Capitolo 43

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Avevano deciso di agire, aspettare ulteriormente li avrebbe solo condannati. In meno di una settimana avevano fatto visita a tutte le famiglie nobili, escluse quelle dei fratelli del re, erano tutte dalla loro parte. Bastava vedere la principessa per convincerli subito, annusavano la libertà: Aura prometteva libertà e giustizia in caso di vittoria, segretezza in caso di sconfitta. Avrebbe tenuto sempre nel segreto la partecipazione dei nobili, come anche quella del Papa e del re francese, non erano cose che il re doveva sapere. I fratelli del re erano stati tenuti rigorosamente all’oscuro di tutto, troppe smanie di potere, troppe guardie a disposizione. Non potevano rischiare. Yar e Joseph tornavano adesso dall’ennesima ronda, perlustravano il luogo dove avrebbero agito almeno due volte al giorno. Mancava poco, avrebbero agito a mezzogiorno, tutto il popolo sarebbe stato sveglio e attivo. Era da poco sorta l’alba, il primo gruppo di ribelli stava uscendo. Avevano deciso di far uscire un gruppo di ragazzini prima per assicurarsi che il borgo fosse sveglio e le guardie ubriache già di prima mattina.

Aveva parlato a Vali e Rufus solo tramite Mina, ma era riuscita ad informarli dell’attacco. Aura diceva a Mina cosa dire e lei andava dritta in camera del principe. Vali doveva tenere sempre impolverato, in modo che lo spettro potesse scrivere su di esso. Di solito Mina non poteva toccare oggetti o altro, essendo incomporea, ma Uline le aveva fatto una fattura abbastanza forte per renderla simile ad uno spettro infernale. Mina aveva dovuto dannare la sua anima, ma aveva giurato che avrebbe fatto qualsiasi cosa per poter sferrare il colpo fatale su Anghel. Adesso lei poteva toccare e farsi vedere, anche parlare, ma sarebbe stato troppo rischioso far sentire la sua voce. Vali era rimasto spiazzato quando l’aveva vista, era cresciuta nonostante fosse morta. Lo aveva letto su un libro: la rabbia e l’ossessione di vendetta fanno invecchiare gli spiriti, finchè non se ne liberano e passano oltre. Ma lei era la prima che vedeva realmente più grande. Aura sperava che i due non si sarebbero messi in pericolo e che sarebbero usciti dal palazzo senza farsi notare, approfittando del diversivo che era il colpo di stato. Vali sperava che Aura non si facesse ammazzare e che avrebbe potuto riabbracciarla viva; voleva aiutarla, essere con lei a tenere qual discorso, non sapeva nemmeno cosa avrebbe detto, ma questo non lo sapeva nemmeno Aura. Rufus pregava di rivedere il bambino tra le braccia della madre, sperava che anche Vali avrebbe avuto quest’onore. Lei gli aveva chiesto di essere il nonno del bambino, non vedeva l’ora di essere chiamato così dal piccolo Rufus.

Yar aveva chiesto ad Aura di passare la notte insieme, temeva che quella potesse essere l’ultima volta per loro, ma sperava, se proprio uno dei due fosse dovuto morire, che fosse lui a farlo. Aura voleva stare con Yar, voleva davvero restare nel letto con lui, ma non ci era riuscita. La sua mente non era capace di pensare al ragazzo sopra di lei, che la baciava e le teneva i fianchi stretti, riusciva solo a sentire la paura, l’ansia. Il pensiero di non riuscire e di deludere tutti la attanagliava. Yar ci aveva rinunciato ed era andato a dormire in camera con Jude. Non avevano litigato, lui aveva capito il motivo della sua assenza, ma non ce la faceva a starle vicino in quel momento, per lui era troppo. Avrebbe tanto voluto suo fratello con lei, ma non poteva esserci, doveva riuscire proprio per riabbracciarlo e fargli conoscere lei stessa suo nipote. Già, Rufus. Si era alzata nel cuore della notte per prenderlo in braccio, appena Yar fu uscito dalla stanza. Lo cullava lievemente, seduta con le gambe incrociate. Aveva poco più di diciotto anni, non si sentiva pronta per essere madre, anche se molte altre ragazze lo diventavano ben più giovani. La sorella di Lorenzo, Bianca, ne era una prova: il primo figlio, morto infante, lo aveva avuto a quindic’anni, due anni dopo ne aveva avuto un altro, fortunatamente sano. Ormai teneva il piccolo con sé da più di otto mesi, aveva avuto modo di pensare.

Quella notte pianse, accarezzando le guance del bimbo più tranquillo che avesse mai visto. Joseph, sentendo che Yar entrava nella camera di Jude, si mise subito un paio di pantaloni e spostò dal suo petto la ragazza con cui si era addormentato. Attraversò alcuni corridoi e arrivò nella saletta prima della stanza di Aura, dove per i primi mesi avevano tenuto le loro riunioni, avevano consumato i loro pasti e si erano preoccupati tutti insieme. Più andavano avanti in quel percorso, più sorgevano dubbi e difficoltà che sembravano rompere i rapporti creati all’inizio. L’unico rapporto che tutto quello non era riuscito a scalfire era quello tra Joseph e Aura, sembravano sempre più uniti. Bussò alla porta, solo dopo si accorse di essere scalzo e a petto nudo. Sentiva il rumore dei singhiozzi, non riusciva ad aspettare e spalancò la porta. La vide seduta sul letto, con il bambino avvolto con un braccio e l’altro che lo coccolava. Si dondolava spingendosi con il bacino, fissando il piccolo con il volto baganto dalle sue stesse lacrime. Non aveva sentito il ragazzo entrare, tanto che era assorta in quello che stava pensando. Lui chiuse la porta e si avvicinò alla ragazza, sedendosi accanto a lei. La avvolse le braccia intorno alle spalle, tenendola stretta e inglobando nel suo abbraccio anche il bambino. Le ripeteva di stare tranquilla, che sarebbe andata tutto bene. Capiva che c’entrava la missione, sapeva che c’entrava anche l’assenza di Vali e la fuga di Yar, non aveva bisogno di chiederglielo. La cullava come lei cullava il bambino, baciandole più volte le tempie per calmarla.

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