6 - Le statue di cera non parlano

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Stanca, chiudo per un istante gli occhi e mi passo una mano sul viso. La matita con cui ho raccolto i capelli in una crocchia sta scivolando via.

«Ti stai impegnando molto.» Sollevo appena il capo e cerco di assumere un'espressione rilassata. Thomas, in piedi a braccia conserte accanto ad uno scaffale, mi osserva e, soddisfatto, sorride. Annuisco e porto nuovamente lo sguardo sul mio foglio. «Puoi anche prenderti una pausa e terminare domani l'inventario del negozio.»

Corrugo la fronte. «Inventario?» , domando. Lascio la penna accanto alla cassa e, per un attimo, mi fermo a riflettere. Mi do un colpetto sulla fronte e poi punto gli occhi sul mio capo. «Non sto facendo l'inventario, ma la formazione della partita di oggi. Adam ha bisogno di una squadra per il torneo di pallavolo che hanno organizzato i professori della scuola.»

Il castano arriccia il naso. «Per quale motivo non ti ho ancora licenziata?»
Mi limito a rispondergli con una scrollata di spalle. Mi volto temporaneamente verso la vetrina e noto, grazie alla trasparenza del vetro, perfettamente lucidato, Faith scendere da un'auto. Alla guida c'è il ragazzo biondo che ho visto l'altra volta con Adam. La mora si stira il cappotto rosso con una mano e poi si dirige verso l'ingresso dell'enoteca. Entra, saluta me e Thomas e si scusa per il ritardo. «Non preoccuparti, Faith. Diversamente da Evie, tu mi dai molte soddisfazioni in ambito lavorativo.»

Il castano mi rivolge un'occhiataccia. Ignoro la sua frecciatina e mi decido a fare una domanda decisamente invadente alla mia collega. Domanda che avrei dovuto porgerle prima. «Ti ha accompagnata il tuo fidanzato, vero?»

Sorrido in modo malizioso e lei aggrotta le sopracciglia.
Dopo poco, però, sembra rilassarsi nuovamente.

«Non stiamo insieme, Evie. Sono single» , mi informa mentre si sfila la giacca.

Mi si accende una lampadina in testa. «Ti piace la pallavolo, Faith? Dovresti venire a vederci giocare, qualche volta. Io e un mio amico abbiamo una squadra. Partecipiamo al torneo della scuola perché sì, lui è un professore. Ed è anche un gran bell'amico. Esteticamente parlando. E' davvero molto carino. Potrei fartelo conoscere, magari, e» , inizio a straparlare.

«Comincia a fare l'inventario o ti licenzio» , sibila Thomas a denti stretti, infastidito dalle mie chiacchiere, interrompendomi. Ci dà le spalle e si dirige verso il suo ufficio.

«Antipatico» , sussurro.

•••

E' ormai pomeriggio inoltrato. Un'intera parte dell'edificio scolastico in cui lavora Adam è stata adibita a palestra e, per questo motivo, diversamente da quella della maggior parte degli istituti della città, è decisamente immensa. Vi si accede passando dal cortile interno. Il parquet chiaro è stato perfettamente lucidato e le pareti celesti le danno colore. La luce che filtra dai grandi finestroni che si trovano in alto illumina il campo da pallavolo, affiancato, nel lato sinistro, dagli spalti e, in quello opposto, da due porte metalliche che conducono ad un corridoio che permette di accedere agli spogliatoi che Adam mi ha descritto, ma che non ho ancora visitato.

«Per quale motivo devi sempre invitarlo?»

Rivolgo, seccata, un'occhiata a Léon e il mio amico professore fa lo stesso.

«Non conosco molta gente, Evie, te l'ho già detto.»

Lo sbruffone dagli occhi verdi, divertito, ammicca nella mia direzione. Roteo gli occhi. Accanto a lui c'è Corey, intento ad allacciarsi le scarpette da ginnastica. Chris è seduto sugli spalti, un po' più in alto rispetto ai due. E' solo e guarda il vuoto. Oggi mi sembra più strano del solito.

«Non potevi inserire un tuo collega in squadra al suo posto?» , chiedo, tornando a concentrarmi su Adam.

«Ogni professore ha una sua squadra» , mi spiega.

Gli erediDove le storie prendono vita. Scoprilo ora