14 - In ostaggio

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Svegliata da un frastuono, apro di scatto le palpebre. Thomas si sta reggendo un ginocchio con entrambe le mani e accanto a lui, sul pavimento, c'è la lampada che, prima di addormentarmi, avevo visto sul comodino. Mi passo una mano sul volto e cerco di sembrare il meno possibile intontita.

«Che cosa è successo?»
Indossa unicamente i pantaloni della tuta. Sono grigi e larghi. «Dobbiamo già andare in negozio?»

Lui ride e si rialza. Si siede sul materasso e inizia ad accarezzarmi i capelli. «Non hai nessun turno oggi» , mi ricorda. «E, anche se lo avessi avuto, non ti avrei comunque fatta scendere di casa alle sette del mattino» , aggiunge.

Mi stropiccio gli occhi. Sono soltanto le sette? «Perché sei già sveglio?»

«Devo andare a pulire il disastro che ho combinato nel mio ufficio.»

Resto in silenzio e inizio a ricordare gli avvenimenti della sera precedente. Mi tornano in mente Christopher, Corey, Léon, Thomas e la sua incapacità di gestire la rabbia. «Vengo ad aiutarti.»

Faccio per alzarmi, ma mi porta una mano sulla spalla per tenermi distesa sul letto. «Rilassati e resta a dormire. Ti ho preparato anche la colazione.»

Mi sfugge un sorriso. «Quindi, non stavi venendo a svegliarmi?»

Ride e scuote il capo. «No, era esattamente ciò che volevo evitare. Stavo venendo a darti un bacio prima di scendere, ma sono andato a sbattere contro il comodino e ho fatto cadere la lampada» , mi informa. Mi mordo il labbro inferiore per trattenere una risata e mi copro la bocca con il lenzuolo per non farglielo notare. «Lo trovi divertente?» Inarca un sopracciglio.

«No» , sussurro con poca convinzione.

Ghigna e poi si posiziona a cavalcioni su di me per iniziare a solleticarmi il collo. Scoppio a ridere e cerco di spingerlo via. «Pensi che sia maldestro?»

«Un po'» , ammetto, quasi con le lacrime agli occhi. Riesco a gettarlo sul materasso e mi posiziono con le braccia incrociate, su cui poso il mento, sul suo torace. Mi accarezza una guancia e io sorrido mentre lo guardo. Si dà una leggera spinta per sollevarsi e mi bacia per poi ricadere con la testa sul cuscino. Gli porto le mani sulle guance e gli sfioro una tempia con le labbra. Si alza e mi spinge sotto di lui per poi baciarmi di nuovo. Mi guarda dall'alto e sorride. Si distende su un fianco accanto a me e mi stringe fra le sue braccia. «Non andartene» , quasi lo supplico.

«Devo» , mormora, prima di darmi un bacio sulla fronte.

Mi accarezza la schiena e io gli porto una mano su una spalla. «Se andrai via prima di me, quando uscirò non potrò chiudere a chiave la porta. Vuoi forse rischiare che ti entrino i ladri in casa?» , tento di convincerlo.

Ride. «Pensi che sia così poco previdente? Ho già deciso di lasciarti le chiavi dell'appartamento.»

Sorpresa, schiudo leggermente le labbra. «Ti fidi di me?»

«Certo» , sussurra, prima di accarezzarmi una guancia. Mi bacia e poi si mette seduto. Triste, sospiro. «Riportamele in negozio, dopo essere scesa» , afferma. Mi limito ad annuire. «E sorridi. Non ti sto affidando un compito in qualità di tuo datore di lavoro, sto soltanto trovando una scusa per vederti di nuovo prima che finisca la giornata.»

Ammicca e arrossisco. Mi sembra tutto così surreale. Non voglio ancora chiedergli di ieri. Non voglio parlare del suo problema adesso e rovinare questo momento.

•••

Sono le otto e mezza del mattino e pare che Faith non sia ancora in negozio. Entro nello studio di Thomas e gli sorrido. Quasi non mi nota. Sembra particolarmente turbato e decisamente diverso da quando eravamo a casa sua. Mi avvicino alla sua scrivania e gli lascio sotto al viso le chiavi che mi aveva affidato. Solleva la testa e mi ringrazia. Il suo sguardo è spento. Preoccupata, gli passo una mano fra i capelli. Mi blocca le dita e, sorpresa, mi irrigidisco.

Gli erediDove le storie prendono vita. Scoprilo ora