Capitolo 37

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Il maestro continuava a stare in piedi sul cornicione, fermo a pochi passi dalla prossima finestra. Sentì dei passi avvicinarsi da quella finestra, poi vide sbucare la testa platinata del principe.

<<Avete intenzione di fare un tuffo?>> sussurrò scherzando il ragazzo.

<<Gli ultimi due mattoni del cornicione non ci sono, non riesco ad arrivare alla finestra>> ammise l’uomo, non voltandosi del tutto per paura di cadere.

<<Buttati e afferra il davanzale, ti tiro su io>>

<<Non ti riconosco oggi, principe>> disse stupito il maestro, cercando di trovare la forza e il coraggio di tuffarsi.

Certo Rufus non era come Aura o Yar, loro si erano lanciati nel vuoto più volte. La prima era stata sulla costa napoletana, da un’altura che superava di gran lunga le torri del palazzo rumeno. Aveva visto sua sorella volare nel vuoto come una farfalla, aprire le braccia come se stesse dispiegando le sue ali. Aveva visto la sfida nei suoi occhi, come se stesse deridendo i due che tenevano i piedi piantati al suolo, derideva le loro paure terribilmente umane che li spingevano a non lasciarsi mai andare. Era incantato dal modo di affrontare il rischio della ragazza, piroettava nell’aria come una ballerina su un palco. Alla fine la vide schiantarsi nelle acque come fosse una gabbianella: sembrò sfiorare le acque per un secondo, poi sparì tra la schiuma marina. Vali credeva che si fosse spinta troppo oltre quella volta, che avesse fatto l’ultimo volo della sua vita. Lui e Rufus corsero di sotto terrorizzati, ruzzolando dalla ripida discesa e facendosi male a mani e ginocchia. Quando arrivarono sulla riva la videro lì, distesa al sole totalmente fradicia d’acqua salata. Si girò a guardarli divertita, battendo i palmi ai lati del suo corpo per indicargli di stendesi con lei. Vali tratteneva l’istinto di affogarla, per la paura che aveva avuto nel non vederla tornare a galla, ma era felice che neanche quella bravata le fosse costata la vita. Yar lo aveva visto a Firenze la prima volta: era sbucato fuori dal tetto di una locanda alta circa sette metri, era scivolato tra le tegole e iniziato a saltare da un tetto all’altro, chiudendo gli occhi mentre era avvolto da sola aria, beandosi di far parte del nulla. Lui lo guardava da terra, ammirava la sua agilità nell’eseguire quei volteggi tra i palazzi, come una sorta di danza di cui lui era il primo ballerino. Avrebbe voluto correre anche lui così, saltare e tuffarsi come loro, non solo ammirarli.

<<Maestro, qui facciamo mattina>> sussurrò velocemente il ragazzo, guardando ovunque intorno a sé per assicurarsi di non vedere nessuno <<Sbrigatevi, fidatevi di me>>

<<Ti conviene prendermi, o tua sorella vedrà uno spettro in più>>

Il maestro fece un passo lateralmente e si tuffò di quel metro scarso, afferrando in maniera precaria il bordo della finestra. Vali lo aveva preso per le braccia, tenendolo su quel tanto che bastava ad assicurarsi che non cadesse di sotto nel caso non avesse afferrato subito il davanzale.

<<Magari non penzolare come un sacco di patate sarebbe d’aiuto>> scherzò Vali.

Quando riuscì a tirare su il maestro e a fargli mettere i piedi di nuovo sul pavimento entrambi ansimavano pesantemente dalla paura.

<<Non hai idea di quello che ho scoperto, principe>>

Erano tornati in camera ancora più silenziosamente di prima, scivolando nel buio come fanno le ombre. Si erano seduti sul letto del principe a parlare. Rufus mostrò il cuore di Valva a Vali.

<<È quello che penso io?>> chiese stupito il biondo.

<<Un falso>> affermò il vecchio.

<<Perché Anghel dovrebbe avere un amuleto falso?>>

<<Ho i miei sospetti, ma non ne sono sicuro>> ammise il maestro, affilandosi la barbetta con le dita <<A te ha detto qualcosa di sospetto?>>

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