25: Zoe

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La chiesa.
È un posto dove ho messo piede solo una volta nella mia vita, l'anno scorso, al funerale dei ragazzi del club di scienze.
Ricordo che mio padre era nervoso, forse aveva paura che mi fossi dimenticata di cospargere l'acqua santa sulla mia pelle, oppure pensava non sapessi ancora la verità sul mio passato.
La questione di Padre Ernest e di Jasmine non ha ancora abbandonato i miei pensieri e sono sicura che, una volta entrata in chiesa, nuovi brividi si insinueranno lungo tutto il mio corpo.
In ogni caso, non sono abituata ad entrare nei luoghi sacri; li ho visti in foto, o nei libri scolastici, adesso,  invece, dovrò cercare aiuto proprio in questo posto.
Non mi considero una persona religiosa, non ho mai prestato troppa attenzione a questo aspetto della mia vita e, quando ho perso mia madre, ho smesso anche di avere speranza che qualcuno mi stesse proteggendo da lassù.
Se penso che la persona che mi ha riportato indietro è proprio il re della morte e non qualche entità positiva,  mi si forma un nodo nello stomaco.
Una volta entrati in chiesa, Aaron prende dell'acqua santa e se la mette in fronte, sotto al mio sguardo perplesso.
"Te la sei già messa prima, che fai?" chiedo.
"Mi piace avere la pelle idratata" risponde ironico e io scuoto la testa ridacchiando.
Camminiamo lungo la stanza e i rumori dei nostri passi rimbombano sulle pareti.
"È stata una pessima idea chiedere a Justin di restare con Sarah, potrebbe farsi male" parlo a bassa voce.
"Qualcuno doveva pur restare con quella matta, e di certo non l'avrei fatto io; ho già pensato a sua madre ed è stata una noia mortale" replica Aaron.
"Andiamo, scommetto che non hai trovato Alec così noioso; ha i suoi pregi anche lui."
Sorrido scaltra.
"È un nerd idiota che vive in una casa piena di roba che sembra provenire dal set di ritorno al futuro."
Lo guardo divertita e il sorriso di poco fa diventa sempre più evidente.
"A me piace."
"E a me fa vomitare. Ora, per favore, possiamo non parlare di Alec e cercare padre Peres?"
È questo il nome del prete che ha preso il posto di Padre Ernest e della persona che speriamo ci dia una mano a salvare Sarah.
"Qualcuno mi ha chiamato?"
Una voce a me sconosciuta mi fa sobbalzare e mi volto verso l'uomo che ha appena parlato.
È un signore anziano, i suoi capelli sono bianchi e ne sono rimasti davvero pochi; indossa una tunica nera che gli arriva fino ai piedi.
A differenza di Padre Ernest, l'aura che lo circonda non fa paura ma mi tranquillizza. Mi chiedo se sappia qualcosa dei sacrifici umani che il suo predecessore attuava fino a qualche mese fa.
Ci scruta con attenzione mentre le rughe sul suo volto mi saltano all'occhio.
"Padre, è un piacere rivederla" risponde Aaron sorridendo malizioso.
Aaron mi ha raccontato di conoscere Padre Peres e che, quando frequentava il centro per bambini problematici, lui si occupava di fornire cibo per la mensa.
Padre Peres non muove un passo, si limita a guardarci con aria fin troppo seria.
"Anche per me, Aaron" risponde l'uomo.
"Non è strano che sia così serio?" domando ad Aaron.
"Lui è fatto così, ma almeno non fa a pezzi le ragazze vergini" mi sussurra Aaron che si lascia anche scappare una risata.
Ciò dimostra che non non ha alcun senso di colpa riguardante l'omicidio degli amici di Alec e che, se tornasse indietro, lo rifarebbe altre mille volte.
"Ok, è davvero strano" dico.
"Siamo noi quelli strani qui, credimi." Arriccio con poco entusiasmo il naso e mi zittisco.
"Suppongo che siate venuti qui per parlare delle morti misteriose in città" enuncia padre Peres mentre cammina verso l'altare dov'è posizionata la statua della Vergine Maria.
Questo posto mi mette i brividi, sarà perché non c'è nessuno a parte noi, o per l'atmosfera cupa, ma vorrei solamente andarmene il prima possibile.
"In parte è così, ma c'è molto di cui dobbiamo parlare" risponde Aaron.
"Purtroppo non ho molto tempo; oggi ci sarà una cerimonia per le vittime degli omicidi."
Il tono di padre Peres resta sempre pacato e profondo.
Mi rendo conto che la statua di Gesù crocifisso si trova proprio davanti a me e non posso fare a meno di guardarla con aria esterrefatta.
"È stata realizzata almeno duecento anni fa da uno scultore di nome Patrick Flyn" mi comunica Padre Peres, che deve aver notato il mio particolare interesse.
"È magnifico" affermo sorridendo.
"Se riesci ad apprezzare l'arte di sicuro anche la tua anima lo è" replica e Aaron scoppia a ridere; sa perfettamente che la mia anima è tutto fuorché magnifica e ciò lo diverte molto.
"Non lo è" sussurro disperata.
"Tornando al discorso di prima, sono tempi bui per New Hope; questa città è sempre stata maledetta ma adesso...adesso è tutto diverso."
Padre Peres riprende a parlare.
"Padre, è davvero importante, non l'avrei disturbata se non fosse stato così" insiste Aaron.
"Oh figliolo, ne sono certo, non venivi in chiesa da così tanto tempo che pensavo ti avrei rivisto solo il giorno del tuo funerale."
Padre Peres ridacchia e io inarco un sopracciglio con aria interrogativa.
Aaron ride insieme a lui, ma nervosamente.
"Ha un pessimo umorismo, lo so" bisbiglia poi al mio orecchio. 
"Ascolti, so che potrà sembrare assurdo ma abbiamo bisogno del suo aiuto" ripete Aaron.
"Questo l'avevo già capito. Cosa vi serve, precisamente?"
Io e Aaron ci guardiamo agitati.
"Ci serve una mano per un esorcismo" dico, ricevendo uno sguardo sconvolto da parte sua.
Padre Peres impallidisce e si porta una mano alla fronte.
"Questo è...è impossibile" risponde.
"Lo sappiamo ma è una questione di vita o di morte" dichiaro.
"E chi sarebbe la persona in questione?" chiede, senza guardarci più negli occhi.
"Sarah Hock, una nostra compagna di scuola."
Nel sentirmelo dire, padre Peres riporta il suo sguardo su di noi.
"Siete sicuri che sia posseduta? A volte scambiamo malattie mentali per comportamenti del demonio, è facile confondersi" dice.
"Credo che sta volta sia diverso, e lo vedrà con i suoi occhi" risponde Aaron mentre sembra farsi sempre più nervoso.
"È da anni che non pratico un esorcismo, speravo che quel genere di male non sarebbe più tornato a New Hope. Mio Dio..." sussurra alla fine Padre Peres, baciando poi la croce che si porta legata al collo.
"Solo lei può salvare quella ragazza, Padre" continua a pregarlo Aaron.
Perché sta facendo tutto questo? E, soprattutto, perché pare importargli davvero?
Odio la confusione che è in grado di scaturire nella mia testa e come mi faccia sentire destabilizzata.
"Solo io..."
Padre Peres abbassa il capo, poi sospira tristemente.
Qualcosa non va in lui; il suo atteggiamento risulta sospetto ai miei occhi, ma ho paura che sia la nostra unica opzione. 
"Posso farlo domani" afferma deciso.
"Potrebbe essere troppo tardi" dico.
"Ho bisogno di tempo per prepararmi, non è un processo facile e non ho intenzione di fare del male alla ragazza."
"Ma..."
Mi interrompe.
"Lo farò domani" annuncia serio in volto.
Capisco di non poter ribattere e annuisco rassegnata.
Padre Peres è stato chiaro:
l'esorcismo avverrà domani e nulla gli farà cambiare idea.
Usciamo dalla Chiesa e mi siedo con Aaron sugli scalini che conducono all'entrata.
"Non so se sia una buona idea" gli dico.
"A questo punto, qualsiasi cosa faremo potrebbe andare di merda, tanto vale rischiare" risponde.
"E se padre Peres si facesse male? Se morisse durante l'esorcismo?" chiedo allarmata.
"Non può succedere, sa quello che fa."
"Sembra che lo conosci bene per essere solo un uomo che portava del cibo nella mensa." 
"Quando zia Claire non mi voleva a casa, da piccolo, mi faceva un bel bagno nell'acqua santa e mi spediva qui con gli altri ragazzini della parrocchia."
Lo guardo con tenerezza nel sapere che sua zia l'abbia sempre respinto, in qualche modo.
"Ma poteva andarmi peggio; se mi avesse voluto morto mi avrebbe lasciato entrare senza l'acqua santa." Ridacchia ironicamente.
Aaron non piange sul latte versato, trasforma il suo dolore in qualcosa che lo faccia ridere e non se ne lamenta mai veramente; invidio la sua capacità di reagire ai problemi.
"Sai, nonostante tutto, lei si è sempre presa cura di noi, anche di Justin; gli ha insegnato quello che doveva sapere, suppongo per proteggere Bill e per evitare che Justin scoprisse che lui sapesse tutto" continua.
"Bill ha rovinato molte cose" replico stizzita.
"Puoi ancora rimediare; Justin ci sta provando a fare pace."
Lo guardo di traverso.
"Credimi, a volte mi piacerebbe tanto tornare a come eravamo prima che andasse via, ma sono come bloccata."
"Sbloccati allora" mi prende in giro.
"Non è così facile" ribatto ridendo.
"'Non è così facile' è la frase più stupida al mondo; tutto è facile se ci tieni davvero e, se ti lasci scappare dalle mani la felicità, vuol dire che non la meriti" dice, lasciandomi senza parole.
Non pensavo che Aaron potesse vederla così, che sapesse anche lontanamente cosa volesse dire essere felice.
"E, fammi indovinare: tu credi di non meritarla" affermo e lui scuote il capo, come se non volesse essere messo sotto esame.
"Credi di non meritarla, Aaron, ma non è così; tutti meritano di essere felici, anche solo per un secondo" continuo mentre i muscoli del suo viso si tendono.
"Io sono un assassino" dice in un sussurro colmo di disperazione.
Lo guardo attentamente, con il cuore che mi si spezza ma con la rabbia che provo nel vedere come si sia rovinato la vita per i suoi capricci da psicopatico.
"Non merito nulla" aggiunge irritato. 
Quando alza gli occhi verso di me,  incontra il mio sguardo triste puntato su di lui.
"Magari qualcosa la meriti" dico  avvicinandomi leggermente al suo volto.
Aaron mi guarda negli occhi  incantato, come se fossi tutto ciò che desidera; ma non è così perché, se lo fosse, sarei già nel suo letto adesso.
"Che cosa?" chiede lui sfiorando per alcuni secondi le mie labbra, così da farmi impazzire.
Lo voglio, desidero baciarlo e sentire le sue mani sul mio corpo, mentre lo esplorano e si divertono ad accarezzarlo con passione.
Sto per dire qualcosa ma il mio cellulare prende a suonare e torno alla realtà.
Mi rendo conto di cosa stessi per fare e di quanto sia stata stupida; non posso baciare un tipo come Aaron, sarebbe da matti.
"Scusa, devo rispondere" dico afferrando il cellulare.
Aaron si lecca le labbra, reprimendo una smorfia.
"Certo" dice, ma è chiaramente infastidito.
Leggo il nome di Alec sullo schermo.
"Alec, che succede?" chiedo rispondendo subito.
"Zoe, abbiamo un problema, un problema bello grosso" mi dice parlando con fatica; sembra stordito.
"Che hai? Stai bene?" domando impaurita.
"È Joanne, lei è...è riuscita a liberarsi e mi ha colpito, non ho idea di dove sia andata adesso" spiega e, di colpo,  vengo invasa dall'ansia.
"Joanne è scappata e ha ferito Alec" dico ad Aaron, che si mette sull'attenti.
"Ho bisogno d'aiuto, e anche presto; lei andrà dalla polizia" afferma Alec con agitazione.
Posso sentirlo alzarsi in piedi e far cadere qualcosa.
"Ci vado io, tu va da Justin" mi intima Aaron alzandosi in piedi.
"Sei sicuro?" domando.
"Mai stato più sicuro. Forza!"
Aaron inizia a correre e si teletrasporta via, lasciandomi sola.
"Non dirmi che sta venendo Aaron, ti prego" si lamenta Alec frustrato.
Non rispondo, mi limito a imprecare sotto voce.
"Fanculo!" sbraita lui, prima di porre fine alla chiamata.

Spazio autrice:
Ok ci saranno molti guai nel prossimo capitolo, preparatevi.

Undead 2 (Il Libro Degli Spettri)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora