64. bruciare

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Federico strinse gli occhi, per poi aprire leggermente le labbra e lasciarne uscire un gemito sommesso, abbinato a qualche imprecazione sussurrata. Quanto tempo era che non si lasciava andare così? Fin troppo. Nell'ultimo periodo il sesso si era trasformato soprattutto in qualcosa in funzione di Alessia, come se effettivamente lei fosse l'unica a non avere più occasione di rilassarsi in quel modo, come se, una volta che fosse cominciato il suo turno, lui, nonostante fosse stato a casa da solo e senza di lei, non si sarebbe mai e poi mai sognato di pensare che gli mancava avere le sue mani addosso. Non si era lamentato, chiaramente, perché in fin dei conti il sesso con lei non era mai stato monotono e non aveva mai il tempo di annoiarsi.
Le infilò una mano tra i capelli, procedendo a tentoni per evitare di aprire gli occhi e perdersi quella sensazione di indeterminatezza che amplificava qualsiasi minimo contatto. Se li fece girare intorno al polso, tanto erano lunghi e lui aveva tutto lo spazio di manovra di cui aveva bisogno: era distesa tra le sue gambe, una mano appoggiata sulla sua coscia e l'altra che si aiutava mentre lo faceva entrare e uscire dalla sua bocca.
La spinse di più contro di sé. "Dio mio, grazie" pensò, senza avere la lucidità minima che gli serviva per capire se l'avesse anche detto ad alta voce o meno. Adorava sentire la sua bocca attorno a sé, era una sensazione incredibilmente eccitante, anche perché lui meglio degli altri sapeva come quella bocca fosse capace di essere sagace e pizzicante: saperla così era quasi come ottenere una resa nei suoi confronti, che aveva sempre tanto da dire, ma che in quei momenti taceva solamente per farlo godere. Aprì gli occhi: voleva vederla, voleva incrociare i propri occhi verdi con i suoi e trovare, in quelle iridi chiare, la sua malizia mischiata alla sua incredibile capacità di essere anche bambina a volte, il divertimento che provava nel vederlo così succube sotto di lei, convinto di avere il potere. Il sesso, tra di loro, soprattutto quando era così, rude e veloce, era sempre così, una lotta primitiva a chi prendeva le redini e le teneva per più tempo più che un qualche monotono groviglio che avrebbe potuto sperimentare con chiunque altra.
Abbassò lo sguardo verso di lei, o verso l'ammasso di capelli castani che vedeva muoversi lentamente ma abilmente su di lui. Strinse ulteriormente i suoi capelli, tirandoli per liberarla da quell'intralcio e, finalmente, poterla ammirare nel suo incredibile erotismo. I loro occhi si incrociarono, e lui si accorse che non erano azzurri. Non era lei.

Federico strinse il lenzuolo tra le dita, tirandosi a sedere. Era in un bagno di sudore e aveva il fiatone, come se avesse appena corso per alcune decine di chilometri. Si guardò intorno, cercando un minimo appiglio per rendersi conto di dove fosse e perché avesse appena sognato quello che aveva sognato.
Era solo un sogno, ma il suo cuore correva in maniera incredibile, sembrava potergli esplodere nel petto da un momento all'altro, eppure era la testa quella che gli faceva veramente male, associata alla terribile sensazione di avere lo stomaco serrato. Si lasciò cadere di peso sul cuscino, chiudendo gli occhi e coprendoseli con una mano, anche se tutto intorno a lui era buio e, nel silenzio di quella casa, non c'era nessuno che lo disturbasse.
Senza poter decidere che proprio non voleva, la sua testa ripercorse quella serata: dall'hamburger di Jessica al suo segno zodiacale, fino al momento in cui la baciava. Da lì, tutto diventava immediatamente molto più folto di particolari, come se la sua testa ci tenesse a ricordargli quanto fosse stato un coglione, come se la giusta pena che avrebbe dovuto scontare per aver fatto quel gesto orribile era rivivere di continuo quei pochi attimi. Ricordava perfettamente come aveva appoggiato la mano sul viso della ragazza, come lei si era felicemente lasciata baciare, gli aveva cinto il torso con le braccia e l'aveva trascinato sopra di sé, stringendolo tra le sue gambe. Lui aveva posato la propria mano libera sul suo fianco ma il suo corpo non la riconosceva: per quanto la stesse baciando, per quanto fosse disteso sopra di lei, tra le sue gambe, per quanto sapesse come erano fatte le donne e avesse compiuto il percorso che conduceva al sesso tantissime volte, in quel momento il suo corpo era come se non volesse collaborare e si tirasse indietro. Così, l'aveva fatto.

complici, federico bernardeschiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora