Capitolo 57

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Il silenzio venne spezzato dal rumore di un unico cavallo al trotto e di centinaia di passi. Procedevano molto lentamente ma, fortunatamente per loro, le due parti erano alla stessa altezza rispetto al fiume. Gli arcieri erano in posizione, la legione anche, erano in numero superiore e bene armati, godevano dell’effetto sorpresa: ma allora perché aveva quel nodo allo stomaco tipico della preoccupazione? I soldati si avvicinavano, non vedeva nessuno della sua squadra, da nessuna parte, ma sperava che fossero pronti. Quando vide i soldati entrare nel loro raggio d’azione, iniziò il conto alla rovescia.

Dieci, vedeva Manislav chiaramente, l’unico in sella ad un cavallo. Nove, molti soldati non avevano uno scudo, come faceva la corona a mandare i suoi uomini a combattere senza le dovute attrezzature. Otto, iniziò a credere che gli scudi li avessero dimenticati o lasciati intenzionalmente in città. Sette, il sangue iniziava a ribollire per la lentezza immane di quei soldati, come se sapessero di star andando incontro alla morte. Sei, le facce di tutte quelle persone suonavano così indistinte, come se fossero davvero solo pedine da scacchi. Cinque, strinse la mano sulla spada per infondersi coraggio. Quattro, finalmente vedeva gli occhi di Joseph, quelli infondevano più speranza e coraggio di qualsiasi arma o magia. Tre, dove diavolo era suo fratello? Due, lanciarsi al macello così, era davvero la cosa giusta da fare? Uno, troppo tardi per farsi prendere dal dubbio.

<<Per la libertà!>> fu il suo grido, uno squarcio nella tranquillità apparente.

I soldati si voltarono immediatamente, sul volto di Manislav danzava il terrore. Aura sentì Yar urlare dalla montagna, mentre si lanciava giù dall’albero e si avventava sul primo soldato che le capitò a tiro, seguita subito da tutti gli altri, che uscirono dai loro nascondigli urlando con tutta l’aria che avevano nei polmoni. Una prima raffica di frecce si avventò sui soldati dall’altra parte, colti alla sprovvista. Aveva sbagliato a non far venire Gustav con loro, gli sarebbe stato utile un medico; Uline non era esattamente un’esperta di ferite da armi da battaglia. Aveva subito colpito a morte due soldati, scagliandosi su di loro approfittando dello stupore iniziale e del fatto che non avevano ancora le armi in mano. Strerminio, era a questo che puntava, farli fuori tutti. Un solo sopravvissuto poteva essere come un fagiolo magico: avrebbero fatto rinascere tutto ciò che aveva lavorato duramente per distruggere. Vide finalmente Vali, parava un colpo di spada all’altezza del fianco sinistro. I loro occhi si incrociarono per una frazione di secondo in quel trambusto, sembrò dare ad entrambi una rinnovata forza. Una seconda ondata di frecce raggiunse i soldati che cercavano di oltrepassare il fiume per soccorrere i commilitoni. Vide Yar, la guardava come se cercasse il consenso per qualcosa.

<<Su gli scudi!>> gridò, come fosse un urlo di battaglia barbaro.

Tutti i ribelli si chinarono in terra, portando i loro scudi sopra le teste. Una terza raffica di frecce venne scoccata, questa volta più lunga, verso il campo insanguinato. I soldati vennero colpiti nei punti più svariati: chi in fronte, chi in petto, ad un arto, allo stomaco, in un occhio. Urlavano e sanguinavano. Appena furono andate a bersagio tutte le frecce, i ribelli si rialzarono, tornando a combattere. Manislav stava cercando di allontanarsi a cavallo. “Ma che razza di generale è uno che abbandona i propri soldati in guerra?!”. Gli corse dietro, infilzando e sgozzando chiunque si frapponesse tra lei e il suo obiettivo. Joseph lesi avvicinò di spalle, mentre parava un colpo di spada.

<<Dove vai?>> chiese, colpendo un soldato al braccio facendoglielo saltare in aria.

<<Manislav sta scappando, hai le redini finchè sono via>> disse.

Entrò nel bosco, iniziando a correre dietro la prima fila di alberi. Saltava una radice sporgente, evitava un ramo troppo basso, ma riusciva a tenere corda al generale a cavallo. Dietro gli alberi il generale non poteva vederla, si girava sempre e solo dietro di lui, verso il campo di battaglia. Lo aveva raggiunto, ora correva al suo fianco, con solo una fila d’alberi a separarli. Colse una pietra al volo e mirò alle zampe posteriori dell’animale. “Perdonami bellezza”, poi scagliò la pietra, colpendo dritto il bersaglio. Il cavallo impennò su sé stesso, per poi fermarsi di botto, mentre Manislav cercava di capire cosa fosse successo, ma si trovò presto una lama a premere contro la gola.

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