Capitolo 27

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Il mattino successivo Aura tornò a palazzo Medici. Il suo corpo era ricoperto di segni di ogni tipo ed intensità, molti le facevano anche male. Non ebbe bisogno di spogliarsi, Lorenzo le scoprì una spalla e ebbe modo di vedere la scia di segni violacei e rossi che andava dalla mascella alla spalla e oltre. Non volle vedere le gambe o il resto, non voleva pensarci.

<<Ti ha presa come fossi la sua puttana>> riflettè Giuliano, maledicendosi mentalmente per aver spinto la ragazza a fare una cosa del genere <<Ed è tutta colpa mia>>

<<La scelta è stata mia>> disse lei, coprendosi di nuovo la spalla <<Non mi ha obbligata nessuno ad entrare in quel letto, con quell’uomo>>

<<Non è quello che dovrai dire a Pazzi>> fece notare Giuliano.

<<E nemmeno quello che realmente è successo>> sospirò l’altro.

<<Insomma, sono io ad essere andata con un uomo violento e per di più ubriaco, non voi, non piangete sul latte versato>> li riprese la ragazza <<Andiamo da Pazzi ora, vi conviene essere convincenti>>

La sfuriata era servita per resuscitare i due ragazzi dal limbo in cui sembravano essere caduti. Giuliano si era fatto picchiare a sangue, anche se ci aveva goduto non poco a confrontarsi apertamente con il moro, non poteva preoccuparsi dei morsi e dei succhiotti che aveva lei mentre lui aveva dovuto ripulirsi dal sangue rappreso di entrambi. Aura si diede una ripulita, un lavaggio approfondito ed indossò un abito pulito. Uscirono di casa, diretti dai Pazzi. Aura si era coperta tutta con un grande mantello nero, non voleva che per strada le persone vedessero i segni che aveva su tutto il corpo, anche nei punti che il vestito e i capelli non coprivano. Giunti fuori alla porta dei Pazzi entrarono senza troppi problemi o cerimonie, bloccando i due mentre stavano mangiando. Appena Francesco la vide con i due Medici capì subito dell’inganno, si era fatto sedurre come un povero imbecille. Si avvicinò minaccioso alla ragazza, ma i due si posizionarono davanti a lei ed estrassero le spade, puntandole dritte al petto dell’uomo.

<<Lurida puttana>> disse ringhiando <<Mi volevi fregare>>

<<L’ho già fatto!>> affermò lei sussurrando <<Signor Pazzi, fate uscire le vostre guardie, questa è una faccenda che voi preferirete tenere privata>>

Jacopo intimò alle guardie di lasciare l’abitazione con un cenno del capo, seguito da uno altrettanto esplicativo della mano. Si sedette su un gradino di marmo, guardando Aura negli occhi come a volerle dire che era pronto ad ascoltarla.

<<Tra tre anni io tornerò a casa mia, scoppierà una rivoluzione, non so quanto durerà o quanto sarà cruenta, ma Firenze si unirà ai miei alleati>> disse la quattordicenne <<Con entrambi i vostri voti>>

<<Siete impazzita?>> urlò il vecchio, scattando sull’attenti <<Non voteremo mai a favore di una rivoluzione che andrà solo ad arricchire la banca dei Medici>>

<<Invece lo farete>> intimò sganciandosi il lungo mantello da dosso <<O vostro nipote verrà accusato e processato per avermi usato violenza>>

Jacopo si prese del tempo, attimi di silenzio per esaminare gli occhi della ragazza sperando che stesse solo bluffando, guardare il suo collo e le sue clavicole ricoperte di segni, le sue labbra spaccate. Guardò il nipote come a volerlo uccidere, lui che teneva lo sguardo fisso sul collo della ragazza, ritrovando l’impulso animalesco che lo aveva spinto quella notte. Non avrebbe avuto problemi a riportarla sotto di lui lì, in quel momento, davanti a tutti, ma capiva di essere in una situazione spiacevole, che non voleva aggravare ancora di più.

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