vita a studiare i fenomeni paranormali e io l'ho scoperto solo due settimana fa; avrò bisogno di tempo per metabolizzare e per accettare che, fino a questo momento, la mia intera vita era solo un cumulo di bugie.
"Ho sempre cercato di tenermi lontano dal tema della possessione, è complicato e anche molto pericoloso, mi dispiace piccola" risponde, avvicinandosi a me per accarezzarmi il volto. Non glielo permetto, indietreggio e lo guardo indisposta.
"Però non demordere, ce la puoi fare anche da sola, usa i tuoi poteri per scoprire la verità" continua, capendo che non ho alcuna voglia di ricevere affetto da parte sua ora.
"No, tu non capisci, senza Justin io mi sento...non saprei nemmeno descriverlo, lui mi ha fatto scoprire cosa fossi e ora che non c'è non mi sento in grado di fare nulla."
Mi dispero.
Non utilizzo più i miei poteri, a volte ne sono persino spaventata e non credo di essere forte, dato che la mia energia mi sta piano abbandonando.
"Sul serio? Stai attribuendo a Justin il motivo della tua forza? Lui ti ha solo messo sulla giusta strada, il resto è stato merito tuo, quindi tira fuori quella grinta che ho visto nei tuoi occhi mentre affrontavi il lato oscuro, perché presto potrebbe servirti" dice con veemenza.
Un turbine di pensieri negativi mi cattura, si insinuano nel mio cervello, lo controllano e mi indeboliscono, rendendomi impotente.
La forza che un tempo faceva parte di me, quel luccichio di adrenalina e eccitazione che avevo scoperto con Aaron, stanno svanendo completamente, lasciando spazio alla vecchia e impaurita Zoe Evans.
"Non so se ce la faccio" rispondo.
Non gli do il tempo di opporsi, correndo al piano di sopra rapidamente.
"Zoe, devi credere in te stessa!" urla.
Credere in me stessa, non so nemmeno più cosa voglia dire e, in verità, non credo di averlo mai fatto.
Mi chiudo in camera e sbatto la porta con rabbia, pensando a quanto sia orribile questo Natale, come tutti gli altri d'altronde, da quando la mamma ha deciso di uccidere entrambe.
Cammino verso lo specchio e osservo il mio riflesso, sperando che da un momento all'altro troverò tutte le risposte di cui ho bisogno, che Aaron si presenti qui e mi provochi come ha sempre fatto, per poi dirmi che tra tutte le minacce che esistono al mondo non ce ne sarà una peggiore di lui, perché non potrei sopportarlo.
Tutto d'un tratto, il mio riflesso sembra perdere forma e il nero dei miei occhi pare assumere un'intensità maggiore; mi sto trasformando ancora una volta in un demone.
Aggrotto la fronte e indietreggio turbata.
Il mio riflesso si riempie di rughe e un taglio sanguinante appare sulla mia guancia.
Mi tocco subito il viso, terrorizzata all'idea che ciò possa star accadendo davvero. Sto bene, non ho alcuna ferita e questo rende il tutto ancora più macabro e inspiegabile.
Un ghigno compare sulle mie labbra nello specchio e la mia versione alternativa incomincia a ridere.
Adesso non sono più io.
"Non è possibile..." biascico spaventata, senza smettere di indietreggiare.
Muovo un altro passo e il mio corpo va a scontrarsi con quello di un'altra persona.
Grido istintivamente e non giro subito il capo, come se una parte di me sapesse che alle mie spalle ci sia qualcosa di terribile ad aspettarmi.
Mi volto e mi ritrovo davanti una bambina dallo sguardo spento e il viso pallido.
I suoi occhi sono neri, proprio come i miei, ma hanno un non so che di gelido al loro interno, che mi impedisce di fissarli senza provare terrore.
"Devo prendere la sua anima" dice.
La sua voce è sottile, un suono leggero e meccanico, che mette i brividi.
Punta un dito contro lo specchio e io mi volto nuovamente verso quest'ultimo.
L'urlo che esce dalla mia bocca è strozzato e non ho potuto far nulla per reprimerlo.
Nel riflesso c'è mia madre, ricoperta di sangue e stesa su un prato circondata da fiori morti.
Ha gli occhi chiusi, il suo corpo è inerme e indossa un lungo vestito, sporco anch'esso della sostanza rossa e viscida.
Mi porto una mano allo stomaco e lo sento ancora, il cuore nel mio petto che batte velocemente, come se, per un breve istante, fossi tornata umana.
I ricordi mi stanno distruggendo, il rumore della macchina che sfreccia sulla strada e la pioggia che picchia sul finestrino con violenza; sono di nuovo la bambina di sei anni che pregava sua madre di fermarsi e di non farle del male, mentre piangeva disperata e si chiedeva dove avesse sbagliato.
"Zoe, che succede?" domanda mio padre.
È corso da me e, nel momento in cui mette piede nella stanza, tutto torna alla normalità e la bambina svanisce nel nulla.
Sono ancora pietrificata, il mio respiro è veloce e ho paura.
"L'ho vista...ho visto la mamma" dico poco dopo, con un filo di voce.
Lui mi fissa sconcertato.
È pallido adesso e non riesce a dire una parola.

Undead 2 (Il Libro Degli Spettri)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora