43.acqua

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Federico mugugnò qualcosa di incomprensibile, per poi strofinarsi le mani sugli occhi e maledirsi perché aveva una sete incredibile e la sera prima, troppo distratto a parlare con Alessia dei loro futuri viaggi insieme, si era dimenticato di portare in camera il suo solito bicchiere d'acqua. Lei, entusiasta, si era lasciata scivolare via la nuvola grigia che sembrava campare sopra la sua testa da tutta la sera e gli aveva raccontato di quanto sognasse di fare un safari alle prime luci dell'alba in Sud Africa, o di come immaginava che fossero i riflessi delle luci del tramonto sulle cascate Iguazu, ma anche semplicemente come si sarebbe goduta un bel cannolo a Palermo, la città natale di suo nonno dove però sua madre non l'aveva mai voluta portare. "Ci sono così tante cose da vedere" aveva detto "E io le voglio vedere tutte insieme a te!" aveva aggiunto poi, quasi scodinzolando mentre camminava accanto a lui verso la macchina per tornare verso casa. Alla fine la cena cinese si era raffreddata e l'avevano dovuta scaldare al microonde, ma si erano divertiti a mangiarla seduti per terra nel soggiorno di casa, con la schiena appoggiata al divano e il braccio destro del ragazzo a cingerle le spalle mentre gestiva più o meno praticamente con la mano sinistra le bacchette, finendo per far cadere per terra più riso alla cantonese di quanto riuscisse a metterne in bocca e quindi a farsi imboccare da lei, che stava morendo dalle risate.
Allungò un braccio verso la parte opposta del letto, aspettandosi di trovarla ma sentendo solo le lenzuola stropicciate sotto i propri polpastrelli. Si era addormentato con la testa sul suo seno, le braccia a stringerle la vita e le sue mani tra i propri capelli, accarezzandoli con un movimento che lui riteneva talmente rilassante da farlo addormentare in qualche secondo. Il ragazzo chiaramente non lo sapeva, ma lei invece aveva fatto molta più fatica a prendere sonno e, quando lui aveva corrugato la fronte, probabilmente perplesso per qualcosa che stava sognando, e aveva leggermente allentato la presa sul suo busto aveva colto la palla al balzo per scivolare via dalla sua stretta e scappare da quella camera, rapita dai propri pensieri che la stavano praticamente mangiando viva e le facevano bruciare la testa.

Il biondo spalancò gli occhi e, confuso, si sollevò sui gomiti, stringendo le lenzuola tra le dita per capire se veramente fossero vuote e anche se si fosse sognato tutto, dal suo arrivo inaspettato a Torino a quella serata fantastica che avevano passato insieme. Deglutì, poi vide il suo telefono bianco in carica sul comodino e si tranquillizzò. Si stropicciò ancora una volta gli occhi e poi si mise seduto, guardandosi intorno. Quando appurò con lo sguardo che non era nemmeno nella cabina armadio o nella stanza del piacere, lasciò andare un sospiro e si alzò in piedi, rabbrividendo quando sentì i propri piedi nudi venire a contatto con il parquet freddo. I suoi passi furono veloci e in un attimo uscì dalla stanza, osservando dall'alto il soggiorno e rendendosi conto che la ragazza non era nemmeno lì, ma notando una luce soffusa proveniente dalla cucina. Aprì un po' di più la porta della camera e ci si infilò velocemente, premendo due volte l'indice sullo schermo del cellulare di lei per farlo illuminare e leggendo velocemente l'ora. Erano le tre di notte, cosa ci faceva sveglia a quell'ora?
Uscì di nuovo dalla stanza e scese silenziosamente le scale, per poi far sbucare la testa dalla porta della cucina.
Alessia era seduta sul tavolo, i piedi appoggiati su una delle sedie e una tazza in mano, concentrata nel guardare fuori dalla porta finestra Torino illuminata quasi solo e unicamente dalla luce dei lampioni. I suoi capelli erano sciolti e le ricadevano lungo la schiena in delle onde ordinate e la felpa troppo grande di Federico che aveva addosso la faceva sembrare una bambina.

«Ehi, che ci fai qui?» le domandò il ragazzo, forse usando un tono di voce troppo alto oppure non prendendo in considerazione che lei non si aspettasse per nulla di trovarselo davanti a quell'ora. La ragazza si girò di scatto e si mise una mano sul petto, chiudendo gli occhi mentre la paura era chiara sul suo viso.

«Mi hai fatto venire un colpo» sospirò, in una lamentela soffice. In quel momento, Federico era l'unica persona che avrebbe voluto vedere e che sapeva che sarebbe stata in grado di aiutarla, nonostante non sapesse proprio come affrontare quel discorso con lui. Il biondo sorrise e si avvicinò di qualche passo, posando le mani sulle sue ginocchia nude e rivolgendole uno sguardo furbo ma senza aggiungere nulla, semplicemente aspettando che lei rispondesse «Non riuscivo a dormire. Tu?» mormorò Alessia, prendendo un sorso di quello che conteneva la tazza, probabilmente the o camomilla, sicuramente qualcosa di caldo.

complici, federico bernardeschiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora