Capitolo 34

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<<Che vuol dire?>> chiese allarmato Yar <<Non dirmi che hai dannato la tua anima?>>

<<Non avrebbero avuto nulla di più di ciò che sicuramente avranno dopo la mia morte>>

<<Allora che prezzo hai dovuto pagare?>> insistette Yar.

Aura aveva paura che il diciannovenne potesse dare di matto, non voleva che si arrabbiasse con lei. Avevano litigato troppe volte a causa del suo operato, delle scelte estreme prese frettolosamente e senza consultarlo, scelte che interessavano minimamente anche lui.

<<Sono sterile, Yar>> disse, abbassando la testa mentre una lacrima si faceva strada sul suo viso.

<<Stai scherzando?>> chiese irritato il ragazzo <<Avevi detto di essere anche troppo fertile, che la previsione vedeva un erede nel tuo futuro>>

<<Ho rinunciato alla mia fertilità per riportare qui l’anima del bambino>> disse in un sussurro la riccia.

Calò il silenzio tra tutte le persone nella stanza, per un attimo sembrò che nemmeno respirassero. Il tempo si era fermato, insieme al respiro di Yar, che la guardava immobile e allibito, con la bocca schiusa e gli occhi spalancati. Tutti aspettavano la sua reazione che tardava ad arrivare, Aura aveva paura che l’avrebbe lasciata.

<<Lasciateci da soli>> ordinò il giovane, con voce fioca ma ferma.

Joseph e Uline guardarono Aura, per vedere se lei fosse d’accordo a farli uscire tutti. Gustav era già fuori dalla stanza, conosceva bene Yar, anche se era deluso non avrebbe mai alzato un solo dito contro Aura. Lei annuì, la stanza pian piano si svuotò. L’ultimo ad uscire fu Joseph e si chiuse la porta alle spalle. Il ragazzo si sedette ai piedi del letto, dal lato dov’era stesa la principessa. Tenevano entrambi lo sguardo basso, lui verso il pavimento, lei studiava i ricami della coperta.

<<Non avevo scelta…>> cercò di giustificarsi la ragazza, sapendo di aver fatto la cosa giusta.

<<Abbiamo sempre una seconda scelta, tu non l’hai voluta vedere>> urlò lui <<Questa cosa non riguardava solo te!>>

<<E chi allora?>> scattò in piedi lei <<Stiamo parlando della mia fertilità, della mia impossibilità di avere figli, del mio futuro, della mia vita!>> urlò tra le lacrime.

<<Anche della mia!>> aveva gli occhi lucidi, la guardava in faccia per la prima volta dopo un po’ di tempo.

<<Yar…>> faceva fatica a parlare <<Io non credevo che volessi dei figlio, non da me>>

<<Io volevo una famiglia con te, speravo di poter essere geloso di nostro figlio un giorno>> disse, fissando la porta <<Mi hai tolto la possibilità di essere padre>>

<<No, non è vero>> esordì lei <<Puoi ancora essere padre, se vorrai un figlio non mi opporrò a che tu vada con un'altra donna>>

<<Mi hai reso davvero difficile restare con te in questo modo>> ammise lui, avvicinandosi a passi lenti a lei.

<<Non mi hai mai detto “ti amo”>> disse lei, asciugandosi un’altra lacrima <<Ora mi dici che la mia scelta ti rende difficile stare con me>>

<<Ti sbagli, ti ho detto di amarti mille volte>> aggrottò le sopracciglia <<Forse sei tu che non mi ami>>

Yar cercò i suoi occhi, voleva che gli dicesse che invece lo amava, ma lei rimase in silenzio senza guardarlo. Allora il ragazzo afferrò la sua lama, rimasta a prendere polvere per un po’ sul tavolino a lato della stanza, e se ne andò, sbattendosi la porta alle spalle. Era stato a vegliare su di lei per tutto il tempo, la vedeva gemere di disappunto quando le toglieva i capelli dalla fronte umida, muoversi a scatti e piangere in silenzio. Aure rimase in piedi tremante, con gli occhi lucidi e arrossati. Sentì un rumore di passi avvicinarsi, la porta che si aprì e Joseph irruppe nella stanza, abbracciando la ragazza come fosse una gattina impaurita.

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