28. quel pazzo sabato sera

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Finita la partita, Federico sbuffò, alzandosi dalla panchina e guardando alle proprie spalle, trovando lo sguardo di Alessia già fisso sulle sue spalle. Il viso dai tratti delicati della ragazza si distese in un sorriso che lo rincuorò un po'. Non aveva segnato come l'ultima volta che lei aveva assistito a una sua partita, eppure sembrava contenta comunque.
"Aspettami fuori" mimò lui con le labbra, per poi distogliere velocemente lo sguardo. Aveva paura che la trovassero nonostante fosse in mezzo a tutta quella gente. Era impossibile pensare che, nonostante tutta la sua sicurezza, potesse stare tranquilla con tutta quell'attenzione addosso, eppure stava lì con la schiena dritta, lo sguardo arrogante di chi ha il mondo in mano.
La verità era che lei stessa pensava che fosse un miracolo il fatto che non li avessero ancora beccati. Era chiaro che allo stadio fosse quasi impossibile localizzare qualcuno solo seguendo lo sguardo di un calciatore, eppure non sarebbe per nulla stato difficile vederli in centro a Firenze, o beccarli mentre lui sgattaiolava da Coverciano per parlarle.

Alessia si sistemò al suo posto, lasciando passare chiunque volesse passare ma aspettando che la folla si estinguesse per evitare la caciara. Prese in mano il telefono e controllò un paio di notifiche, tra le quali ne spiccava una in particolare, di instagram. Una fanpage di Federico. Pensò che fosse perché magari l'avevano trovata tra i seguiti di lui e quindi, magari, per default aveva chiesto di seguirla per tirare fuori più informazioni possibili sul loro idolo.

Marco:
Ti diverti a Torino? Non ringraziarmi troppo😘

You:
Ti racconto lunedì appena torno☺️

***

«Ti lascio mettere la tua musica solo perché hai il morale a terra» gli disse lei, mentre Federico guidava la macchina fuori dal parcheggio, verso il traffico post partita. Lui si appoggiò allo schienale, tentando di rilassarsi un minimo ma fallendo miseramente. La guardò per un attimo. Aveva addosso un semplice maglione nero a collo alto, dei pantaloni di pelle e il cappotto nero. Quei pantaloni lo attiravano come una calamita perché erano riempiti perfettamente da quelle gambe muscolose e snelle allo stesso tempo. Il maglione cadeva morbido sul suo torso e sul suo seno, ma il fatto che fosse a collo alto e di un colore così scuro evidenziava ancora di più la chiarezza della sua pelle bianca e, quindi, anche il rosa sulle sue guance causato dal freddo.

«È la mia macchina, la musica la decido io» replicò il ragazzo, distogliendo lo sguardo da lei per concentrarsi sulla strada «Che cazzo hanno adesso» mormorò frustrato, appoggiando il gomito sinistro alla portiera e strofinandosi con le dita della mano gli occhi. Era così stanco di quella situazione, essere costantemente messo da parte e usato solo marginalmente. Eppure lui aveva provato a mostrare di che pasta era fatto e per un periodo ci era anche riuscito, ma poi era caduto di nuovo, senza più tante presenze e con infinite ore di allenamento volte a praticamente nulla se non a mostrare i propri muscoli su instagram e guadagnandosi fin troppi giudizi negativi.
Insomma, le prime ore subito dopo le partite con il club non erano proprio le ideali per fare battutine o scherzare con lui, e Alessia lo imparò solo vivendolo. Rimase zitta dopo quella frase dura che lui aveva pronunciato in risposta alla sua osservazione, si sistemò meglio sul sedile della macchina e guardò fuori l'infinità marea di macchine che si stava- per fortuna- diluendo.

La strada verso la collina e la casa di Federico fu silenziosa, solo la musica del primo riempiva l'abitacolo oltre ai pensieri di entrambi che correvano veloci. Quelli di lui, arrabbiati e tristi, e quelli di lei, quantomeno confusi e anche un po' intimiditi da quella reazione così forte. La ragazza si mordicchiava il labbro inferiore, pensando a cosa fare mentre lui parcheggiava nel garage.

«Vado a sgranchirmi un po' le gambe, ti dispiace?» le disse il biondino, togliendo le chiavi dal quadro. Ricevette in risposta un "no" giusto mormorato e le porse le chiavi di casa prima di scendere dalla macchina e dirigersi verso il cancello. Alessia sospirò nel vedere che si stava allontanando e allo stesso tempo pensò che non avrebbe potuto fare niente, perché se avesse voluto restare da solo sarebbe restato da solo e lei non sarebbe sicuramente andata a cercarlo in mezzo agli alberi o qualcosa del genere per fargli capire che non avrebbe dovuto arrabbiarsi così tanto per quello che a lei sembrava così poco.

complici, federico bernardeschiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora