Capitolo 21

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<<Aurora de’ Faribosio>> mentì lei, usando il cognome di Marcello e il nome di una ragazza incontrata a Napoli qualche giorno prima.

<<Piacere di conscervi>> disse il ragazzo sorridendo <<Siete di qui?>>

<<Non dormirei in una taverna>> sorrise debolmente, il ragazzo aveva un qualcosa di estremamente rassicurante <<Io e mio fratello veniamo da Napoli, lui è stato assunto per i lavori al cantiere di San Marco Evangelista>> indicò Marcello che era già al secondo boccale di birra.

<<Quanto vorrei essere anch’io un operaio>> asserì il ragazzo, fissando il liquido scuro nel suo bicchiere.

<<Bevete per dimenticare?>> sorrise lei, guardando di sottecchi il ragazzo.

<<Già, non si commercia tutti i giorni il proprio matrimonio>>

<<Se non vi piace la proposta, perché accettarla?>>

<<Non ho molta scelta, la mia banca rischia il fallimento e ci serve che il Papa ci assicuri come banca della Santa Sede>> ammise il ragazzo <<Questo matrimonio ci permetterà di assicurarci la sopravvivenza>>

<<Una parente del Papa?>>

<<No, di un vescovo, Clarice Orsini>> affermò il giovane, bevendo finalmente il vino nel suo calice.

<<Suppongo sia la donna in questione, sarebbe strano se fosse il vescovo>>

<<Divertente>> rise il ragazzo, mandando giù il resto della sua bevanda.

<<Almeno avete riso>> disse, bevenddo la sua acqua <<È già un passo avanti>>

<<Magari fosse così semplice>>

<<Ci dovrà pur essere qualcosa di positivo in questo viaggio>>

<<Avrei voluto avere il tempo per visitare le chiese e le basiliche della città, ma domani devo ripartire>>

<<Appassionato d’Arte>>

<<È una passione di famiglia, anche mio nonno amava l’arte>>

<<Cosimo de’ Medici?>> lui annuì alla sua domanda.

<<Si, lui voleva il meglio per Firenze, lo voleva attraverso la sua bellezza e l’arte>>

Il ragazzo iniziava a viaggiare tra i ricordi, rivedendo davanti ai suoi occhi il David che abelliva l’ingresso della sua casa, portato a Firenze da suo nonno, fatto dall’artista Donatello, incontrato proprio a Roma. Lei lo fissava incuriosita, la attirava quel giovane.

<<Oste, avete una torcia?>> chiese Aura.

<<Certo, volete che ve la accenda?>>

Aura guardò Marcello, stava vincendo una buona somma, aveva bevuto una buona quantità di birra, non si sarebbe mosso di lì per un bel po’. Aveva tempo.

<<Si, grazie>>

<<Non vorrei sembrarvi inopportuno, ma a che vi serve una torcia?>> chiese il giovane seduto al suo fianco.

<<A cosa ci serve…>> marcò il ‘ci’ con un sorrisetto malizioso.

<<Mi fate paura>> scherzò lui.

<<Fate bene ad averne>>

L’oste le diede la torcia accesa e una di riserva. Osservava il fuoco, poteva sentire la sua voce che le urlava nella testa, poteva sentire le fiamme dentro di se. Si girò verso il ragazzo, scendendo dalla sedia.

<<Andiamo?>>

<<Dove?>>

<<Non eravate voi che volevate vedere le chiese romane?>> disse, avviandosi verso l’uscita.

Lui aprì la bocca per ribattere, ma aveva senso quello che la ragazza diceva. Si alzò dalla sedia e la seguì fuori dalla taverna. Le prese la torcia accesa da mano, non volendo che si bruciasse, poi si incamminarono verso il primo monumento da visitare. Lungo la strada stettero molto vicini, in silenzio, tanto che potevano sentire il rumore della torcia che ardeva. Mentre percorrevano una strada deserta, Aura intravide un vicolo che sfociava in un boschetto. Afferrò Lorenzo per la manica destra del vestito e lo trascinò nel vicolo, alchè la torcia si spense per una folata di vento. Lo tirò a sé nella stradina ricoperta dalle chiome degli alberi, buia e silenziosa, anche più delle altre.

<<Che state facendo?>> disse il ragazzo imbarazzato e sorpreso <<Non vedo niente!>>

<<Meglio!>> affermò la ragazza <<La riaccenderemo una volta arrivvati con le candele della chiesa>>

<<Quelle sono le candele che i fedeli accendono per un loro defunto, non possiamo usare quelle>>

Lorenzo andò quasi a sbattere contro un albero, ma lei, abituata a vedere attraverso le tenebre, lo tirò per un polso. Purtroppo il peso di entrambi e lo strattone improvviso li fece rotolare a terra, lui sopra di lei, schiacciandola con il suo fisico. I loro volti erano pericolosamente vicini, le loro bocche respiravano nell’ansimare dell’altro, ma ad entrambi parve di star tradendo qualcuno in quel modo, con qualcuno che nemmeno si conosceva.

<<Quanti anni hai, Aurora?>> chiese Lorenzo, indugiando troppo sule sue labbra prima di guardarla negli occhi.

<<Nove e mezzo>> disse lei, inclinando la testa.

<<Cazzo!>> disse lui, alzandosi alla svelta dal corpo di lei e sbattendo più volte gli occhi, insistentemente, come per togliersi la sua immagine nuda dalla mente.

<<Che volevi fare scusa?>> disse lei alzandosi da terra e pulendosi i vestiti con le mani <<Avermi in mezzo agli alberi?!>>

<<Di certo i miei pensieri non erano solo casti e puri>> disse con una mano davanti agli occhi, girandosi lentamente e sbirciando da dietro le dita, pentendosi subito e girandosi di nuovo <<Hai…hai un seno da fuori>>

Aura non se ne era accorta, presa com’era dallo strusciarsi il di dietro per togliere la polvere. Si coprì subito con le mani, alzando la camicia per rimetterla al suo posto. Si avvicinò alle spalle di Lorenzo e gli appoggiò una mano sul braccio, accarezzandolo.

<<Mi dispiace, non pensavo che ti stessi…>>

<<Eccitando?>>

<<Sei ancora vergine vero?>>

<<Si…>>

<<Non è un male, magari perché pensi che un rapporto non sia semplice sesso>>

<<E tu che ne sai? Stavo per…bhe lo sai>>

<<Se tu avessi voluto veramente farmi tua lo avresti fatto, nonostante la mia età, ci sono già passata>>

<<Cosa?>>

Lorenzo si voltò a guardarla, lei aveva abbassato la testa, distogliendo lo sguardo e dirigendolo altrove. Il suo corpo era stato scosso da un tremito pesante e da un profondo senso di angoscia. Lorenzo non sapeva se avvicinarsi ed abbracciarla o restare dov’era, per paura di sentire troppe emozioni.

<<Mi dispiace tantissimo>>

<<Perché ti scusi? Non sei stato tu. Le persone si scusano sempre con gli altri per ciò che non hanno commesso, come se potesse cambiare qualcosa>>

<<Andresti d’accordo con il mio amico Poliziano>> disse ridacchiando malinconicamente <<Lui idolatra gli antichi e pensa anche quando dorme>>

<<Il mio maestro dice sempre che pensare troppo fa male, a volte basterebbe prendere la rincorsa e lanciarsi nel vuoto, vivere nell’adrenalina del momento>>

<<Adesso mi sembri mio fratello, Giuliano>>

<<Vedi, in meno di cinque minuti ti ho fatto ritornare a Firenze>> sorrise lei <<Magari fosse così semplice anche per me>>

Lorenzo annuì, senza fare o porsi troppe domande, capendo semplicemente la nostalgia che prova una persona se trattenuta lontano da casa. Continuarono il cammino per quella stradina buia, mentre lui si teneva a lei per camminare, non essendo abituato al buio. Visitarono gli stessi posti che aveva visto quella mattina con Marcello, videro le opere alla luce della torcia, si sdraiarono sull’erba ad osservare le stelle. Una in particolare colpì lo sguardo di Aura, una che assomigliava tantissimo al gruppo di nei che le mappavano le schiena. La indicò a Lorenzo, tracciando con l’indice una linea immaginaria d’unione tra i punti luminosi.

<<Che costellazione è quella?>>

<<Cassiopea, molto semplice come disegno>> disse lui <<Conosci la storia?>>

<<Conosco molte storie, ma questa mi sembra di ignorarla>>

<<Cassiopea era una regina etiope, vanitosa e boriosa, moglie del re Cefeo, la cui costellazione si trova lì, accanto a lei>> disse, indicando l’altro insieme di stelle <<Un giorno, mentre si pettinava i capelli, osò vantarsi di essere più belle delle Nereidi, ninfe marine figlie di Nereo, il vecchio del mare. Una di loro era persino la moglie di Poseidone. Si rivolsero proprio al dio del mare per farla punire e questi mandò un mostro a razziare le coste del regno etiope>> raccontò, con tono sognante <<Cefeo e Cassiopea decisero di sacrificare al mostro la propria figlia Andromeda, che puoi vedere lì>> disse, indicanto un’altra costellazione <<La principessa venne salvata dall’eroe Perseo, quindi Cassiopea venne punita con la condanna eterna di girare per i poli celesti, a volte anche sottosopra>>

Durante il racconto, Aura aveva immaginato tutto come se avvenisse davanti ai suoi occhi, come se le costellazioni che il ragazzo che indicava prendessero vita in cielo e mettessero in scena la loro fantastica storia.

<<Chissà perché gli antichi dividevano le donne in passive o vanitose?>>

<<La società ha sempre visto le donne come seconde all’uomo>> guardò il volto di Aura <<Non per le bellezze che sono>>
Aura si voltò a guardarlo negli occhi, arrossendo alle sue parole. Poi riportò gli occhi sulla volta celeste, inclinando il capo per sfiorare la spalla di Lorenzo, che ebbe un veloce sussulto.

<<Sandro andrebbe pazzo per voi>> affermò il ragazzo, pensando alle smanie di bellezza e perfezione dell’amico pittore.

<<Chi è Sandro?>> chiese incuriosita la ragazza, pensando che magari parlava di un uomo a cui piacevano le giovani ragazzine.

<<Sandro Botticelli, un mio grande amico ed eccezionale artista>> disse in maniera plateale <<Ama la bellezza femminile e ha smanie di perfezione sull’armonia dei corpi>> si fermò, per vedere l’espressione della ragazza <<Vi amerebbe, soprattutto quando sarete più grande, diventerete sicuramente bellissima>>

<<Questo vostro amico è fiorentino?>>

<<Si, vive con la mia famiglia>>

<<Credo che avrà modo di vedermi>>

<<Avete intenzione di venire a Firenze?>>

<<Ho un percorso di studi da portare a termine, la prossima tappa è Firenze>>

<<Quando?>>

<<Tra due anni o poco più>>

<<Vi rivedrò allora?!>>

<<Si, ma penso che sarete sposato per quel giorno>> disse, spegnendo immediatamente il sorriso del ragazzo.


Erano passate già molte ore da quando avevano lasciato la locanda. Avevano intrapreso la strada del ritorno quando avevano visto le prime luci dell’alba, la prima striscia di luce rosea del giorno. Mentre percorrevano la lunga strada rifletterono su quello che era successo quella notte.

<<Toglimi una curiosità, se non volevi fare l’amore con me, allora perché mi hai trascinato per quella stradina?>>

<<Avevo visto una strada diversa, mi piace vedere cose nuove>>

<<In pratica se fosse stata battuta da lupi affamati ci saremmo fatti sbranare per semplice curiosità e nessuna sicurezza che portasse al nostro obiettivo?>>

<<Esattamente>> disse lei, annuendo divertita.

Non riuscì a rispondere con niente che non fosse un mugolio di disapprovazione divertita. Aura iniziò a correre per la strada, girandosi per guardarlo e ridere, mentre un Lorenzo disperato e stanco cercava di correrle dietro. Quando giunsero alla taverna, dovettero separarsi, lei doveva portare Marcello in camera e farlo dormire un po’ prima di partire, e fare anche lei qualche ore di sonno non le avrebbe fatto male. Lorenzo era stato per la prima volta in strada tutta la notte, doveva tornare da sua madre. Si fermarono all’entrata, ansimanti per la corsa.

<<Se vuoi ti aiuto a portare di sopra tuo fratello>> si offrì il ragazzo.

<<Tranquillo, dovrai pur tornare nel tuo letto prima o poi>>

<<Vorrei restare con te, mi hai fatto allontanare dai miei problemi, anche se per poco>> le accarezzò la testa, spostanzole una ciocca dietro l’orecchio <<Una sconosciuta, mi rende più felice di chiunque altro>>

<<Avrai modo di conoscermi, a Firenze>>

<<A Firenze, allora>>

Fu un ultimo sguardo a segnare il loro saluto, un arrivederci. Lui andò via in un volo di vesti, mentre lei entrò nella taverna, con il cappello di Marcello tra le mani. Si avvicinò al tavolo con ancora le carte sparpagliate sopra, con tutti i giocatori addormentati, come anche Marcello, tutti russanti e puzzolenti di birra.

<<Marcello, andiamo di sopra dai>> disse la ragazza, spronando il ragazzo ad appoggiarsi a lei per salire le scale, poiché era davvero molto debole.

<<Ti amo Lona>>

<<Marcello, chi è Lona?>> disse a voce alta la ragazza, facendo saltare sul posto il ragazzo ed altri due uomini al tavolo, che si riversarono fuori strisciando i piedi per terra.

<<Nessuno>> disse, riprendendo un tono decente di voce e sgranando gli occhi <<Solo una bellissima e irraggingibile fata>>

Aura scosse la testa divertita ma esausta. L’oste si avvicinò, prendendo il ragazzo sulle spalle e dicendo alla ragazza di fare strada, lo avrebbe portato lui di sopra. Marcello straparlava attraverso l’alcool, mugolava parole incomprensibili in dialetto napoletano. L’oste lo poggiò sul letto, poi si congedò. Aura cercò di togliere gli stivali e la giacca al ragazzo, convenendo che gli servisse un buon bagno per togliere il puzzo di alcool da dosso. Nel frattempo Marcello continuava a parlare, destando sempre più la curiosità della principessa.

<<Secondo te perché Lona non mi vuole?>> chiese con qualche difficoltà, strizzando gli occhi.

<<Chi è Lona?>> disse lei, sedendosi sul bordo del letto.

<<Un bellissimo angelo sotto forma di nobil donna napoletana con origini spagnole e due grandi labbra rosee che tinge sempre di rosso>> disse sognante mentre si sdraiava a fissare il soffitto <<Peccato che non mi consideri e che mi derida a causa delle mie condizioni  economiche e sociali>> continuò, inclinando la testa di lato per asciugarsi una lacrima sul cuscino <<Non mi odia, non mi ama, peggio di tutto quanto: per lei non esisto>> ad ogni parola rallentava sempre di più, abbassando la voce.

<<Credo che dovresti lasciarla perdere, magari trovarti una romana molto più bella di lei>> disse Aura.

Smise di parlare quando si rese conto che non l’avrebbe nemmeno ascoltata, si era addormentato di nuovo. Gli accarezzò la fronte e poi andò in camera sua, per riposare un po’ anche lei.

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