Capitolo 4 - II

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Quel velo di nostalgia sul mio viso era una costante giornaliera ma la tristezza l'avevo allontanata da un po' e quel giorno era riapparsa.
"Cos'hai Isi?" Rania prese una sedia e si mise seduta vicino a me, mi prese una mano e la strinse forte.
Le raccontai quello che Michele mi aveva dettagliatamente confessato poco prima che lei tornasse a casa.
"Ma è una cosa bruttissima, come possono le persone arrivare a fare azioni del genere, mi dispiace molto!"
Mi abbracciò stretta, andò subito a preparare un thè con delle rose secche che amavo moltissimo, arrivavo fino al bazar per comprarle.
Ne bevvi un po', quel calore nella gola mi fece sentire meglio.
Avevo provato molti thè da quando mi ero trasferita a Istanbul, ce n'era uno in particolare che mi piaceva ma non riuscivo a odorarlo.
Mi destabilizzava.
Nel preparato probabilmente c'era anche del bergamotto essiccato e ogni volta che versavo l'acqua calda sprigionava quell'intenso odore che mi ricordava il profumo di John.
Smisi di berlo e lo sostituii con quello alle rose.
"Come ha potuto non dirmi nulla? Sarei dovuta essere la prima a sapere e invece se non fosse stato per Michele non l'avrei mai saputo."
"Mi piacerebbe un giorno poterlo incontrare faccia a faccia e chiederglieli come ha potuto pensare che tu non avessi diritto di sapere."
"Rania come è possibile che la mia vita ruoti costantemente intorno a un uomo? Tu mi conosci, io non ho mai avuto bisogno di nessuno per essere completa, ora invece mi ritrovo insicura, piena di tristezza e nostalgia, convinta che nessun uomo potrà mai più far parte della mia vita e con quella sensazione di costante vuoto"
"Ma cosa dici! Vedrai che con il tempo passerà tutto e troverai qualcuno che ti farà stare meglio!"
"Lo sai qual è la cosa strana, che tutti questi eventi e bugie messi in piedi da Dario e Melania sono sicura che riuscirò a metabolizzarli, ma la freddezza di John di quel giorno, quella no, non credo di riuscire a superarla. Mi è rimasta dentro."
"La vedo la tua tristezza!"
"Sì, io sono immensamente triste perché lui ha abbandonato subito l'idea che insieme avremmo potuto farcela, sono delusa che lui non abbia capito quanto lo amassi, sono arrabbiata del fatto che lui non ha lottato per me."
"Con il tempo la supererai, credimi."
Non so perché, ma dal suo tono mi convinsi che a quelle parole non credeva neanche lei.
"Si forse supererò tutto il dolore che mi ha provocato, ma non supererò mai l'amore che provo per lui e tutto questo mi terrorizza più di ogni altra cosa... Mi terrà legata a lui per sempre."
"Se non ti conoscessi direi che stai esagerando, però so come sei fatta e non posso dirti che riuscirai a smettere di amarlo ma magari con il tempo lo amerai un po' meno e questo ti permetterà di andare avanti."
Bisognava solo continuare a guardare avanti, forse aveva ragione mia sorella con il tempo lo avrei amato meno, anche se solo al pensiero mi si stringeva il cuore e mi sentivo soffocare.
Quando mi mancava stringevo tra le dita la collanina che mi aveva regalato, mi dava la percezione che mi facesse sentire meglio.
Quella sera non avrei lavorato, era il mio giorno libero.
Dedicai la serata a mia sorella e mia nipote, mangiammo schifezze e guardammo un cartone della Disney per far contenta la piccola.
Mi riempiva il cuore di gioia vedere come entrambe le mie sorelle erano riuscite a trovare la loro dimensione e ad essere veramente felici.
Ero molto legata a loro.
Rania, con la sua bambina e il suo Alex, un uomo adorabile, affettuoso e innamorato della sua famiglia e poi Sara, che mi mancava tantissimo, mi dispiaceva per lei, ripeteva sempre di non sembrarle vero che io non vivessi più a Napoli.
Mi faceva almeno una videochiamata al giorno e mi riempiva di messaggi anche inutili a volte ma non stavo lì a sindacare, sapevo che il distacco era stato traumatico per lei, in fin dei conti mi aveva accudito da vera sorella maggiore per ben cinque anni.
Anche a Gennaro mancavo molto, mi aggiornava sempre sulle partite di calcio e in suo onore ero andata anche una volta allo stadio a vedere una partita del Napoli contro non so quale squadra turca.
Mi aveva portata Berk appena aveva saputo di quel desiderio, comprò due biglietti e mi accompagnò.
Si era stupito quando gli dissi che a Napoli la domenica guardavo la partita con mio cognato.
In realtà non la guardavo per lo sport in sé per sé, non ero una grande esperta, la vedevo esclusivamente per tutte le frasi che uscivano dalla bocca di Gennaro che mi facevano ridere talmente tanto che ne avevo fatto un quadernino per non dimenticarle.
Guardando il camino accesso pensai a come sarebbe stata la mia vita futura, ormai dovevo cominciare a scrivere un nuovo capitolo. Pensai che non mi sarebbe dispiaciuto far diventare quella città, Istanbul, la mia nuova casa. Mi stavo trovando bene, avevo delle nuove amicizie, un nuovo lavoro, non era quello per cui avevo faticato tanto e lavorato sodo ma mi faceva sentire bene, a volte mi rilassava guardare la gente al proprio tavolo consumare tra una chiacchera e un'altra e magari ridire, amarsi o addirittura litigare.
E poi c'era il mare, mi ero sempre ripromessa che se Napoli non fosse stata la città definitiva in cui vivere mi sarei accontentata solo di un'altra città con il mare.
Istanbul lo aveva e aveva molto altro da offrirmi.
Dovevo solo prendere in considerazione l'idea di prendere delle vere e proprie lezioni di turco, anzi tante lezioni di turco, perché prima o poi avrei dovuto fare i conti con quella lingua se ero intenzionata a trasferirmi lì.








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