Capitolo 66

557 95 11
                                    

Arrivammo a casa e appena davanti la porta poggiò il mio borsone a terra e mi prese la mano.
“Prima di entrare voglio che tu sappia una cosa, nessuna donna ha mai messo piede in casa mia, nessuna donna ha mai dormito nel mio letto. Non ho mai portato nessuna qui, neanche Melania” Immaginai quanto fosse difficile per lui pronunciare quel nome davanti a me ma capii il motivo per il quale la nominò, voleva farmi capire una volta per tutte che io era la prima e l’unica di tante cose nella sua vita.
“Sei la prima e sarai l’ultima” per sdrammatizzare continuò “Poi mi sto facendo vecchio, non ho più la pazienza di correre dietro alle donne. Quindi si sarai l’ultima!”
“Oh! Bè John Masi io non sono ancora così vecchia, chissà un giorno potrei tornare in pista”
“Prova a ridire una cosa del genere e dormi in giardino!”
“Ah è cosi, già sono stata esiliata in giardino?”
Si pentì subito di quella battuta, come se io poi gli avessi dato peso.
Appena entrati, John mi spiegò tutto quello che c’era da sapere sulla casa e su dove fossero le cose. Lo aspettai in salone mentre rispondeva a una chiamata di lavoro. Quella casa era veramente bella, rimasi in piedi a guardare attraverso l’enorme vetrata il giardino.
Non sentii i suoi passi ma lo vidi riflesso nel vetro. Mi abbracciò da dietro e cominciò a baciarmi il collo che scoprii dai capelli per lasciarlo alla sua portata. Cominciò con una mano a sbottarmi la camicetta e a insinuare le sue dita nel mio reggiseno. Con l’altra premeva sulla pancia per tenermi stretta a lui e piano scese fino a dentro la mia gonna, dentro i miei slip. Non resistetti a lungo, mi eccitava talmente tanto che lo volevo subito. Mi voltai e senza indugi sbottonai i suoi pantaloni per farli cadere. Si tolse la maglia, mi sfilò la gonna insieme agli slip mentre io toglievo la camicetta ormai sbottonata. Lo spinsi verso il divano, lo feci sedere e mi misi su di lui. Subito mi uscì un mugolio di piacere mentre mi muovevo su di lui. Mi stringeva avido, toccando ogni parte del mio corpo. Lo vedevo godere mentre mandava indietro la testa. Si alzò con me ancora sopra di lui e mi poggiò a terra sul tappeto. Continuò prima piano poi a ritmi sempre più sostenuti, mi aggrappai alla sua schiena poi ai suoi capelli che avevo sciolto dalla coda. Era selvaggio sia nell’aspetto che nel modo in cui faceva l’amore con me. Ero sotto di lui, il suo peso e il suo andare e venire incessante mi eccitavano da matti. Lo sentivo ansimare e ripetere il mio nome mentre mi baciava tra il collo e l’orecchio.
Rimanemmo forse per più di un quarto d’ora su quel tappeto ancora bramosi l’uno dell’altro.
Mangiammo qualcosa e lo lasciai andare a fare una doccia mentre sistemavo la cucina. “Questa è la tua cucina” mi disse “se non ti piace la cambieremo, come cambieremo tutto quello che non è di tuo gusto” ma come poteva pensare che avessi intenzione di modificare qualcosa in quella casa, mi sembrava impossibile poter definire tutte quelle cose come mie.
Andai in camera e come già era successo a Ischia avevo dimenticato il pigiama. Pensai di mettere una delle sue maglie e cominciai a cercare nei cassetti qualcosa da indossare. La vidi subito era ben piegata, la mia camicetta, quella del giorno in cui tornando in motorino ci colpì un acquazzone. Decisi di dormire con quella. Presi le mie cose e andai nell'altro bagno. Quando rientrai in camera lui era già sdraiato sul letto a dorso nudo indossando solo dei calzoncini. Lo presi alla sprovvista, lo notai dalla sua espressione. Mi presentai in slip e la camicetta di lino bianco semitrasparente che tanto lo aveva scosso.
Fu letale, lo fece letteralmente impazzire e uscire fuori di testa. Non avrei potuto provocarlo in maniera più esplicita.

Era di MaggioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora