50. mettere il naso

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Alessia fermò la sua corsa su per le scale per socchiudere la porta della camera di Federico, guardandolo mentre stava dormendo. Osservò il suo viso disteso, le sue guance lisce, il naso rivolto verso il soffitto e le labbra carnose socchiuse, lasciando uscire regolari sospiri.
Il respiro di lei, invece, era tutt'altro che regolare. Quella notte non era riuscita a dormire, quindi appena aveva cominciato a sorgere il Sole, aveva preso Wendy e Spike ed era andata a fare una bella corsa, liberandosi dallo stress che le faceva contrarre le spalle e le provocava il mal di testa. Sorrise, scivolando dentro la stanza e correndo ancora qualche metro, gettandosi sul corpo vigoroso del ragazzo.

«Buongiorno biondo!» esclamò, posando le mani ai lati della sua testa e vedendo i suoi occhi verdi che si spalancavano. Si posò una mano sul petto, perché aveva preso un bello spavento, poi sorrise, portando entrambe le sue braccia a cingerle la vita. Risero entrambi, della paura che gli aveva fatto e della tranquillità con cui stavano vivendo quella relazione insieme, finalmente. Se, qualche mese prima, qualcuno avesse detto a uno dei due che si sarebbero trovati a vivere delle scene di quotidianità del genere, non ci avrebbero creduto minimamente. E invece, stava proprio succedendo, contro ogni previsione.

«Cos'è tutto questo entusiasmo?» le domandò, la voce roca e gli occhi ancora semplicemente socchiusi. La luce nella stanza era poca, proveniva tutta dalla porta mezza aperta, ma comunque gli dava abbastanza fastidio da non riuscire a tenere gli occhi completamente aperti. Quel sabato mattina sarebbe stato pigro, se solo lui non avesse dovuto andare ad allenamento un'ora dopo, e per fortuna lei l'aveva svegliato, perché altrimenti sarebbe arrivato tardi, o forse non ci sarebbe proprio andato, e sarebbe stato un bel casino.

«Oggi mi sono svegliata con il piede giusto, non so dirti» replicò la castana, scuotendo la testa e facendo ondeggiare la coda con i suoi capelli lunghissimi- ormai disordinata- vicino al viso del biondo. Lui arricciò il naso, sentendo la propria pelle pizzicare e alzandosi, facendola sistemare a cavalcioni sul proprio bacino. Non gli disse che non si era svegliata perché non aveva dormito, non voleva allarmarlo troppo, e poi alla fine era una cosa da poco: erano molte di più le notti in cui non riusciva a dormire di quelle in cui effettivamente riposava bene, e ancora di più erano le notti in cui il suo sonno era interrotto almeno tre o quattro volte, e i suoi sogni erano sempre fin troppo confusi e inquietanti.

«Sei andata a correre?» le domandò, anche se la risposta era abbastanza chiara. Aveva addosso un paio di pantaloni da yoga, di quelli che le fasciavano perfettamente le gambe e il sedere, lisci al tatto e pieni di colori. Sopra, il suo seno era innaturalmente tenuto in alto da uno dei suoi tanti reggiseni sportivi, ma il suo busto era coperto da una delle felpe gigantesche del ragazzo.

«Sì, con Wendy e Spike visto che stasera tu non ci puoi andare perché giochi, poi mi sono allenata un po', ora vado a farmi una doccia, dopo vado da Jessica» lo informò, puntando gli occhi qualche centimetro sopra la sua testa, guardando qualcosa di indefinito e concentrandosi su ciò che avrebbe dovuto fare durante quella giornata. Non vedeva Jessica da mesi, anche perché l'ultima volta che era andata a Torino era scappata quasi subito, dopo aver litigato con Federico. In quei mesi, però, si erano sentite molto, e Alessia si ritenne fortunata perché era sicura di aver trovato qualcuno come lei: semplice, simpatica ed estroversa, o almeno per la gran parte del tempo.

«Grazie, posso venire con te?» mormorò lui, cercando di avvicinare le proprie labbra alle sue, ma meritandosi solo la vista del viso della ragazza allontanarsi dal proprio. La guardò, perplesso, e lei scese dal suo corpo, per poi saltare sul pavimento e avviarsi verso la porta per uscire dalla camera. Sapeva meglio di lui che, quando si allenava o giocava, era decisamente meglio l'astinenza, e voleva totalmente assecondarlo, anche perché se non l'avesse fatto le cose per lui e tra di loro sarebbero diventate abbastanza dure.

complici, federico bernardeschiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora