2 - Corey e Léon

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Ripercorro, per l'ennesima volta, nella mia mente gli avvenimenti di questa mattina di cui ho appena parlato ad Adam.

Ho le dita serrate intorno alla maniglia d'acciaio della porta dell'ufficio di Thomas, ma non riesco a spingerla verso il basso. Faith, la mia collega e doppelgänger, mi rivolge un'occhiata incoraggiante. Lavoro in questo negozio da una settimana, ormai, e il capo continua ad affidarmi come incarico soltanto la pulizia del suo studio e questa cosa non mi sta bene e voglio parlargliene. Mi piacerebbe anche poter interagire con i clienti. Deglutisco e mi decido ad entrare nella stanza di Thomas che, al momento, sta parlando al cellulare. Rotea gli occhi, infastidito dalla mia presenza, e mi indica con un cenno della testa di sedermi su una poltroncina di pelle nera e di attenderlo. Allontana per un istante il telefono dall'orecchio e lo preme contro la sua spalla.

«Che cosa vuoi?» , domanda con acidità.

Per qualche strano motivo, non mi tollera ed è sempre brusco con me.

«Una promozione. Sono stanca di pulire questo ufficio» , rispondo senza troppi giri di parole.

Visibilmente sorpreso, torna per un istante alla sua conversazione per congedare il suo interlocutore con la promessa di richiamarlo al più presto. Lancia il cellulare sulla scrivania di cristallo e, lentamente, mi si avvicina. Temo per un attimo che possa licenziarmi, ma, quando si inginocchia e mi porta una mano sotto il mento, dimentico anche il motivo per cui mi trovo in questa stanza.

«Ne sei sicura, Eveline?»

Mi ritrovo, confusa, a fissare i suoi occhi. Ho sempre detestato il mio nome di battesimo, ma lo pronuncia in un modo così seducente da farmelo amare.

«Credo di sì» , balbetto, imbarazzata.

Sospira e chiude per un instante gli occhi.

«Sei così fragile. Non volevo addossarti il peso di aver a che fare con il genere umano o di dover sistemare pesanti bottiglie di vino negli scaffali ogni giorno, ma, a quanto pare, non apprezzi le mie intenzioni.»

Triste, mi porto una mano sul petto.

«Mi dispiace, non volevo» , mi scuso per non so quale motivo.

Le parole mi stanno uscendo spontaneamente dalle labbra. Schiude lentamente le palpebre e arrossisco sotto il suo sguardo ammaliante.

«Non preoccuparti. Perché non ti prendi il resto della giornata per tornare a casa a riflettere sull'assurdità della tua richiesta e sulla mia gentilezza?»

Deglutisco. Lui, intanto, continua a sorridermi e ad accarezzare con dolcezza la pelle del mio viso.

«Lo farò» , affermo in stato di trance.

Soddisfatto, si rialza. Si pulisce con una mano i pantaloni scuri e poi mi accompagna verso la porta. Esco e lui la richiude alle mie spalle.
Faith, ansiosa, mi si avvicina.

«Come è andata?» , chiede. Come è andata? Scuoto il capo e torno in me. E' andata decisamente male! La castana sospira e si porta una mano sulla fronte. «Sguardo ammaliante? Avrei dovuto avvertirti» , intuisce tutto e si risponde da sola.

Il cugino di Chris addenta il suo panino.

«Quindi, la tua collega ti somiglia molto? Incredibile!»

Gli rivolgo un'occhiataccia. Sta commentando la parte più irrilevante del mio racconto, ovviamente.

«Ti avevo detto di non toccare i miei biscotti al cioccolato!»

Gli erediDove le storie prendono vita. Scoprilo ora