Appena mi svegliai mi resi conto che volente o nolente avrei dovuto rivedere John in ufficio e fare i conti con l'imbarazzo provocato dopo il precedente sabato sera.
Ad aggiungersi a quell'incredibile confusione un pensiero fisso mi stava logorando: che idea si era fatto di me? Di una poco di buono che si lascia palpare dal primo che incontra?
O peggio ancora di una sprovveduta che non sa come gestire le situazioni in cui si caccia? Di una superficiale che non sa selezionare le persone che ha davanti?
Volevo scomparire, per passare inosservata in ufficio non indossai nulla di vistoso o colorato andai sullo scontato una camicia bianca e dei jeans.
Ero nervosa e arrabbiata con me stessa, in passato ero stata in grado di gestire qualsiasi tipo di situazione lavorativa, famigliare, personale. La cosa che mi destabilizzava più era la perdita del mio autocontrollo, con qualsiasi uomo fossi uscita ero riuscita a rimanere stbile e lucida, forse anche perché nessuno era mai riuscito a coinvolgermi completamente. Quella situazione o meglio quei sentimenti che mi provocava John per me erano una totale novità.
Non avevo i mezzi per gestirli e contrastarli, mi invadevano a valanga e per quanto provassi a restitere non potevo fare molto, avrei dovuto imparare a conviverci almeno per quel momento.
Avendo Gennaro orari diversi dai miei funno obbligati ad andare seprati al lavoro e finalmente riuscii ad utilizzare di nuovo il mio amatissimo motorino.
Non trovando posto lungo la via decisi di lasciarlo nel parcheggio sotterraneo del palazzo, arrivai in contemporanea con Michele.
"Isi buongiorno!"
"Buongiorno a te!"
"Senti volevo chiamarti ieri ma poi sono stato troppo impegnato e mi è passato di mente. Volevo sapere se è tutto apposto tra noi, sabato ti ho vista strana."
"Ma certo che è tutto apposto! Perche me lo chiedi?"
"Ah bene, meno male! Pensavo ce l'avessi con me per il fatto che c'era anche John e non te ne avevo parlato."
"E perché mai!"
"Magari poteva creare suggestione, in fondo è sempre il capo!"
"Assolutamente, nessun problema e poi a mala pena ci siamo visti e parlati." Ero diventata brava a mentire.
Entrammo in ufficio e in sordina andai dritta alla mia scrivania.
Cercai di buttare un occhio all'ufficio di John ma era vuoto, in effetti non avevo visto neanche la sua macchina nel parcheggio.
Forse era impegnato e non sarebbe venuto in ufficio. Meglio così pensai, una distrazione e una preoccupazione in meno.
Infatti lavorai bene tutta la mattinata senza interruzioni e imprevisti.
L'unica interruzione fu da parte della mia collega Denise che mi chiese se gentilmente potevo portare due caffè nell'ufficio del signor Masi, Raoul Masi.
Da quando tutti nell'ufficio avevano scoperto che ero l'unica a saper far funzionare la macchina dell'espresso mi veniva richiesto su necessità di prepare qualche caffè per eventuali clienti o ospiti.
Tirai un sospiro di sollievo quando Denise pronuncio il nome Raoul, sentendo parlare di signor Masi pensai subito a John.
Presi un vassoio, poggia i due caffe e andai nell'ufficio.
Non c'era nessuno, andai verso la scrivania e poggiai le tazzine sul tavolo.
Appena mi voltai me lo ritrovai davanti, non Raoul ma John in carne e ossa.
Ho sempre avuto un riflesso incondizionato per tutto, qualsiasi cosa inaspettata anche un semplice squillo di un telefono mi faceva sussultare se ero sovrappensiero o se mi prendeva di sorpresa, figuriamoci ritrovarmelo davanti.
Sobbalzai e indietreggiai urtando la sedia dietro di me e rischiando di cadere sulla scrivania di vetro, a salvarmi da quell'imminente danno fu la sua scaltrezza. Mi prese al volo ritarndomi a lui.
Per un attimo i nostri visi furono così vicini da riuscire a sentire il calore del suo respiro, il profumo della sua barba.
Se avessi voluto mi sarebbe bastato allungare le labbra per baciarlo, la tentazione fu forte.
Le sue mani su di me, che stringevano la mia vita con fermezza, provocarono una serie continua di brividi che percorsero tutta la schiena ma soprattutto un impulso di eccitazione che si appropriò del mio corpo.
"Ti prendo sempre!" Sussurrò nel mio orecchio.
Deglutii tentando di trovare la voce per dire almeno una parola.
"Grazie..." Mormorai e lui allentò la presa lasciandomi andare.
Sentivo le gambe leggere e a mala pena riuscivo a stare in piedi. Cercai di riprendere il controllo di me e del mio corpo e di provare a togliermi da quell'imbarazzo.
"Mi dispiace, sono troppo maldestra. Non mi ero accorta che tu fossi qui, propro dietro di me."
"Sono arrivato ora e avevo voglia di un caffè!"
"Ah il caffè è anche per te?"
"Si..."
"Pensavo fosse per tuo fratello e magari un suo ospite"
"Nessun ospite, solo io, ti dispiace?" Il suo tono era divertito e il suo sguardo furbo.
"Eccoti!" Svagò allontanandosi da me di qualche passo "Raoul è appena arrivato il caffè!" SI rivolse al fratello indicando la tazzina.
"Salve Isabella, grazie mille sei sempre molto gentile"
"Di nulla, io andrei."
"No, aspetta un momento" Bevve veloce il caffè e continuò "Avrei bisogno di una tua firma su questo foglio, alle risorse umane sicuramente gli è sfuggita."
Firmai un po' intimidita, percepivo entrambi i loro occhi su di me. Mi congedai in maniera frettolosa ma prima di uscire il signor Raoul mi rivolse di nuovo la parola.
"Isi volevo dirti un'ultima cosa, siamo veramente molto soddisfatti del tuo lavoro!"
"Grazie mille, mi fa molto piacere" Risposi orgogliosa.
"Inoltre mio fratello non fa che lodarti, dice che non può più lavorare senza di te. Credimi detto da lui che è un asociale cronico è un grande complimento."
Mi voltai nella sua direzione e gli sorrisi, forse ero anche un po' arrossita ma non mi importava perché ero veramente molto felice.
Mi fece un occhiolino e quello mi confermò quanto aveva appena detto il fratello.
Sapevo con certezza che a prescindere da quella strana situazione che si tava creando tra di noi, il nostro affiatamento sul lavoro era reale.
Lavoravamo bene, ci capivamo subito, riuscivo a soddisfare le sue esigenze e richieste, anche le più complesse.
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Era di Maggio
ChickLitIsabella, per tutti Isi, è una giovane e vivace trentenne che vive e lavora a Napoli, città che adora. Un po' per pigrizia, un po' per le tante attenzioni della sorella Sara, continua a vivere con lei e suo cognato. In una calda giornata di maggio I...