71. fortunato

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Alessia spostò il proprio sguardo dal libro che aveva tra le mani. Federico la stava osservando, con gli occhi appena socchiusi e un'espressione decisamente addormentata in viso, cosa non molto tipica, soprattutto alle undici di mattina, quando si erano svegliati da almeno un'ora.
Il biondo sorrise leggermente, fin troppo intorpidito dal tepore che sentiva sulla pelle per riuscire a reagire in maniera svelta, e d'altro canto, con la terribile nottata che aveva passato, era anche abbastanza normale che non riuscisse a essere particolarmente reattivo. Che la castana scalciasse ancora mentre dormiva se lo ricordava, ma che si girasse e si rigirasse nervosamente di continuo non era mai successo, perché con lei aveva sempre dormito tranquillamente e nel modo più beato possibile, come un bambino, mentre quella notte era stata un dormiveglia travagliato, in cui non aveva mai smesso di aprire gli occhi e sospirare mentre lei si arrotolava e si srotolava nelle coperte, svegliandolo di continuo. Decisamente c'era qualcosa che non andava, che non la faceva dormire tranquillamente ma solo in maniera agitata, ma non sapeva come entrare nell'argomento senza farla arrabbiare, e così, quando lei aveva tirato definitivamente il lenzuolo via dal suo corpo, circa un'ora prima del loro risveglio ufficiale, aveva sbuffato silenziosamente, per poi accettare il fatto che non sarebbe più riuscito a riaddormentarsi o a dormire bene per quella giornata, così aveva preso in mano il telefono ed, essendosi perso su instagram, si era reso conto che aveva una grande voglia di andare con lei a cena fuori, visto che le sue abilità da cuoco non volevano veramente essere messe alla prova da Alessia, che già sapeva quanto fosse incapace ai fornelli, e che lei difficilmente aveva voglia di mettersi a cucinare, di solito.
L'aveva sentita stiracchiarsi pigramente ed emettere un lamento leggero, per poi girarsi completamente verso di lui, sistemandosi su un fianco, con una gamba sul suo bacino e un braccio sul suo petto, mentre l'altro con le dita infilate tra i suoi capelli corti, accarezzandoli lentamente. E così lei si era svegliata: attorcigliata al suo corpo solido, con un sorriso sincero e innocente sulle labbra, chiaramente inconsapevole di che notte gli avesse fatto passare.

Con quella smorfia da bimba e il broncio da viziata, sapeva di aver pensato che non c'era nulla che gli ricordasse anche solo lontanamente la Alessia con cui aveva parlato la sera prima, dopo averle proposto un piatto di pasta scotta e un petto di pollo troppo poco cotto. Avevano parlato come se non avessero mai smesso, come se tra di loro non ci fosse mai stato nulla di brutto, ridendo e bevendo e guardandosi negli occhi come se non ci fosse stato nulla di più importante, e poi si erano baciati fino a stufarsi e accarezzati fino allo svenimento, o meglio finché lui non si era stufato di vedere i piatti sporchi nel lavandino e non c'era stato più nulla da fare, così si era messo a lavarli, e lei, talmente stanca da rischiare di addormentarsi in piedi, si era infilata a letto senza nemmeno aspettarlo, per poi accoccolarsi sul suo petto inconsciamente, nel sonno, quando lui l'aveva raggiunta.
La castana aveva schiuso gli occhi, lentamente, posandoli sul suo viso con lentezza, senza sapere veramente dove fermarsi, se sulla sua barba corta, che arricchiva il numero di sfumature che aveva sulla pelle, le sue guance abbronzate, i suoi zigomi definiti, le sue labbra schiuse mentre guardava in maniera concentrata lo schermo del suo telefono. Poi, dopo essersi fatta corrompere da qualche bacio, si era fatta lasciare da sola a letto mentre lui preparava il caffè e poi glielo portava a letto, morendo dal ridere quando l'aveva vista con giusto la parte superiore della testa fuori dalle lenzuola leggere, i capelli arruffati e gli occhi furbi da bambina che lo guardavano da lontano, aspettandolo.
Aveva una grande voglia di baciarla di nuovo, e così l'aveva fatto, e alla fine il caffè si era raffreddato perché la voglia di mischiarsi di nuovo era troppo forte e l'avevano lasciata prevalere.

In piscina ci erano finiti una mezz'oretta dopo, perché ormai era troppo tardi per andare in spiaggia e magari ci sarebbero andati il pomeriggio, se non avessero trovato qualcosa di meglio da fare, e così lei si era stesa su una sdraio a caso, con un buon libro tra le mani, e lui in quella vicino alla sua, con poca voglia si fare qualsiasi cosa e solo una gran voglia di dormire.
Così, dopo aver sonnecchiato una manciata di minuti, si era perso a osservarla. Con il suo costume rosso, minimo nella fantasia e, abbastanza, anche nelle misure di pelle coperta, sembrava una dea distesa così, con entrambe le gambe leggermente piegate e i capelli legati in una coda alta per evitare che le cadessero sul viso. La sua pelle, bianchissima, sembrava brillare sotto la luce calda del sole, e il fatto che la crema solare non fosse ancora stata totalmente assorbita, rendendo la sua pelle lucente, migliorava di molto la situazione.
Si chiese, per un attimo, cosa ci facesse lì con lui, perché avesse deciso di perdonarlo, perché avesse deciso di andare in vacanza proprio con lui, da soli, come se le cose tra di loro fossero tornate a come erano prima di Jessica. Ricordare quel nome gli fece venire un brivido. Non riusciva ancora a capire come avesse fatto a farsi convincere da quella che era a tutti gli effetti una ragazzina ad ascoltarla, a trovare cose in comune con lei, ad allontanarsi sempre di più da Alessia, che era ciò di più bello gli fosse mai capitato. Le posò una mano sul braccio, accarezzandola leggermente, testando se fosse veramente lì o se si stesse immaginando tutto. La sua pelle liscia scorreva sotto i suoi polpastrelli, senza che lei decidesse di opporre alcuna resistenza.
Chiuse gli occhi, beandosi del fatto di poterla toccare ancora, nonostante tutto, di poter ancora trovare il proprio spazio accanto a lei in un letto troppo grande per dormirci da solo, di poter essere quello che la prendeva in giro perché scalciava nel sonno, di essere quello che ogni mattina la svegliava con un bacio e un sorriso sincero.

complici, federico bernardeschiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora