Capitolo 14 - Pizza e Babà

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Salii sullo scooterone e lo abbracciai forte.
Mangiammo la pizza, tra la confusione e le chiacchiere della gente. Riuscimmo a parlare abbastanza ma non come avrei voluto, d'altra parte era impossibile trovare un po' di intimità nei locali di Napoli. Era sempre tutto sopra le righe, caotico e chiassoso ma forse era anche quello che mi aveva fatto innamorare di quella città e della sua gente.
"Allora la pizza l'abbiamo mangiata, ora?"
"Dolce?"
"Vada per il dolce!"
"Conosco un bar-pasticceria buonissimo, vado sempre lì a fare colazione e di solito chiudono tardi la sera, specialmente l'estate. Potremmo andare a piedi non è lontano."
"Fammi strada."
Ci incamminammo sul lungomare Caracciolo in direzione di palazzo Donn'Anna.
Era la passeggiata che preferivo in assoluto, specialmente di notte, quando le luci si riflettevano sul mare che spariva nel nulla del buio e rimaneva solo il rumore delle onde che si infrangevano sugli scogli.
"Tu non sei di Napoli! Ho visto che sei nata a Roma!"
"Si nata e cresciuta a Roma. Sono a Napoli da cinque anni."
"Neanche tu sei napoletano!"
"Sì, io sì , anche se le elementari le ho fatte a New York, perché in quel periodo ci eravamo trasferiti lì. Mia mamma è americana, quindi per lei era più comodo."
"Ah ora capisco anche il tuo nome."
"Si era il nome del mio nonno materno!"
"Come mai siete tornati a Napoli?"
"Era appena morto mio zio, il papà di Michele, mio padre non se la sentì di lasciare solo mia zia. Anche il lavoro era quasi tutto qui in Italia e così decisero di tornare!"
"Si Michele mi ha raccontato di questa brutta storia e ha aggiunto che tuo padre è stato importantissimo per lui e tu sei come un fratello, è molto affezionato a te e alla tua famiglia."
"Lo so, mi ha detto che vi siete parlati!"
"Allora è vero che vi dite tutto! Mi ha accennato che non avete segreti!"
"Sì fino ad oggi!"
"Cosa non gli hai raccontato?"
"Che abbiamo cenato insieme, che stiamo per andare a prendere un gelato...Mi ha chiamato in pizzeria quando eri andata in bagno e non gli ho detto che eravamo insieme."
"Capisco! Non credo morirà nessuno per questo piccolo segreto!"
Supposi che fosse meglio che Michele non sapesse che io John avevamo passato insieme l'intera giornata, condividevo la sua scelta che molto probabilmente era stata influnzata dal mio attegiamento del pomeriggio. Non mi andava di creare il caso o inutili chiacchiericci, soprattutto perche non era successo niente di così eclatante da dover essere raccontato, solo una semplice pizza tra amici.
Continuai a comportarmi normale, a parlare del lavoro, delle nostre vite, gli raccontai di Roma, della mia famiglia, del fatto che vivessi con mia sorella e di non aver mai trovato il coraggio per andarmene a vivere da sola.
Mi raccontò dei suoi studi e di tutti i posti che aveva visitato, mi parlò molto del sud America e di come gli piacesse andare lì. Parlammo molto, ci fermammo solo quando arrivammo alla pasticceria.
Entrati diede per scontato che volessi un gelato, in realtà non vedevo l'ora di mangiare un babà, lo indicai già con l'acquolina in bocca alla signora dietro al bancone.
"Non ci credo, veramente un babà!"
Sorrisi convinta.
Appena fuori la pasticceria diedi il primo morso al mio dolce e tutto il rum colò sulle mie mani. Feci spallucce guardando John, ormai il danno era fatto.
Sorrise, sicuramente della mia goffaggine, e d'istinto mi strinse a sé allungando un braccio intorno alle mie spalle.
"No ho resistito è la cosa più simpatica che abbia mai visto!"
"Cosa? Sbrodolarsi?" Chiesi divertita.
"Credimi io non conosco nessuna donna come te!"
"Come me in che senso?" Chiesi cercando di pulirmi le mani e la bocca dallo sciroppo appiccicoso.
"Che esce così, senza preavviso, senza curarsi di quello che indossa, straordinariamente semplice, che mangia la pizza benché le vengano offerte ostriche e champagne e per dolce sceglie un babà!"
Il suo tono cambiò "Ho conosciuto tanta gente ma nessuna mi ha mai sorpreso quanto te. Tu mi sorprendi con le cose più semplici."
Il suo volto e il suo sguardo intenso mi disorientavano. Le sue labbra mi distraevano, le stringeva tra i denti un po' nervoso. Le sue parole mi colpirono così tanto che feci fatica a riprendere la conversazione.
"Grazie, ma mia sorella se fosse qui ti verrebbe contro! Lei dice sempre che questo mio essere semplice e spontanea potrebbe anche diventare il mio tallone d'Achille. Dice che il mondo è malizioso e furbo e che le persone come me rimangono spesso deluse da chi invece ha capito come vivere."
"Tua sorella ha ragione ma non bisogna farsi plasmare, credo che tu sia perfetta così come sei!"
Non riuscivo a credere alle sue parole, al fatto che avesse una visione così positiva di me e che avesse passato un'intera serata a complimentarsi e farmi sentire speciale. L'idea di dovergli chiedere di riaccompagnarmi a casa mi stava facendo contorcere lo stomaco. Non volevo andar via, avrei dovuto prendere le chiavi di casa invece le avevo dimenticate. Ero costretta a tornare per evitare di svegliare a notte fonda mia sorella o Gennaro.
Ci salutammo un po' impacciati. Gli diedi un bacio sulla guancia veloce e poi scappai, ma lui aspettò fino a che non mi aprirono la porta.
Prima di chiudere il portone dietro di me, disse il mio nome.
"Sono stato bene!"
"Anch'io!" Sorrisi
"Tanto!" Aggiunse.
Nell'ascensore, nel silenzio della notte, riuscivo a sentire il mio cuore battere all'impazzata.
Era stata veramente una serata strana. Non era possibile definirlo un appuntamento, non era successo nulla tra di noi di romantico ma allo stesso tempo non riuscivo neanche ad etichettarla come un'uscita tra amici. Le sue attenzioni, i suoi comportamenti, i suoi sguardi mi avevano lasciato con una speranza difficile da non alimentare.

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