Capitolo 5 - II

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Il giorno dopo mi svegliai molto convinta di dare una svolta definitiva alla mia vita. Il lavoro era pressoché sistemato, il mio permesso di soggiorno durava altri tre mesi e al momento opportuno lo avrei rinnovato, l'unica cosa di cui avevo bisogno era una casa tutta mia.
Rania disse che era una follia, non serviva affrettarsi tanto, potevo continuare a stare con loro secondo lei, ma ormai mi ero convinta, se proprio dovevo ricominciare da capo allora volevo farlo per bene. Obbligai mio cognato, nel suo giorno libero, ad accompagnarmi da un agente immobiliare, non parlando la lingua avevo bisogno di un intermediario.
Vedemmo varie case ma erano tutte fuori dalla mia portata, soprattutto nel quartiere dove viveva mia sorella. Avrei dovuto cambiare quartiere ma le uniche disponibile si trovavano dall'altra parte della costa e non ero molto convinta ad allontanarmi troppo. L'unica casa, veramente degna di nota, che vidi però solo da fuori, fu una villa con vista sul Bosforo, non ebbi il coraggio neanche di chiedere il prezzo.
Se avessi provato a chiedere informazioni l'agente immobiliare mi avrebbe preso per pazza e mi avrebbe riso in faccia. Non era di certo il tipo di immobile che si può comprare con molta facilità, John sicuramente lo avrebbe potuto fare, ma io con i miei risparmi e lo stipendio da barista arrivavo a malapena ad affittare un decimo del giardino della villa. Mi rimase comunque impressa, fu amore a prima vista.
Tornai a casa un po' sconsolata ma non meno caparbia nell'abbandonare l'impresa, era solo posticipata.
Quella sera decisi anche di autoinvitarmi e andare a ballare in un locale molto conosciuto a Istanbul, con Alice, Mete e un gruppo di loro amici.
Rania non sembrava esserne felice.
"Perché stai criticando tutte le mie scelte?" Le chiesi un po' infastidita.
"Perché sono forzate. Lo stai facendo solo perché te lo imponi non perché ti va!"
"E chi ti ha detto che non mi va!" Risposi risoluta.
"Mai dai finiscila, sei stata uno zombie per tre mesi e ora in un giorno vuoi fare di tutto e di più."
"E allora, cosa dovrei fare aspettare invano che succeda qualcosa?"
"No, ma sembra che ti stia sforzando ad essere qualcosa che non sei. Dovresti fare solo quello che senti senza sforzarti o importi qualcosa per cui ancora non sei pronta."
"Oh Rania ho già dato, ho già vissuto facendomi trasportare dall'istinto o da quello che sentivo e dove mi ha portato?"
"Lo so ma obbligarsi ad andare ad affittare case, ad andare a ballare, quando fino a ieri sera guardavi fissa il muro senza parlare, non mi sembra un buon modo per ricominciare. Concentrati su te stessa, capisci veramente quello che vuoi e non fingere che le cose magicamente si sistemeranno in una notte, perché quando ti renderai conto che non è tutto apposto sarà peggio!"
"Mi sembri Sara in questo momento, cos'è preferisci vedermi triste che piango in angolo?"
"No, ma neanche vederti fingere il contrario. Comunque fai come vuoi non sarà una serata in discoteca a fare poi chissà quale danno!"
E invece aveva ragione. La serata in discoteca fu disastrosa, mi sentivo fuori luogo, senza uno scopo, appena qualcuno provava ad avvicinarsi scappavo a gambe levate, l'unica cosa che riuscii a fare senza rovinare la serata anche agli altri era bere, e più bevevo e più mi sentivo spaesata, sembrava che non riuscissi più a divertirmi senza John. Cavolo, aveva monopolizzato involontariamente la mia vita, talmente tanto che qualsiasi cosa facessi era collegata a lui. Mi sembrava tutto una grande perdita di tempo persino divertirmi.
Alice mi riaccompagnò a casa e Rania quando aprì la porta si mise una mano in fronte.
Mentre vomitavo in bagno sentivo vagamente il loro parlare.
"Gliel'avevo detto che non era pronta, ma lei ha fatto la sostenuta!"
"Dai non essere così severa con lei, è giusto che provi a cambiare, non può stare solo a casa, al lavoro o girovagare da sola per Istanbul."
"Ma non dico che lei non debba provare, ma a piccole dosi. Oggi è voluta andare a vedere una casa da affittare, te l'ha detto?"
"No, veramente?"
"Sì, e lo sai cosa ha detto quando è tornata?"
"Che sono tutte care in questo quartiere?" Chiese ingenuamente Alice.
"No, che ha visto una casa bellissima e se l'avesse vista John avrebbe venduto la sua villa di Napoli per comprarla! A te quella sembra una donna che ha la forza di distaccarsi dal suo passato?"
Quanto stavo odiando le parole di mia sorella, le odiavo con tutta me stessa perché non c'era una parola che non fosse vera.
Avevo voluto fare tutto e tutto insieme per non ottenere nulla, ma cosa mi aspettavo che scoccando le dita avrei dimenticato John? Che la mia vita sarebbe diventata tutta briosa, piena di unicorni e arcobaleni?
Diedi retta a mia sorella, a piccoli passi avrei ricostruito la mia vita, piano con i tempi giusti e la mente sgombra.
Mi accompagnò a letto e per punizione mi disse un bel "Te l'avevo detto!" Ne aveva tutto il diritto.
Per quanto mi vergognavo avrei preferito stare male per tutta la notte e anche il giorno dopo e invece riuscii a riprendermi con una bella dormita e un'aspirina.

Era di MaggioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora