Capitolo 67

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Mancavano meno di due ore all’esecuzione, il cielo ancora scuro iniziava ad annuvolarsi. Aura aveva deciso di agire come con Mickey tanti anni prima, cioè durante la messa in atto della pena. I ribelli radunati erano circa sei migliaia, occupavano quasi tutto il boschetto. All’inizio si trovava una fanteria armata di scudo di legno, spade lunghe e affilate, elmetti in ferro e una cotta di maglia fitta. Successivamente, le file erano composte da uomini in armatura corazzata armati molteplici frecce dalla punta avvelenata. Le file ultime file erano quelle della cavalleria. Aura e Joseph guidavano il battaglione, posti insieme a cavallo a capo dell’esercito.

La mora alzò la spada verso l’alto, allungando il braccio quanto più in aria possibile, in modo che tutto l’esercito potesse vedere il segnale. Spostò lentamente la spada in avanti, ad indicare che dovevano avanzare. Spronò Milìta al passo, stessa cosa che fece Joseph con il suo cavallo. Dietro di loro, la milizia ribelle iniziò a marciare a tempo con il rumore degli zoccoli.

Arrivarono alla fine del borgo, a meno di cinquanta metri dalle nuove mura che il re aveva fatto innalzare ai soldati maledetti. Aura non era a conoscenza che ci fossero nuove mura, altrimenti avrebbe portato dell’esplosivo.

<<Si sono dati da fare>> commentò Joseph, lisciandosi il mento pensando ad una soluzione <<Non abbiamo esplosivo e la poca polvere da sparo serve per le pistole, tu non riesci a creare una breccia?>>

<<Dovrebbe essere una breccia di almeno cento metri, per farci marciare tutti compatti>> rispose lei, non sapendo ancora se ne fosse capace.

Scesero entrambi da cavallo, avvicinandosi alle mura. Allungò il braccio sinistro verso il gigante di pietra, cercando di far partire quella scintilla bollente che avrebbe risalito il suo corpo e avrebbe risolto il problema con un boom. Peccato che quella volta non partì nessuna magica scintilla e non ci fu nessuna esplosione. Aura si concentrò quanto più potè, ma niente. Sembrava che la sua magia fosse intorpidita da qualcosa.

<<Non ci riesco>> disse frustrata.

<<Aura, lì dentro c’è tutta la nostra squadra, tuo fratello, Rufus>> le ricordò Joseph <<Non esiste il “Non ci riesco”, devi riuscirci o falliremo e non voglio fallire sulla pelle dei miei compagni>>

Aura iniziava sentiva la pressione addosso, in ogni angolo del suo corpo, come la rabbia, la paura, il dolore e la forza. Ma nessuna di queste emozioni riusciva a farle scattare quella scintilla infuocata, nemmeno sapendo le persone che erano in pericolo. Joseph la vide ancora più in difficoltà, allora tentò un approccio più duro. Non voleva ferirla o metterle ancora più pressione, ma sapeva che non poteva fare altrimenti.

<<Hai dato la tua parola che avresti riportato il sole a splendere, come pretendi di farlo se non sei nemmeno capace di salvare le persone che ami>> la vedeva iniziare a tremare per la frustrazione, le dita che smaniavano nei movimenti <<O forse non tieni abbastanza a nessuno di loro, forse la prova, la pressione, il potere, ti hann reso uguale a tuo padre?>>

<<No…>> sussurrò lei, che iniziava a tremare ancora di più, mentre alle dita si univano gli scatti improvvisi della testa.

<<Vuol dire che sei debole, che non ne sei capace?>> continuò Joseph, con un peso al cuore per tutto quello che le stava dicendo <<Cosa direbbe Rufus vedendo quanto sei patetica? Cosa penserebbe tua madre, è morta per dare i poteri ad un’incapace?>>

<<NO!>>

Fu uno scatto d’ira terribile, che sconvolse le prim file che riuscirono a vederlo quasi quando Joseph, che non sapeva se essere spaventato, sentirsi in colpa o soddisfatto. L’urlo si udì in tutto l’esercito, accompagnato dall’incredibile boato che distrusse buona parte delle mura davanti a loro, dandogli spazio a sufficienza per poter marciare sulla cenere che prima era alta cinque metri. Davanti a loro, una distesa di circa tremila soldati o poco più. Sulla scalinata principale d’ingresso al palazzo vi erano seduti Anghel e il generale, un po’ più in alto e al centro il re. La distanza era troppa per vedere le loro facce, ma si augurava che fossero di terrore puro. Ai piedi della scalinata, inginocchiati al suolo e incatenati, c’era tutta la prima squadra, suo fratello e il suo maestro, Cayl e Siana. Sporchi di polvere, con i vestiti stracciati, alcuni ragazzi erano anche sporchi di sangue, soprattutto Yar. La rabbia continuava a montarle dentro come una potente droga, aumentando la sua sete di sangue. Aura ripetè lo stesso gesto di avanzata, questa volta accompagnato da un forte urlo che risuonò prorompente nell’aria.

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