43 - Intrusi

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Urto accidentalmente l'armadio con la testa e mi sveglio. Accanto a me non c'è nessuno. Letha, a quanto pare, è già scesa. Indosso le ciabatte e raggiungo il corridoio. Anche la stanza di Corey e Léon è vuota. Sbuffo. Non mi hanno aspettata per continuare le ricerche. Entro in bagno e mi sciacquo la faccia. Fisso il mio riflesso allo specchio. Occhiaie profonde mi solcano il viso, ma decido di non dare eccessivamente peso alla cosa, anche se mi sento orribile. Lascio la camera dopo un po' e, sorpresa, sussulto quando trovo Thomas intento a fare colazione in soggiorno. Mi sorride, raggiante, e mi saluta.
Subito, chiedo di Mark. «E' sceso presto per accompagnare Corey a comprare dei regali per la sua famiglia.»
Annuisco e vado verso di lui. Quando ruoto il capo e il mio sguardo si posa sulla cucina, perdo un battito. «Mamma» , mormoro, incredula. In piedi accanto al frigorifero, lei mi osserva.
«Hai detto qualcosa?» , mi domanda Thomas, confuso. Si pulisce la bocca con un tovagliolo che lascia fra la zuccheriera e un barattolo di marmellata alle fragole.
«C'è mia madre» , gli rispondo, ormai sbiancata. Guarda alle mie spalle e aggrotta le sopracciglia.
«Scappa, Evie» , mi dice lei. Faccio per raggiungerla, ma mi fermo quando la porta d'ingresso dell'appartamento si spalanca di scatto alle mie spalle. Due individui vestiti di nero fanno irruzione nella stanza. Indossano delle maschere bianche che sorridono in maniera particolarmente inquietante e sono armati. «Scappa, Evie! Svegliati e scappa!» Thomas si alza dal suo posto e mi si para davanti per proteggermi. Uno sparo. Il colpo colpisce il mio capo alla schiena. Si accascia a terra. Mi lascio cadere accanto a lui in ginocchio. «Svegliati!» , continua a dirmi mia madre.
Disperata, grido.

Urlando, apro gli occhi. Thomas mi tiene fra le braccia, mi accarezza i capelli, invoca il mio nome e mi guarda in modo apprensivo.
Serro le dita intorno al suo polso e me lo avvicino al torace.
Prendo dei respiri profondi per calmarmi. E' stato soltanto un incubo. Non era reale.
Mi guardo intorno. Letha non c'è sul serio e gli altri nemmeno.

«Che cosa è successo? Dove sono finiti tutti?» , chiedo, agitata.

«Mark è sceso presto con Corey stamattina. Lo ha accompagnato a comprare dei regali per la sua famiglia. Ho visto Léon e Letha andare via poco fa. Mi sono svegliato tardi, credevo di essere solo in casa, ma poi ti ho sentita urlare. Hai avuto un incubo» , mi spiega.

Sussulto. Mark e Corey sono davvero andati via insieme. Perché mamma mi è comparsa in sogno? Siamo davvero in pericolo?

«Dobbiamo andarcene, Thomas.»

Confuso, inarca un sopracciglio. «Sappiamo dove trovare il professore, non c'è fretta, sono soltanto le dieci e mezza del mattino. Non vuoi fare colazione prima di scendere?»

Scuoto il capo con vigore. «Prendi le tue cose e torna qui in camera. Dammi qualche minuto per prepararmi.»

«Sul serio, non c'è fretta» , ripete. «Vado a stendermi sul mio letto. Chiamami quando sei pronta.»

Fa per alzarsi, ma stringo in un pugno un lembo della sua maglietta a maniche lunghe rossa per fermarlo. «Non separiamoci. Prendi le tue cose e torna qui da me.»

Perplesso, dopo un po', cede e decide di assecondarmi. Lo seguo in soggiorno e chiudo a chiave la porta di ingresso. Thomas prende il portafogli e il telefono e mi raggiunge nuovamente. «Che stai facendo?» Lo spingo in stanza e ci chiudo la porta alle spalle. Giro la chiave nella serratura e tiro un sospiro di sollievo. «Evie, che hai?» Preoccupato, mi accarezza la schiena con una mano e mi volto a guardarlo.

«Una brutta sensazione. Non credere che io sia pazza» , quasi lo supplico, prima di iniziare il mio racconto. «Ho sognato mia madre. Mi ha detto di scappare da questo appartamento. Nel mio incubo, qualcuno voleva ucciderci. Ti colpiva alle spalle. Mortalmente, forse.»

Gli erediDove le storie prendono vita. Scoprilo ora