61. posacenere

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Federico fece qualche passo nell'erba, i piedi scalzi e il viso rivolto verso il Sole, a godersi i suoi raggi caldi direttamente sulla pelle. Era da poco passato mezzogiorno, aveva finito di allenarsi mezz'ora prima, ma, stranamente, non aveva fame. Quella stessa mattina aveva mandato giù il cibo a forza, come se non facesse quella colazione ogni martedì mattina e non avesse stabilito il proprio menu con il nutrizionista della società per evitare di mangiare qualcosa che non gli piacesse. Da quando, la sera prima, aveva visto quelle foto sul profilo di Alessia, lo stomaco gli si era chiuso e, dopo essersi infilato a letto, aveva deciso che farsi scorrere sotto gli occhi le foto che loro due avevano insieme fosse un'idea più che considerabile. Così, anche quando si era reso conto che fosse troppo tardi per evitare di farsi del male, o che proprio non fosse il caso di farlo in assoluto, aveva puntato gli occhi prima sulla foto della loro prima uscita, un selfie in cui lei sorrideva divertita mentre lui stava guidando, poi su una foto che gli aveva scattato Giulia a Roma, mentre stavano in realtà discutendo su chi sarebbe dovuto andare con Stephan, lui con un braccio a cingerle le spalle e lei con una mano appoggiata al suo petto.
Sapeva che era colpa sua se lei non aveva condiviso alcuno di momenti, perché lui non voleva che la loro relazione fosse di dominio pubblico, ma sul suo profilo non c'era una minima traccia di come e quanto fosse innamorata di lui, e a questo punto chissà quante altre relazioni aveva potuto nascondere così.

Alzò gli occhi svogliatamente sul muro della casa, per poi rischiare di cadere all'indietro quando il suo sguardo si incatenò a quello della castana, che aveva i gomiti appoggiati sul davanzale della finestra della camera dove, in quell'esatto momento, sarebbe dovuta essere a dormire. Aveva i capelli stranamente sciolti, le ricadevano sulle spalle disordinatamente. I suoi occhi azzurri erano fissi sull'orizzonte oltre quella collina, ma si capiva facilmente che la sua testa fosse da un'altra parte. Deglutì, per poi posizionare le proprie mani sui fianchi e muovere qualche passo in avanti, fino a finire proprio sotto la finestra, attirando la sua attenzione.
Alessia, nel guardarlo, inclinò leggermente la testa, stirando leggermente le labbra in un sorriso doloroso e difficile.

«Non riesco a dormire» si giustificò, senza che lui le chiedesse niente. Federico annuí, per poi portarsi una mano sulla fronte per provare a proteggersi dalla luce forte che si rifletteva sui muri della casa. Era mezzogiorno, lei era tornata verso le sette e mezza, in quelle quattro ore non aveva fatto altro se non rotolarsi nel letto, sbuffando. Aveva così tanti pensieri che la tormentavano da non riuscire nemmeno a chiudere gli occhi per la confusione che sentiva nella propria testa. Si stropicciò gli occhi, facendogli capire quanto già era stanca, poi appoggiò la testa sulle mani, sorreggendola mollemente.

«Com'è andata oggi?» le domandò lui, stringendo gli occhi. Quella mattina l'aveva sentita rientrare ma era rimasto come immobile, quasi come se avesse preso una paura tanto grande da impedirgli di muovere anche solo un muscolo. Prima di andare a dormire, in realtà, le aveva preparato la colazione, sistemandola sul tavolo, assieme a una tazzina che aveva lasciato già nella macchinetta. Fin quando si era infilato sotto le coperte, aveva veramente avuto il dubbio se avrebbe dovuto mantenere quella linea dura con lei, anche perché sapeva che il filo che li teneva uniti già era messo alla prova da quel suo turno all'ospedale, e non sapeva se ne sarebbe valsa la pena di tirarlo ancora. Poi, si era immaginato il volto triste della ragazza, la sua espressione dura e il suo tono stanco e infastidito, e si era convinto di non riuscire a sopportare un'ulteriore litigata con lei. Così, aveva deciso che le avrebbe parlato quella sera, quando lei si sarebbe svegliata e, riposata, lo avrebbe potuto affrontare più serenamente.
Lei scrollò le spalle in maniera sconsolata.

«Tu com'è andata ieri sera?» gli rigirò la domanda senza rispondere veramente, nascondendo uno sbadiglio in una mano.

«Il film di Jessica era uno di quelli che tu adori» commentò Federico, con un sorrisetto furbo che lei captò subito. Aveva capito di che film stava parlando, quelli che si spacciavano per romantici ma erano banali e scadenti e che la sua amica stava invece adorava. Scosse leggermente la testa, alzando lo sguardo verso Torino, mentre quella domanda le ronzava in testa e la tormentava da quando aveva aperto la porta di casa e aveva visto che, nella cucina come sotto il portico lì fuori, non c'era Federico ad aspettarla per fare colazione come le aveva promesso solo qualche ora prima, e in realtà ci era rimasta peggio di quanto volesse ammettere. Aveva aspettato quel momento da quando era uscita da casa la sera prima, infastidita per il comportamento di lui, pentendosene quasi subito perché a causa della sua immotivata gelosia aveva perso uno degli ultimi momenti con Federico. Voleva sedersi davanti a lui, indipendentemente che fosse al suo fianco o uno da un capo e uno dall'altro del tavolo, e parlargli di quello che era successo, di cosa aveva visto, di come fosse tutto molto peggio di come lo percepiva lui, ma lui non c'era, e le era passata pure la fame.

complici, federico bernardeschiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora