Capitolo 36

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La vacanza fu semplice, rilassante e tutto sommato utile a ritrovare un po' di equilibrio, mi sentivo più energica e l'idea di continuare a piangermi addosso mi disgustava sempre di più, non era da me. Volevo ritrovare quella forza e caparbietà che mi aveva sempre fatto affrontare la vita a viso aperto.
L'unico intoppo avvenne l'ultimo giorno quando per scendere da una scogliera mi slogai una caviglia. Niente di grave, ma il medico del pronto soccorso mi consigliò di utilizzare le stampelle per qualche giorno e evitare di poggiare il piede a terra.
Così quando il sabato tornai a casa e Sara mi vide con la caviglia fasciata e le stampelle alle braccia le prese di nuovo un colpo. Mi urlò che non aveva bisogno di fare figli perché già ne aveva una bella e cresciuta che non faceva altro che farla preoccupare, Gennaro nel frattempo rideva seduto in cucina dell'assurdità della scena e della teatralità della fidanzata.
Preciso come un orologio svizzero chiamò Dario per rivendicare l'aperitivo promesso e fui costretta a confermare l'appuntamento un po' per non dargli un dispiacere, ci teneva molto, un po' anche per ringraziarlo dell'affetto e la gentilezza che mi aveva dimostrato dopo gli ultimi eventi. Gli chiesi se poteva passarmi a prendere, in quello stato non potevo né guidare né camminare.
Nonostante fossi prevenuta fui costretta ad ammettere che l'incontro con Dario fu piacevole, parlammo della mia vacanza, della sua settimana nell'afosissima Napoli, di come mi fossi procurata la slogatura alla caviglia e di quanto fossi maldestra e goffa. Mai nominò John e quanto successe alla festa, fui io a tirare fuori l'argomento.
"Volevo ringraziarti per la sera della festa!"
"Non serve parlarne!" Mi sorrise.
"Lo so ma ti ringrazio lo stesso per il tuo atteggiamento, ho molto apprezzato. Non mi hai fatto pressioni per parlarne e questo è stato importante, era giusto fartelo sapere"
"Non potevo lasciarti lì, in balia di quella situazione assurda, non te lo meritavi!"
"Come hai fatto a trovarci quella sera?" Fu un particolare su cui non avevo fatto attenzione, mi venne in mente solo in quel momento.
"Veramente stavo andando in macchina, avevo una cosa da prendere. L'unico passaggio per il parcheggio è attraverso la villa e quando ho sentito la tua voce non ho potuto far finta di niente."
"Capisco!"
"Un'ultima cosa... mi sono permesso di chiamare Leila visto che questa mattina avevi il telefono spento e mi ha detto il motivo della tua discussione. Come ha potuto tenerti nascosta una cosa del genere... che omm e merd!"
Inconsciamente mi diede fastidio quel suo modo di appellare John, ma lasciai correre.
"Sono sincera, credo che stesse per dirmelo, ma Melania lo ha preceduto!"
"Sei troppo buona, non devi giustificarlo." Disse serio.
"Non lo sto giustificando, sto solo dicendo quello che ho percepito. Una cosa non la capisco però, come ha fatto lei a sapere della festa? Sicuro qualcuno l'avrà informata, e poi sembrava fosse venuta con l'intento di farsi conoscere proprio da me."
"Ne sei certa di questo?"
"No no semplice supposizione e istinto."
Di solito il mio istinto non sbagliava, ma ormai serviva a poco, il danno era stato fatto.
Dario si offrì di venirmi a prendere al lavoro fino a quando non riuscissi di nuovo a ritornare autonoma, mentre per l'andata ci avrebbe pensato mio cognato Gennaro. Accettai a cuor leggero, più che altro perché notai realmente una voglia da parte sua di instaurare un'amicizia, in quella giornata non fece nessun passo falso, nessun complimento fuori luogo né tantomeno avance.

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