Prologo - Christopher

808 109 15
                                    

Mi hanno sfrattata, è vero, ma non ritornerò a Stafford dai miei genitori. Dormirò per strada e mangerò le poche caramelle gommose alla frutta che mi sono rimaste per sopravvivere. Mi cercherò anche un nuovo lavoro, ho deciso.
Sospiro e porto lo sguardo sul cielo plumbeo che mi sovrasta. Domani, magari. Lo cercherò domani. Non ho voglia di alzarmi adesso e qualcosa mi dice che, a breve, scoppierà un temporale. O il diluvio universale, se teniamo in conto la solita fortuna che mi contraddistingue. Faccio aderire meglio la schiena alla mia capiente valigia rossa e maledico mentalmente il mio essere impulsiva. Se potessi tornare indietro nel tempo, eviterei di litigare nuovamente con il capo. Con il mio vecchio capo, anzi, visto che mi ha licenziata.

«Signorina, non può dormire davanti all'entrata del castello.»

Una luce blu mi acceca. Strizzo gli occhi e mi copro istintivamente il volto con un braccio. Fantastico, ci mancava soltanto la polizia! Odio Nottingham. Ti tolgono la casa, il lavoro e non ti lasciano nemmeno fare la senzatetto in santa pace.

«Mi arresti, allora» , provoco l'agente.

E una parte di me spera davvero che lo faccia. Mi alletta l'idea di non dover passare la notte a dormire sotto la pioggia, ma al coperto, anche se in una cella.
Ruoto di poco il capo e allontano l'arto dal mio viso. Sorrido in modo strafottente, ma poi realizzo di avere davanti una mia vecchia conoscenza.
Christopher.
Rischio di strozzarmi con la saliva mentre lui riduce i suoi occhi verdi a due piccole fessure per squadrarmi da capo a piedi e, quando mi riconosce, sorpreso, schiude leggermente le labbra. Lo capisco. E' il nostro primo incontro dopo quasi tre anni. Cerca di formulare una frase sensata, con scarsi risultati, abbassa il capo, si passa una mano fra i capelli castani, non più ricci e apparentemente soffici come un tempo, ma, adesso, più corti, lisci e tenuti fermi in alto con un po' di gel sul davanti, e poi torna a fissarmi.

«Evie?»

Il migliore amico del mio ex sta per arrestarmi. Il migliore amico del mio ex per cui, aggiungerei, ho avuto una cotta stratosferica ai tempi del liceo. Non so cosa dirgli e mi limito ad analizzare in silenzio ogni singolo dettaglio del suo volto. Continua a non crescergli la barba. O, probabilmente, l'ha tagliata.

«Che cosa stai facendo?»

«Sto analizzando i tuoi pori piliferi», rispondo sovrappensiero.

Aggrotta le sopracciglia e mi rendo conto di ciò che ho appena detto. Non ne combino mai una giusta.

«Che cosa ci fai qui a Nottingham?» , formula meglio la sua domanda.

«Ci lavoro» , affermo. Mi gratto il mento con fare pensieroso e poi mi accingo a spiegargli meglio la situazione in cui attualmente mi trovo. «Anzi, ci lavoravo e ci vivevo. Tecnicamente, ci vivo ancora, ma non più in un'abitazione» , preciso. E' confuso, ma, diciamocelo, chi, dinanzi ad una mia spiegazione, non lo sarebbe? Prendo un respiro profondo per farmi coraggio e poi tento di articolare nuovamente, e questa volta in modo decente, il mio pensiero. «Sono stata licenziata e mi hanno sfrattata. Non ci vediamo da molto, ma siamo comunque amici, giusto? Non puoi chiudere un occhio e lasciarmi dormire qui?»

Non saprei, altrimenti, dove andare. Il parco, di notte, è frequentato da tipi loschi e i vicoli bui non mi piacciono. Non posso nemmeno sdraiarmi al centro della strada. E il mio istinto mi suggerisce che, se lo facessi, a Christopher non andrebbe comunque bene. Il poliziotto si passa una mano sulla guancia e sospira.

«Alzati e vieni con me.»

Vuole davvero arrestarmi?

Gli erediDove le storie prendono vita. Scoprilo ora