«Ciao» la ragazza si spostò i capelli da una spalla all'altra, guardando l'amico che la osservava da capo a piedi, spaventato di quell'espressione impaurita. Sembrava una scappata di casa, aveva delle occhiaie profonde e i capelli disordinati, raccolti alla ben e meglio in una cosa alta. Alessia si tirò giù le maniche della felpa pesante che aveva addosso, guardando in imbarazzo il ragazzo davanti a sé. Non si era mai trovata in una situazione del genere e sperava che lui la capisse anche senza dire niente, e per fortuna successe.
«Alessia... Che succede?» Marco aprì totalmente la porta e corrugò le sopracciglia. Aveva appena finito di cenare e gli si prospettava davanti una favolosa serata completamente dedita allo studio di uno dei mille libri di diritto privato che da qualche settimana avevano trovato una sistemazione stabile sulla scrivania in camera sua. Non si aspettava quella visita, sapeva che la ragazza era a Torino e non si aspettava sicuramente di trovarsela davanti alla porta di casa quella sera, anzi, qualche ora prima aveva pensato che magari le avrebbe dovuto mandare un messaggio per sapere come stavano andando le cose con il suo principe azzurro, convinto che stessero andando benissimo. Eppure se lei si trovava lì, in quelle condizioni, voleva dire che qualcosa era successo.
«Posso entrare?» gli chiese, la voce rotta e lo sguardo perso sul suo viso. L'aveva sempre invidiato perché era costantemente almeno un minimo abbronzato, gli bastava un minimo raggio di sole per scurirsi un po' e, anche in quel momento, la sua pelle era un po' scura, perfettamente abbinata ai suoi capelli castani scuri e gli occhi dello stesso colore.
«Sì, certo. Vuoi qualcosa da bere?» annuì un paio di volte, spostandosi dalla porta e facendola entrare nell'appartamento. La disposizione delle stanze le era familiare, erano state tante le volte in cui aveva studiato da lui. Nonostante le loro facoltà fossero completamente diverse, si riunivano spesso e, seduti uno di fronte all'altra al tavolo della cucina, passavano ore a leggere, rileggere, sottolineare e ripetere, ma non prima di aver giocato almeno un paio di volte a carte. Marco era il perfetto compagno di studio a cui ripetere perché, non sapendone nulla di neuroni e sinapsi, pretendeva che gli venisse specificato tutto e Alessia era quasi fastidiosa nell'ascoltare l'amico che ripeteva i suoi libroni di diritto perché a volte era fin troppo puntigliosa.
«Mmh, magari qualcosa di caldo» la ragazza si accomodò sul divano, guardandosi in giro. Il cellulare le vibrò nella borsa ma non se ne interessò particolarmente, guardando l'amico che andava in cucina e spostava qualche pentola, recuperando quello che gli serviva per mettere su un the.
«Ti faccio una tisana, quella al finocchio okay?» Alessia annuì a quelle parole senza aggiungere altro. Vide l'amico prendere una tazza, riempirla di acqua e poi metterla nel microonde, lasciandola dentro un minuto per farla scaldare abbastanza e, infine, ci lasciò cadere dentro una bustina di the «Mi stai facendo preoccupare, che succede?» si avvicinò alla ragazza e le porse la tazza, per poi sedersi accanto a lei sul divano. La castana prese la tazza con entrambe le mani, tenendole attaccate alla ceramica per scaldarsele un po' e apprezzando il bruciore che il materiale bollente le provocava sulla pelle. Non aveva mai odiato il freddo, anzi, lo apprezzava. Adorava sentire la pelle incresparsi sotto il venticello fresco e anche la sensazione che le dava avere la punta delle dita gelate, soprattutto quando magari toccava il viso di qualcuno, e non di qualcuno a caso. Tutte le volte che avevano dormito insieme durante quella prima parte dell'inverno, lei si era divertita a guardare la faccia di Federico mentre corrugava le sopracciglia e serrava le labbra quando lei infilava i propri piedi gelati tra le sue gambe oppure le mani, altrettanto fredde, andavano ad accarezzare la sua schiena o il suo addome. Il suo corpo era sempre caldo, bollente, e non le faceva mai notare quanto gli desse fastidio quel contrasto, nonostante sapesse quanto odiasse il freddo.
«Ho litigato con Federico» ammise, la voce tremante mentre quelle immagini le passavano per la testa e le facevano venire la pelle d'oca. Si ricordava perfettamente quella sera in cui lei era stanchissima e lui l'aveva aiutata a svestirsi, per poi darle la sua felpa e stringerla tra le sue braccia macchiate di inchiostro senza dire nulla. Sentiva ancora i suoi baci leggeri sul collo, sulle labbra, tra i capelli. Sapeva scaldarla anche solo con uno sguardo o con una carezza ed era tempo che non sentiva il cuore correre così veloce anche solo al pensiero di qualcuno.
Si era pentita di essere scappata già quando era appena uscita dal cancello della villa sopra la collina. Probabilmente, se fosse tornata indietro, avrebbero messo tutto a posto in breve tempo con il loro solito sesso riparatore, ed era esattamente quello il problema. Tra loro non era mai andata così male perché non avevano mai discusso seriamente di determinate cose e, quando l'avevano fatto, non erano riusciti a tenere le mani a posto. La chimica che li aveva avvicinati all'inizio, in quel momento li stava allontanando perché impediva che si fronteggiassero faccia a faccia. Era già successo, a Trieste, dopo la loro semi-discussione riguardo quelle dannate fotografie, e Alessia sapeva che sarebbe potuto succedere di nuovo. Come lui aveva un ascendente su di lei, la cosa funzionava anche al contrario. Aveva preso tante decisioni che non si sarebbe mai sognato di prendere da quando era con lei, dalle lunghe passeggiate fuori davanti a tutti a quella voglia di correre dappertutto con e per lei.
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complici, federico bernardeschi
Fanfiction"Viviamo, o mia Lesbia, e amiamoci, e le dicerie dei vecchi severi consideriamole tutte di valore pari a un soldo. I soli possono tramontare e risorgere; noi, quando una buona volta finirà questa breve luce, dobbiamo dormire un'unica notte eterna. D...