72. domani

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Alessia sospirò, selezionando la notifica di Anna che le era apparsa nella parte più alta dello schermo per leggere il messaggio che le aveva appena mandato: Thomas ultimamente stava spesso poco bene e le chiedeva sempre consiglio, come se lei fosse specializzata in pediatria o si fosse minimamente mai interessata di bambini. A riguardo, lei sapeva che quando gli si misurava la febbre bisognava considerare 0,5° in meno e poi subito portarli dal pediatra. La aiutava volentieri, perché era sua amica, ma, con il fatto di dover essere da sola a fare il genitore per due, spesso si appoggiava in maniera quasi esagerata su di lei, facendole pesare, a volte, il fatto di essere da sola. Con Nicola non ci aveva ancora parlato dopo che avevano litigato, e di lui sapeva solo quello che lui stesso voleva mostrare sui social, principalmente con le sue storie instagram. A dire il vero, non si era nemmeno molto interessata, dopo che avevano litigato aveva forzatamente cercato di ignorarlo, e ormai era quasi diventata un'abitudine. Si aspettava delle scuse, era lui che aveva sbagliato, esagerato, e non poteva pretendere che lei facesse il primo passo solo in nome del rapporto profondo che avevano avuto dall'infanzia fino a quel momento. Anche se non voleva ammetterlo, le mancava parlare con lui ogni giorno, o anche sporadicamente, dire qualcosa e sapere di non dovergli spiegare cosa intendesse, consapevole che lui l'avesse capita senza bisogno di alcuna interpretazione. Nicola era lo specchio che lei aveva sempre avuto, quello che prima che lei facesse un commento già sapeva cosa avrebbe detto,che rideva delle sue battute e le rivolveva un'occhiataccia quando diventava troppo sarcastica. Appoggiò il telefono sul letto, con lo schermo verso il basso, senza nemmeno leggere il messaggio di Anna, per poi chiudere gli occhi e allungare le braccia sopra la testa, cercando di stiracchiarsi. Si era appena fatta la doccia, levandosi di dosso tutta la sabbia che si era incastrata nel costume durante il giorno e, purtroppo, anche l'odore di sale che in realtà adorava, e le era venuta una sonnolenza tale che si sarebbe potuta addormentare in quell'esatto istante, nonostante fossero solo le otto di sera. Non aveva nemmeno avuto voglia di vestirsi, e dopo essersi infilata controvoglia l'intimo si era semplicemente buttata a letto, mentre la sua voglia di dormire era alimentata dal sentire lo scorrimento dell'acqua lungo la parete che il bagno condivideva con la camera mentre Federico faceva la doccia.
I loro piani per la serata erano semplici, perché non ne avevano alcuno. Lei il giorno dopo, nel primo pomeriggio, avrebbe preso un aereo e sarebbe tornata a casa, a Carrara, mentre la sera i genitori e la sorella di Federico l'avrebbero raggiunto lì, in Sardegna. Le sembrava incredibile che il loro tempo lì fosse già finito, perché era come se fossero arrivati solo una o due ore prima. Il tempo, quando erano insieme, passava in maniera spaventosamente veloce, come se non gli importasse veramente quanto ci tenessero a rimanere lì un minuto in più, come se si prendesse gioco di loro in maniera bambinesca e ingenua.
Chiuse gli occhi per un attimo quando le arrivò un altro messaggio di Anna, perché a questo punto avrebbe decisamente dovuto chiamarla visto quanto sembrava preoccupata, e visto anche quanto immaginava si sentisse sola a prendersi cura di Thomas. Proprio mentre si metteva dritta sul letto, Federico uscì dal bagno, con un asciugamano intorno ai fianchi e uno tra le mani, che stava usando per strofinarsi i capelli, tanto, visto quanto erano corti, sicuramente sarebbe bastato per asciugarli. Lei aveva il cellulare nella mano destra, le gambe incrociate sul letto e l'intimo bianco che faceva risultare la sua abbronzatura più scura di quanto non fosse in realtà. I costumi le avevano lasciato dei segni leggeri sui fianchi e sulla schiena, ma nulla di così evidente. Lo guardava con gli occhi leggermente più schiusi del solito, quasi come se fosse stupita di vederlo lì o come se l'avesse disturbata immensamente solo presentandosi davanti ai suoi occhi azzurrissimi. Le sorrise, per poi infilare il braccio sinistro nella porta ancora leggermente schiusa del bagno e gettare l'asciugamano che stava adoperando per asciugarsi i capelli sul bordo della vasca. Poi, si appoggiò allo stipite della porta e incrociò le braccia al petto, lasciando che fosse lei la prima a parlare, anche perché ci aveva messo una buona manciata di minuti a smaltire la botta del suo rifiuto alla richiesta di fare la doccia insieme. Gli aveva detto che era stanca, e che avrebbe preferito che semplicemente stessero abbracciati a letto, l'uno contro l'altro, senza nulla di sessuale in mezzo, cosa praticamente inevitabile se si fossero chiusi in una doccia insieme. Lui, invece, non le avrebbe mai tolto le mani di dosso. Sapeva che il loro tempo insieme stava finendo, di nuovo, fin troppo presto, e sentiva seriamente il bisogno di tenerla con sé nella maniera più fisica possibile, consapevole della lontananza che si sarebbe velocemente insinuata tra di loro.

complici, federico bernardeschiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora