3 - Nessuno tocchi le Jimmy Choo

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«Mi state ascoltando?»

Mando giù una manciata di patatine e volto appena la testa per portare il mio sguardo su Christopher. E' il ventiduesimo giorno di Ottobre e, ormai, viviamo insieme da ben due settimane.

«Fai silenzio» , lo ammonisce Adam. «Sta parlando Pablo.»

Io e il cugino del mio amico, inoltre, abbiamo legato molto. Passiamo la maggior parte del nostro tempo libero stesi sul divano a vedere serie tv.
Il poliziotto, seccato, rotea gli occhi.

«Quando guardate "Cuore e batticuore" siete insopportabili.» Adam, nuovamente, lo zittisce. Chris sbuffa. «Vado in ufficio. Non toccate le scarpe che ho lasciato in camera» , ci raccomanda.

Indossa il suo cappotto blu e lascia l'appartamento.

«Scarpe?» , chiedo.

Adam si massaggia una tempia. «Non lo so» , risponde con una scrollata di spalle. «Del suo racconto ho capito soltanto le parole 'furto', 'refurtiva' e "Johnny Choo".»

Strabuzzo gli occhi e mi metto seduta. «Jimmy Choo?»

Il moro, distrattamente, annuisce. «Sì, una cosa del genere.»

Mi catapulto nella stanza di Chris. Sorrido quando vedo quella che ad un comune mortale potrebbe sembrare una semplice scatola grigia. E, in realtà, lo sarebbe anche, se non ci fosse sopra la scritta dorata "Jimmy Choo". Mi avvicino ad essa con cautela e ne sollevo la parte superiore. Mi innamoro subito degli eleganti stivaletti bordeaux con tacco della nuova collezione che potrei permettermi soltanto dopo aver ricevuto lo stipendio di due mesi. Afferro le scarpe e corro da Adam.

«Devo provarle.»

Il moro sbarra le palpebre. «Chris ci ha detto di non toccarle» , mi ricorda.

«Chris ci dice di fare tante cose e non sempre lo ascoltiamo» , gli faccio notare.

Prova a ribattere, ma lo zittisco e, intimorito, deglutisce.

«Evie, sono soltanto degli stivaletti» , tenta di dissuadermi.

«Zotico!» , gli urlo contro. «Sono delle Jimmy Choo» , preciso. «Stava scherzando» , affermo, iniziando ad accarezzare le scarpe.

Adam schiaccia di più la schiena contro il divano. «Scusami» , sussurra, spaventato.

Vado a sedermi accanto a lui e mi tolgo le ciabatte pelose fucsia. Indosso gli stivaletti e poi mi metto in piedi. «E' una sensazione meravigliosa» , commento, commossa, portandomi entrambe le mani al petto. «Adesso, mi sento meno povera del solito.»

Adam sorride. Si è tranquillizzato. «Ti stanno bene.» Gli sorrido a mia volta. «Ma riesci a camminare? Non porti mai i tacchi.»

Sospiro.

«Certo» , rispondo con poca convinzione. «Ti faccio vedere.»

Inizio a sfilare per il soggiorno. Adam sembra fiducioso. Lo sembra per poco. Perde le speranze quando inciampo nel tappeto e finisco a terra. Si alza di scatto dal divano e corre verso di me. Mi afferra le mani e mi aiuta a mettermi seduta. Mi massaggio una tempia e poi mi guardo le scarpe. Deglutisco e sbarro le palpebre. Adam, quando nota il tacco rotto, fa lo stesso. Sono nei guai. Sono nei guai fino al collo.

«E adesso che facciamo? Hai appena distrutto la refurtiva recuperata.» Refurtiva recuperata. Non credo di sentirmi bene. Già mi immagino dietro alle sbarre. Il panico assale anche il moro. «Credi che potremmo aggiustarlo?» Afferra lo stivaletto e me lo mostra in cerca di una risposta.

Scuoto la testa.

«La polizia noterebbe il danno» , affermo. Prendo un respiro profondo. «Tenterò un'impresa impossibile.»

Gli erediDove le storie prendono vita. Scoprilo ora