Capitolo 50

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<<Lilith mi ha fatto uccidere Vlad e…e Yar>> disse la ragazza, gettandosi tra le braccia della madre.

<<Cosa hai provato sentendo il loro sangue scorrere sul tuo corpo?>> chiese la donna, accarezzando i capelli della figlia.

<<Mentre sentivo il sangue di Vlad su di me, mi sono sentita talmente bene che avrei voluto rivivere quel momento all’infinito>> la ragazza stava ricordando la sensazione, toccandosi i vestiti inzuppati di sangue, ma poi si ricordò che mescolato a quel sangue c’era quello di Yar <<Yar invece non sembrava lui, era sopra di me, mi impediva di andare da mio figlio. Io non volevo pugnalarlo, ma fuori c’era il caos e lui mi stava…>>

Non terminò la frase, la voce rotta dalle lacrime si era fatta sempre più stridula fino a fermarsi nella gola. Il viso era rosso e gli occhi gonfi, non si riconosceva nemmeno lei.

<<Ne hai passate tante>> disse mentre la coccolava <<Dovresti restare qui con me, si sta bene sai?!>>

<<Non voglio lasciare Vali, non voglio tirarmi indietro>>

<<La mia bimba coraggiosa>> sorrise la donna, prendendo il volto della ragazza per guardarla negli occhi <<Non devi andare via, il paradiso è bello>>

<<Questo è il paradiso?>> si guardava intorno, ma vedeva sempre e solo giardino, anche in lontananza.

<<Vali può ancora raggiungerlo senza aiuti, ma tu no!>> disse la donna, cercando di convincerla prendendole le mani nelle sue <<Tu hai dannato la tua anima dal momento che hai mietuto la prima vittima, già prima che morissi io>>

<<Non ho ucciso io Cairo!>> iniziò a ripetere convulsamente la ragazza, più per convincere sé stessa che la donna.

Le tornò in mente quel segreto che lei e Joseph portavano da tutto quel tempo e che avrebbero portato fin dentro la tomba. Cairo Serban, guardia reale ed ex mercenario. Suo padre se ne serviva per punire i servi irrispettosi. Un giorno, mentre Joseph stava portando la colazione ad Aura, andò a sbattere contro Cairo, proprio davanti la porta della ragazza. Il succo di mirtilli e lamponi, il preferito di Aura, gli si riversò sull’uniforme. L’uomo inveì talmente forte contro il ragazzo, che avrebbero potuto sentirlo persino dal confine con la Russia. Estrasse una specie di manganello dei pantaloni, mentre teneva Joseph stretto per un braccio. Il ragazzino urlò forte, ma quell’uomo gli lasciò il braccio per premergli talmente forte le guance che quasi gli ruppe la mascella. Lo sbattè talmente forte contro il muro da farlo gemere di dolore. Poi lo mise piegato, con il sedere rivolto verso l’alto. Lo colpì con il manganello, la sculacciata lo fece urlare forte. Poi l’uomo colpì e colpì, altre tre volte. Joseph aveva le lacrime agli occhi, il fondo schiena in fiamme. Prima che potesse sentire un altro colpo, sentì che la presa su di lui era sparita. Si voltò, appoggiando le spalle al muro, iniziando scivolare lentamente a terra quando vide ciò che stava succedendo. Aura era uscita dalla sua stanza, ancora in camicia da notte. Era seduta sulla schiena dell’uomo e lo colpiva pesantemente e ripetutamente alla testa. I colpi andavano alla cieca, erano sparsi, anche se teneva gli occhi spalancati. I colpi furono più di dieci e tutti alla testa. Smise di colpire solo quando smise di sentire i suoi lamenti, solo quando smise di divincolarsi sotto di lei. Si alcò quel poco che bastava per girarlo, guardare la sua faccia e sentire se respirava ancora. Appena appoggiò l’orecchio al petto per sentire se il cuore batteva, sentì due mani grosse e pelose intorno al collo che stringevano. Stava quasi per soffocare, l’uomo la guardava dall’alto con i suoi occhi spalancati e venati di sangue. Lo sentì cadere su di lei come un peso morto, sentendo il suo sangue scorrere su di lei. Il corpo venne fatto rotolare di fianco a quello di Aura, una mano venne tesa verso di lei in suo aiuto. Lei la afferrò, vedendo il candelabro che prima brandiva lei nella mano destra di Joseph. Fu un vero e proprio bagno di sangue. Avevano soltanto dieci e sei anni. Avevano ucciso un uomo, il primo uomo. Per Aura: la prima di una lunga serie di vittime. Joseph portò il cadavere nel giardino, usando i passaggi segreti; Aura ripulì tutto il sangue. Per rendere il tutto più credibile, rubarono un secchio di sangue di maiale dalla cucina per spargerlo intorno al cadavere. La colpa del loro misfatto fu data ai cani. Lei aveva continuato a ripetersi che lo aveva fatto per salvare Joseph, che quell’uomo non meritava di vivere un secondo in più. Lui si diceva che lo avava finito per salvare Aura, ma si incolpava di averla, suo malgrado, messa in mezzo. Si erano giurati di non dirlo mai ad anima viva e avevano mantenuto la parola. Nemmeno sua madre avrebbe potuto saperlo.

<<Come fai a saperlo?>>

<<Io non ti giudico piccola mia, quel verme se lo meritava>> sorrise dolcemente <<Ma loro non la pensano come me>>

<<Loro, chi?>>

<<Gli ordinatori, è un loro consiglio che giudica le anime>> rispose Catalina <<Se dovessero giudicarti colpevole, ho la possibilità di salvare la tua anima>>

<<E alle milioni di vite che metti in pericolo così non ci pensi?>> urlò la ragazza <<Mia madre non sapeva di quella faccenda con Cairo, mia madre non mi avrebbe detto di abbandonare il mio popolo, tantomeno Vali>> urlò la ragazza <<Mi dicesti di stare sempre al suo fianco, anche se stavo morendo, anche se un giorno ci saremmo odiati, me lo dicesti due giorni prima di morire>>

<<Ho riflettuto a lungo, mi sbagliavo>> si giustificò <<Tu meriti di meglio che la pena eterna>>

<<Come fai a sapere di Cairo?>> ma la donna non parlava <<Dimmelo!>>

<<Sono tua madre, sapevo che qualcosa non andava, Joseph me lo disse sul letto di morte>>

<<No, non lo avrebbe fatto mai, Joseph mi è fedele, mi vuole bene, non mi ha abbandonata come hai fatto tu>> sputò la ragazza <<Tu non sei mia madre!>>

La donna sorrise, man mano iniziò a svanire anche lei, come nebbia. La ragazza sembrava spaesata, allungò una mano per afferrare la figura che scompariva, ma andò a vuoto. Ma il giardino intorno a lei rimase vivido, alchè al posto di Catalina si manifestò Lilith.

<<A che scopo queste prove?>>

<<Volevo vedere come reagisci sotto pressione, come combatti i dubbi e fino a che punto mantieni lucidità>>

<<Perché il re?>>

<<Tuo padre?>> la principessa fece un’espressione schifata <<Volevo sapere se eri veramente disposta a farlo fuori>>

<<Hai placato i tuoi dubbi?>>

<<Forse>> disse seria la ragazza <<La prova di mette contro i tuoi dubbi più atroci, di obbliga a confrontarti con le tue grandi paure, quindi dimmi: quale delle tre situazioni ti ha messa più in difficoltà?>>

<<Quando quel bastardo mi ha abbracciata, ho provato un disgusto mai provato prima; Yar che tentava di violentarmi, impedendomi di andare da mio figlio, impedendomi di raggiungere il mio gruppo in difficoltà; rivedere mia madre edessere ricordata di quella volta, la prima volta che ho ucciso, rivedere quelle immagini>> una lacrima le scese lungo la guancia <<Non so davvero scegliere>>

<<Questo è il punto: hai così tante paure, dubbi, rabbia e segreti>> constatò il demone, volendo far capire la situazione alla giovane <<Hai consegnato il cuore, hai scelto la porta della giustizia, hai affrontato le prove con sincera preoccupazione e lucidità, perché?>>

<<Perché il mio popolo ha sofferto abbastanza>>

<<Non rifilare anche a me questa risposta, non ti stai sacrificando come martire>>

<<Credi che sia una questione di potere?>> insinuò <<Secondo te mettere in dubbio la mia vita, la mia corona e tutto ciò che possedevo è stato un capriccio?>>

<<Credo solo che non sia il popolo l’unica motivazione>> chiarì il demone con voce rauca <<Hai iniziato per curiosità, per voglia di sapere, hai continuato per vendetta e per amore, come finirai?>

<<Non mi farai cambiare idea con tutte queste insinuazioni, alimentare i miei dubbi non farà crollare le mie certezze>>

<<Allora passiamo alla pesatura>> disse subito la donna.

<<La pesatura?>>

<<Oh, non lo sapevi perché nessuno, tranne Bèla, ha mai scelto questa porta, ma lui non è sopravvissuto>> scherzò il demone <<Salirai sulla bilancia eterea e la tua anima verrà pesata in confronto con una piuma>>

<<Copiate gli antichi egizi adesso?>>

<<Prendiamo spunto>> sottolineò.

La grande fontana e due bracci che sgorgava nel giardino si spense improvvisamente. Cambiò forma per assomigliare di più ad una vera bilancia, dove le ninfee poste alla fine dei bracci funzionavano come piatti. Il demone pose su di un piatto una soffice piuma bianca, indicando alla ragazza di salire dall’altra parte. Lei eseguì l’ordine, prendendo un respiro profondo. Aspettò qualche secondo, mentre i due bracci ondeggiavano. Aura ripensava a tutti gli errori della sua vita, agli omicidi e alle spericolatezze fatte. Le vennero in mente mille motivi per cui non avrebbe dovuto superare la prova. Chiuse gli occhi mentre la bilancia di assestava, ogni briciolo del suo corpo tremava di paura. Prima che potesse riaprirli, una forte scossa di terremoto fece traballare tutto.

Quando riaprì gli occhi, non era più in un giardino mistico su una bilancia in marmo bianco, ma vedeva il cielo sbiadito davanti a lei. Sicura che fosse morta e che avesse fallito la prova, si guardò intorno. Sentì qualcosa tra le mani: la corona reale. Si alzò seduta, capì di essersi svegliata, ma le moar non c’erano più. Non vedeva oltre la barriera creata da Uline e non sapeva se loro vedessero che si era svegliata e che aveva vinto. Si alzò in piedi a fatica, ancora scossa dalla prova appena affrontata.

<<Sei stata forte>> disse una voce alle sue spalle, Lilith.

<<Ho superato la prova>> si disse ad alta voce.

<<Non deludere nessuno>> avvertì il demone <<O mi divertirò con te quando sarai morta>> 

Nel suo respiro successivo, sentì un sapore strano nell’aria che mandava giù, qualcosa che le andò dritta in testa. Aura si fece coraggio, mentre fissava la corona tra le sue mani. Alzò lo sguardo davanti a lei, chiudendo gli occhi mentre si incoronava da sola. Quel gioiello andava ad incastrarsi perfettamente sulla testa della principessa. Non appena il re fosse morto, lei sarebbe stata regina. Fece dei passi avanti, rompendo il cerchio che la teneva al sicuro.

Tutti quelli che aspettavano da ore in silenzio e in trepidazione, fino ad allora avevano visto solo la figura stesa e calma. In medo di qualche secondo, videro quell’immagine scomparire e la vera Aura uscire dal cerchio. Tutti rimasero a bocca spalancata nel vederla camminare con la corona reale in testa. A Julio bruciava il sangue nelle vene, gli prudeva la mano sulla spada. Tutti i ribelli sospirarono di sollievo nel vederla, ma a lei scese un brivido elettrico lungo la schiena nel vedere i soldati comandati dal cugino.

<<Puttana, ce l’hai fatta>>

<<Avevi dubbi, figlio di puttana?>>

<<Ti smembrerò con le mie mani>> disse, estraendo la spada <<Hai consegnato l’unica cosa che permetteva a tutti noi di superare la sfida>>

<<Io l’ho superata senza>>

<<Chissà quale demone ti sei scopata per uscirne vincitrice>>

Ma Aura era stanca, troppe cose in così poco tempo. Alzò un braccio verso il cugino, flettendo le dita. Il maggiore fece arrivare subito le mani alla gola, cercando di salvarsi e respirare ancora a pieni polmoni. I soldati imbracciarono subito le armi, puntando le spade verso il piccolo gruppo e avvicinandosi minacciosamente. Mentre fissava ridacchiante il cugino che era sbiancato, notò che un manipolo di pochi soldati si avvicinava troppo a Vali. Scuotendo la testa in segno di un divertimento sadico, con un solo gesto della mano fece volare al suolo quei pochi soldati. Tornò a concentrarsi sul cugino, che sembrava essere più di là che di qua, come diceva Marcello. Gli diede il colpo di grazia spezzandogli il collo e lanciando il suo cadavere in mezzo ai suoi soldati.

<<È successo qualcosa, quella non è Aura>> asserì Vali.

<<Sta solo cercando di farci uscire tutti vivi>> giustificò Yar.

<<Ma lei non ha mai avuto tutti questi poteri>> disse Uline.

<<Sarà stata la resurrezione, oppure la prova superata>>

Joseph la osservava, Aura non si era mai comportata così, anche in momenti di estrema rabbia. E poi i suoi poteri erano davvero troppo forti. I ragazzi iniziavano ad avere paura, soprattutto quando Aura, con un solo gesto di una mano, incollò tutti i soldati agli alberi. I tronchi iniziavano ad assorbire al loro interno i soldati che urlavano dal terrore, finchè le urla non cessarono e loro furono completamente in simbiosi con le cortecce nere. Poi si voltò verso i suoi compagni.

<<Muoviamoci, ho un regno da riscattare>>

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