Capitolo 15

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Passarono due settimane, ma non si avevano notizie dalla Romania. Avevano seguito i consigli di Rufus: Vali aveva detto ad Adaline e Joseph di indagare discretamente e di non farselo sfuggire con anima, viva o morta che fosse; Aura non ne aveva parlato con Yar, aveva sviato tutta la lettera rispondendo a quella mandatale da lui, ripetendo più volte che per nessuna ragione avrebbe dovuto correre rischi, soprattutto se mortali.

In compenso avevano avuto un’altra informazione: avevano ricevuto una lettera da un nobile fiorentino che avrebbe dovuto ospitarli nel primo periodo del loro viaggio di studi nella penisola. Il signor Abile aveva ricevuto una lettera dal consigliere reale della corona rumena in cui lo si informava che i principi e il loro accompagnatore avrebbero sostato a Napoli per tre anni prima di arrivare a Firenze. Si chiedeva se Roma fosse stata scartata da questo viaggio, ma anche se c’era qualcosa nella sua persona che li aveva spinti a rimandare, e aveva pensato che chiedere ai diretti interessati fosse più opportuno.

Erano seduti sugli scogli, a prendersi le gocce di acqua fredda e salata sul viso, mentre discutevano di quanto avevano appreso nella lettera. Per Aura era una prova ulteriore che gli stupratori le erano stati mandati da palazzo.

<<Ricapitoliamo: Anghel ha avvertito i fiorentini che non saremmo arrivati, ci ha mandati a Napoli, i tre uomini sapevano chi eravamo, dove eravamo e parlavano la nostra lingua>> disse Aura guardando il tramonto sul mare verso l’orizzonte.

<<Sono tutte prove che non reggeranno in un processo>> disse Rufus.

Vali non ascoltava una parola, era troppo impegnato a disegnare la sorella. Lei era seduta su quello scoglio come una bellissima sirena, le gambe semi stese e lo sguardo perso nei colori del tramonto. La storia di Partenope gli era piaciuta a tal punto che stava disegnando la sirena ritraendo Aura. Per intere notti aveva sognato quella storia, nei suoi sogni lui era la sirena e il contessino era Ulisse, solo che nella sua storia il marinaio si fermava a salvare il tritoncino dagli altri marinai che stavano per ucciderlo.

<<Il sole è già alto, ci conviene tornare per pranzo>> disse Rufus.

<<Non hai appreso nessuna storia appassionante ultimamente, sorellina?>> chiese Vali, apportando gli ultimi ritocchi al disegno prima di chiudere il quaderno ed alzarsi.

<<Niente di che, una leggenda di un innamorato>>

A Vali parvero illuminarsi gli occhi. Sentiva sempre di storie in cui erano le donne ad essere ‘giovani innamorate’ ed anche se per la sorella quella poteva essere qualcosa di poco conto, per lui era molto interessante.

<<La strada è abbastanza lunga, perché non ce la racconti?!>> disse Vali.

<<Parla di due ragazzi: Posillipo e Nisida. Lui era follemente innamorato di lei, bella ed affascinante, ma anche con un cuore di pietra e dall’animo gelido. Dopo svariati tentativi di conquistarla, rassegnatosi ormai alla malvagità della ragazza e al fatto che non avrebbe mai coronato il suo amore, decise di togliersi la vita gettandosi in mare. Gli dei ebbero pietà di lui e lo trasformarono in quella collina lì, dal paesaggio maestoso, mentre Nisida divenne l’isola che c’è davanti, che ospita “omicidi e ladri”>> raccontò mentre camminava, ritenendo noiosa quella storia, come tutte le storie che parlavano di persone che si toglievano la vita per amore.

<<Perché dici che è di poco conto? Di solito si raccontano storie in cui sono sempre le donne le povere vittime di un amore infelice, questa è totalmente capovolta, hai sempre detto di odiare gli stereotipi!>> disse Vali, girandosi verso la sorella, esponendo ciò che diceva come se fosse un senatore romano che espone un problema politico al senato.

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