14. so cuocere una salsiccia!

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Guardai ancora una volta il cielo attraverso gli occhiali da sole. Nonostante le lenti fossero rosse e quindi io non potessi categorizzare bene i colori, avrei tranquillamente potuto dire che quel giorno il cielo era azzurrissimo. Ed era così. Nemmeno una nuvola in cielo, il Sole splendeva come non mai e il mio umore era al massimo.

Ferragosto era senza dubbio la mia giornata preferita dell'anno, e se la passavo a casa di Francesca, con una birra ghiacciata in mano mentre prendevo il sole su una sdraio vicino alla piscina e sentivo l'odore della carne che si cuoceva alla griglia, era ancora meglio. Apprezzai per un attimo quei momenti di tranquillità e soprattutto di sobrietà. Non mi ricordavo come era andata a finire negli anni precedenti, e quello era un chiaro campanello di allarme del fatto che dopo pranzo, nonostante avessimo tutti lo stomaco pieno, come era tradizione, avremmo bevuto come spugne.

«Alessia! Avevamo detto che saremmo usciti a prendere un caffè prima di Ferragosto e invece eccoci qui. Che mi racconti?» piegai le gambe e le abbracciai con le braccia, sedendomi sulla sdraio per lasciare un po' di spazio a Marco che si sedette accanto a me. Ci scambiammo i soliti due baci sulle guance e poi io gli risposi.

«Scusa, lo sai che mi perdo a volte. Nulla di particolare, la solita routine. Tu piuttosto! Com'è andata a Marbella?» abbassai gli occhiali sul naso il giusto per fargli l'occhiolino e farlo sciogliere subito.

Io e Marco ci eravamo conosciuti all'università. Lui studiava Giurisprudenza e chiaramente non avevamo nessun esame in comune, ma essendo amico di Anna era stato molto facile conoscerlo. Io e lui ci prendevamo spesso in giro ed era per quel motivo che adoravo passare il tempo con lui. Io lo provocavo per la sua altezza -visto che era alto poco più di un metro e settanta- e per lui ero la ragazza prodigio, quindi ogni minima sbandata era l'evento dell'anno e andava tirata avanti per mesi.
Aveva ragione lui, negli ultimi tempi non ci eravamo sentiti perché lui era andato in Erasmus e io ero troppo occupata con la tesi per parlare con qualcuno che non fosse il mio professore di riferimento.

«Ah, un giorno ti ci porto, mi sono divertito un sacco. Poi quello è l'ambiente giusto per te, tanti spogliarellisti e nessuno innamorato...» mi diede un pizzicotto sul braccio e io gli feci la linguaccia. Tutti sapevano della mia situazione sentimentale, e sembrava che a tutti facessi pena. Tutti mi ripetevano che a ventiquattro anni era il caso di cominciare a pensare a quando, come e con chi mettere su famiglia, ma nessuno sembrava capire che io stavo benissimo da sola, senza relazioni troppo serie e con la libertà di poter fare qualsiasi cosa volessi.

«E dai Marco, sei tu che sei scappato da Madrid per seguire quella Aida, non siamo mica tutti come te» lo ripresi io scherzosamente. Non mi aveva ancora raccontato quella storia ma entrambi sapevamo che ci sarebbe stato sicuramente tempo. Una mattina invernale Anna si era precipitata all'esterno dell'aula dove avevo appena finito di fare lezione e mi aveva tirato per un braccio, trascinandomi fino al primo posto appartato per poi raccontarmi che il nostro amico aveva preso il primo treno per Barcellona per seguire quello che a detta sua era l'"amore della sua vita".
Ci erano voluti almeno venti minuti di trattazioni e il mio tono fermo e diplomatico per convincerlo che quella che stava facendo era una stupidaggine e che doveva tornare immediatamente nella capitale per fare gli esami che si era prefissato di fare.

«Era proprio bella però» sospirò lui. Si alzò dalla mia sdraio e si sedette in quella accanto, lasciandomi stendere e facendo la stessa cosa.
Marco era una delle poche persone che conoscevo a cui bastava veramente un raggio di sole per diventare super abbronzato, e un po' lo invidiavo per questo, ma nonostante ciò sembrava una lucertola, sempre pronto ad appostarsi in un posto al Sole per godersi il suo tepore.

«Tu non mi racconti mai niente, fatta qualche conquista?» io mi misi gli occhiali da Sole sulla testa e chiusi gli occhi, cercando di evitare delle linee strane per quanto riguardava l'abbronzatura sulla mia faccia. Scossi la testa.

complici, federico bernardeschiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora