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«Non ho voglia Fede» Alessia incrociò le braccia al petto, scuotendo la testa solo debolmente, come se non avesse abbastanza energie per farlo in maniera più convinta. Il biondo sospirò, cercando di non farle pesare la frustrazione che sentiva crescere dentro di sé. La guardò negli occhi, non abbassando lo sguardo nemmeno dopo un po', cercando di convincerla che fosse fondamentale accettare di farlo. Lei, alla fine, voltò il viso da un'altra parte, per evitare di dover continuare a sostenere il suo sguardo.

«Un boccone» disse lui, quasi pregandola di accettare quella semplice proposta. Forse, per lui sembrava semplice, ma per lei non molto. Cercava di mettersi nei suoi panni, quando doveva insistere così, ma era più difficile di quanto pensasse. Voleva aiutarla in qualsiasi modo, ma in quei momenti gli veniva veramente voglia di chiederle una tregua, un momento in cui non si sarebbe dovuto prendere tutta quella responsabilità. Lei spinse un po' in là il piatto verso l'interno del tavolo.

«Non ho fame» affermò perentoriamente, scuotendo di nuovo la testa ed evitando in maniera sicura il suo sguardo. Il biondo sbuffò, appoggiandosi allo schienale della propria sedia e incrociando le braccia al petto, guardandola con gli occhi socchiusi, cercando di captare qualcosa che pensava di star ignorando, ma non riuscendo a capire nulla di nuovo.

«Ci eravamo messi d'accordo su sessanta grammi» le disse poi, assumendo quasi un tono paternalistico mentre pronunciava quelle poche parole. Già sessanta grammi gli sembravano una quantità ridicola anche solo per sopravvivere, se poi lei si rifiutava pure di mangiare quelle poche penne che aveva nel piatto rischiava davvero di stare male per il resto della giornata, e peggiorare a mano a mano che il tempo passava.

«Questi non sono sessanta grammi» Alessia spinse il piatto verso l'interno del tavolo ancora una volta, in maniera più forte perché era più infastidita di prima, e le sembrava di aver a che fare con un dittatore che le impediva di fare quello che voleva fare, ossia non mangiare più. Un omino nella sua testa, relegato in fondo, le diceva che aveva ragione lui, che doveva almeno finire di mangiare quel piatto di pasta, che lo faceva per il suo bene, ma gran parte della sua testa era convinta che lei fosse piena, che avesse già mangiato fin troppo.
Federico si sporse in avanti, appoggiando i gomiti alle ginocchia e le mani penzolanti oltre la fine delle sue cosce. La guardò mentre lei gli scoccava un'occhiata tremenda.

«Vuoi pesarli?» le chiese, cominciando a essere stizzito pure lui da quel comportamento. Era chiaro che lui avesse ragione, e sembrava semplicemente che lei non volesse ammetterlo.

«Sì» replicò lei, alzando leggermente il mento come se fosse sicura di avere ragione e aspettasse solo che lui lo constatasse in maniera oggettiva. Lui si alzò in piedi, prendendo il suo piatto ancora pieno come l'aveva preparato quasi venti minuti prima e si diresse verso il ripiano della cucina dove, accanto al lavandino, c'era una bilancia. La prese e la portò a tavola. Ci posò prima il proprio piatto vuoto, per riuscire a stabilire la tara. Duecento grammi. Poi, ci mise il suo, totalmente intonso. Duecento cinquantotto grammi.

«Quanti sono?» le chiese saccentemente, come se farglielo dire a mi alta voce l'avrebbe aiutata ad accettare il fatto che avesse ragione lui. Alessia sospirò, distogliendo lo sguardo dalla bilancia, cercando di trovare un modo per rigirare velocemente la situazione a proprio favore, senza ammettere di avere torto.

«Cinquantotto» sospirò, scuotendo leggermente la testa. Il fatto che fossero meno di sessanta grammi non le faceva per nulla venire voglia di mangiare quella pasta. Si leccò le labbra lentamente, cercando di concentrarsi abbastanza perché non tremassero in maniera troppo evidente mentre si sforzava al massimo per evitare di piangere.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Jan 25, 2023 ⏰

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complici, federico bernardeschiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora