73. pennarelli

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Alessia socchiuse lentamente gli occhi. Sentiva il sole caldo della metà pomeriggio intorpidirla, ma anche delle manine che le stavano toccando il braccio come per svegliarla da quel sonno leggero in cui era crollata nell'ultima manciata di minuti. Riconobbe la pelle scura della nipote di Federico e si sistemò sul suo telo, sedendosi in modo da guardarla in faccia ma cercando allo stesso tempo di non far cadere il braccio che il biondo teneva mollemente sulla sua pancia. Era addormentato anche lui e aveva le labbra leggermente dischiuse, il respiro regolare e leggero e una smorfia confusa sul viso, probabilmente dovuta al fatto che la luce forte lo disturbasse e aveva dimenticato gli occhiali da sole a casa.

«Mami» sussurrò, stropicciandosi gli occhi da sotto gli occhiali mentre le dava la sua totale attenzione, osservandola in maniera poco sveglia mentre anche lei si sedeva sul suo telo. Aveva un carinissimo costume giallo e i capelli stretti in due trecce ordinate che avevano retto anche al bagno che avevano appena finito di fare tutto insieme.

La bambina sembrava assurdamente attratta dall'acqua, ci sarebbe stata per sempre se sua madre non le avesse proposto una fetta di anguria e un panino dopo un'ora che sguazzava nell'acqua limpida come un pesciolino. Gaia le aveva raccontato che era da anni che faceva corsi di nuoto e che nell'ultimo periodo aveva pure vinto qualche gara. Lei, nel frattempo, se la rideva fiera insieme al padre, con un asciugamano rosa addosso e una gigantesca fetta di anguria tra le mani.

«Facciamo un bagno?» le chiese la bambina, una grande aspettativa negli occhi ma anche la quasi totale consapevolezza del fatto che avrebbe ricevuto un "no" come risposta. Ad Alessia piaceva stare in acqua, le piaceva nuotare, ma aveva anche dormito poche ore quella notte e aveva appena finito di mangiare, in più non aveva proprio voglia di allontanarsi dal corpo caldo del biondo che la teneva stretta a sé, con il venticello fresco che solleticava la loro pelle e l'ombra leggera del tendone bianco che era sistemato sopra di loro.
Cercò di pensare a una scusa plausibile per non rifilarle un semplice monosillabo, anche perché sapeva già di non andare a genio a Mami e, soprattutto li, in vacanza, si era ripromessa di sfruttare ogni occasione possibile per farle cambiare idea.
Abbassò lo sguardo per un attimo, osservando poco attentamente il braccio screziato di linee nere del ragazzo che le stava accanto. Ricordava di aver visto Mami colorare dei disegni su un libro apposito prima di pranzo, e le venne un'idea.

«Facciamo uno scherzo allo zio, vai a prendere i pennarelli» le disse allora, abbassando gli occhiali per farle l'occhiolino. Mami ridacchiò e si alzò in fretta, correndo al tavolo da pranzo per recuperare la scatola di pennarelli che era infilata nella borsa da spiaggia della madre e tornando subito da lei. Gabriele e Gaia stavano sonnecchiando all'interno, sfruttando il miracolo dell'aria condizionata per evitare di stare troppo al sole e di soffrire eccessivamente il caldo. La madre di Federico era con loro, si era offera di cercare un posto in cui andare a mangiare per cena e, molto probabilmente, stava sfruttando l'occasione per fare un pisolino pure lei. Il padre, invece, teneva in braccio Olivia a pochi metri da loro, leggendole una storia e sperando che si addormentasse il prima possibile, perché l'iperattività di quella bambina, dopo un po', diventava eccessivamente stancante per tutti.

«Ti va di colorare i tatuaggi?» le indicò le linee nere sulle braccia del biondo e alzò gli occhi giusto in tempo per vedere Mami che annuiva in maniera entusiasta, come se stesse aspettando quel momento da tutta la vita. La bambina aprì attentamente la scatola, sistemandola tra le proprie gambe per fare in modo che stesse in equilibrio, poi prese due pennarelli in mano. Diede quello verde ad Alessia e tenne quello rosso, indicandole con un dito, in silenzio per non svegliare Federico, il punto che voleva che colorasse di verde.

Gli intarsi religiosi che gli decoravano le braccia, quindi, lentamente, si tinsero dei colori che avrebbero avuto se fossero posti sulle vetrate di una chiesa, mentre lui, immobile e ignaro, al massimo sbuffava leggermente quando Alessia o Mami giravano lentamente il suo braccio per colorare ogni spazio vuoto. Quasi dieci minuti dopo, quando il suo avambraccio era quasi completo, Federico schiuse gli occhi lentamente, guardando davanti a sé in maniera confusa per qualche secondo prima di rendersi conto che il braccio gli formicolava troppo per permettergli di ignorare quella sensazione. Girò pigramente la testa verso il basso, sbadigliando discretamente, prima di rendersi conto di quello che stava succedendo e mettersi a sedere, ritirando il braccio dal corpo di Alessia per guardarlo più da vicino.

complici, federico bernardeschiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora