Capitolo 6 - II

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21 dicembre. Mia madre avendo letto sul calendario quella data era partita alla carica già dalla mattina a darmi il cordoglio.
Se non le rispondevo al cellulare chiamava a casa, se non rispondevo a casa chiamava Rania fino alla fine ero costretta a risponderle e rispiegarle da capo per quale motivo non volessi tornare a Roma per Natale. L'aveva presa come un fatto personale, Sara sarebbe salita da Napoli con Gennaro, persino Rania sarebbe andata per le feste natalizie in Italia, l'unica a mancare ero io.
Tornare in Italia in quel momento significava fare di nuovo i conti con il passato e io volevo solo proiettarmi al futuro.
Trovandomi in un periodo di transizione avevo bisogno di rimanere stabile in un posto.
Se fossi tornata a Roma sicuramente al mio ritorno a Istanbul avrei sofferto di nostalgia verso la mia famiglia, i miei affetti, e di tutto avevo bisogno eccetto che di altri scombussolamenti di stati d'animo.
Le dissi di non preoccuparsi, non avrei passato il Natale da sola, la viglia avrei lavorato e il venticinque avevo intenzione di cucinare io stessa un pranzo natalizio per Alice, suo marito e Berk.
Alice e Berk erano di religione cattolica mentre il marito di Alice, Mete non professava nessun credo religioso ma di sicuro era molto contento all'idea di mangiare le lasagne italiane il giorno di Natale.
Ad Istanbul, essendo un paese con un credo religioso per lo più islamico, il Natale non era molto sentito, se non per quello che riguardava gli addobbi che servivano principalmente per attrarre i turisti stranieri. Il Capodanno quello sì, veniva festeggiato e anche alla grande.
Comunque dopo ore e ore di estenuanti trattive convinsi mia madre che per quel periodo sarei rimasta a Istanbul e appena passate le feste avrei ponderato di andare a trovarli.
Rania fortunatamente mi spalleggiò, certo le dispiaceva lasciarmi sola, però aveva capito il mio punto di vista.
Nel primo pomeriggio sarebbero andati in aeroporto per prendere l'areo, io li avrei salutati prima, avevo promesso a Alice che l'avrei aiutata a fare l'albero di natale al locale e qualche altra decorazione.
Giustamente avendo scoperto quale fosse il mio lavoro prima di diventare barista mi obbligò a fare del mio meglio.
Così andai a Sultanahmet per fare un giro nel bazar sperando in qualche ispirazione, mi accompagnò Berk.
Gli proposi di invitare al pranzo di Natale anche la sua nuova ragazza, ma disse che era ancora presto per passare le feste insieme, erano solo all'inizio della conoscenza e non voleva accelerare le cose, e poi finito il pranzo sarebbe scappato per lavorare, aveva un volo per Zurigo e il giorno dopo sarebbe tornato a Istanbul.
Era per quel motivo che per le feste non era tornato in Germania a trovare la sua famiglia.
Anche lui come mio cognato era per metà turco e per metà tedesco, per la precisione di Monaco.
Stavo bene con Berk, diciamo sostituiva, a volte la schiettezza di Leila e in altre la spensieratezza di Michele, mi faceva sentire meno la mancanza dei miei amici.
Mi mancavano molto, soprattutto Leila.
La sua vita era andata avanti nel migliore dei modi, faceva coppia fissa con Simone. Ne ero contenta, perché così aveva qualcuno che le faceva sentire meno la mia mancanza, la distraeva dall'idea che la sua migliore amica era a più di 800 miglia di distanza.
Quando ci sentivamo, parlavamo molto, poco di me, non avevo molto da raccontare, a parte descriverle la città e i posti nuovi che ogni giorno scoprivo, lei invece mi diceva tanto delle sue giornate e di come le trascorreva con Simone. Mi parlava anche di lavoro, senza mai nominare John, mi raccontava dei nuovi progetti che l'agenzia stava facendo o che era in procinto di fare. Mi raccontò anche che i miei vecchi colleghi, tra cui anche Denise, avevano chiesto come mai non lavorassi più lì e di comune accordo con Michele avevano raccontato un enorme bugia. Avevano lasciato credere a tutti che per un periodo avrei lavorato nell'ufficio di Milano. Li rimproverai per quella bugia perché la mia decisione era irreversibile, avevo addirittura dato le dimissioni, ma spalleggiati anche dal Sig. Raoul avevano deciso di lasciare, invano, un spiraglio di speranza. Mi ripeteva che nel caso fossi tornata al mio lavoro, alla mia vita di sempre, non avrei destato sospetti con la farsa che avevano messo in piedi.
Provai a farle capire che non sarei tornata ma non voleva accettarlo e decisi di non riaprire più il discorso, con il tempo avrebbe capito da sola.
A Berk raccontavo spesso di loro, a lui piacevano i miei racconti e soprattutto gli piaceva sapere di Napoli e di come si vivesse in quella città.
Passammo la maggior parte del tempo nel bazar soprattutto in quello delle spezie e alla fine dopo tanto cercare trovai la mia ispirazione, tornammo a casa pieni di buste.
Le stesse buste che il giorno dopo mi ritrovai da sola a scaricare al locale per mancanza di aiuti. Alice ancora non c'era e neanche Mete.
Fortunatamente mi fecero trovare l'albero già montato.
Ci misi un paio d'ore ma finalmente poco prima dell'apertura pomeridiana riuscii a finire.
Alice quando vide l'albero e i vari addobbi rimase piacevolmente stupita, ad essere sincera avevo fatto un bel lavoro e soprattutto lo trovai inerente alla città che mi ospitava.
Non lo addobbai con palline e fiocchi ma con fette tonde di arance e limoni essiccati e mazzetti di bastoncini di cannella avvolti con nastrini di raso rosso.
Naturalmente lo riempii di luci calde e per dare ancora colore misi qua e là qualche rametto di pungitopo.

Era di MaggioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora